Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Comunicare la giustizia amministrativa per costruire fiducia, non per cercare consenso

Vittorio Scialoja negli anni sessanta scriveva che “un’idea non può essere giusta se non quando sia chiara, perché il diritto è arte di tracciare i limiti; ed un limite non esiste se non quando sia chiaro”. Comunicare la giustizia non significa ricercare consenso, ma costruire fiducia. Fiducia che i cittadini devono riporre nell’azione giudiziaria. E il primo strumento per costruire fiducia è la trasparenza. Bisogna veicolare informazioni corrette, evitando le manipolazioni. E questo comporta usare sempre parole precise ed appropriate. Chiare.
Un uso largo del linguaggio, che sappia semplificare senza banalizzare; che sappia dare un senso pieno “alle costruzioni giuridiche” senza privarle del loro necessario tecnicismo. Ho trattato questo tema nel corso del I° Congresso della Giustizia Amministrativa che ha dedicato la seconda giornata “all’immagine del giudice amministrativo”, tenendo una relazione sugli strumenti per comunicare la giustizia. In questo momento, in cui è quanto mai importante rafforzare la percezione di autonomia ed indipendenza della magistratura, saper comunicare la giustizia diventa la sfida più attuale.
Un tempo si diceva che il giudice è “la bocca della legge” e che deve parlare solo attraverso i propri atti: sentenze, ordinanze, pareri. Un dogma difficilmente scardinabile perché connesso alla natura stessa dell’essere giudice e alla sua posizione costituzionale.  Ma è indubbio che la giustizia oggi viene intesa come un servizio pubblico reso nei confronti dei cittadini, che lo misurano secondo i parametri dell’efficienza, dell’efficacia e della trasparenza. Ovvero della risposta di giustizia percepita.
In quest’ottica è davvero importante che sentenze, ordinanze e pareri siano sempre scritti con parole chiare e precise perché questa è la prima forma di comunicazione della Magistratura.
Le sentenze del Consiglio di Stato e dei TAR sono tutte online e facilmente ricercabili, con parole chiave. E non è una banalità, perché poter dire al giornalista “ti stiamo mandando il comunicato e contestualmente troverai la sentenza online sul sito”, è una garanzia di trasparenza; significa avere rispetto per l’autonomia e l’indipendenza del giornalista, che potrà decidere quale taglio dare alla notizia.
È da qui che parte l’attività dell’Ufficio Stampa: note, abstract e comunicati che raggiungeranno una più vasta platea rispetto a quella degli addetti ai lavori, si basano sulla selezione della “materia prima”, che deve essere “notiziabile”. Una corretta comunicazione istituzionale, non può prescindere dall’atto, deve partire dal suo contenuto; non lo può manipolare o alterare, lo deve rendere fruibile e accessibile a tutti con un’opera chirurgica di semplificazione.
L’atto giudiziario si trasforma così in “atto comunicativo”, veicolabile attraverso i media. “Le parole, infatti, come spiega Gianrico Carofoglio nel suo libro “la Manomissione delle parole”, sono anche atti, dei quali è necessario fronteggiare le conseguenze. Sembrano non avere peso e consistenza, sembrano entità volatili, ma sono in realtà meccanismi complessi e potenti, il cui uso genera effetti e implica (dovrebbe implicare) responsabilità”.
In sintesi, come suggerisce il linguista John L. Austin, citato da Carofiglio nel suo libro, “le parole fanno le cose”. E allora, se è vero che le parole fanno le cose, ogni singola parola va scelta con cura, perché fa la differenza. Scegliere con cura le parole significa esprimersi con un linguaggio che non discrimina l’interlocutore, ma che lo include. Perché comunicare la giustizia significa svolgere un servizio a favore dei cittadini.
×

Iscriviti alla newsletter