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Conte ha imposto un bagno di realismo. Ora tocca a Salvini e Di Maio

Forse abbiamo perso un professore prestato alla politica e abbiamo trovato uno statista. Non c’è dubbio, infatti, che la conferenza stampa del presidente del consiglio Giuseppe Conte sia stata un “colpo da maestro”, che lo accredita come vero uomo di Stato. Non voglio certo dire che Conte abbia agito disinteressatamente: nell’agone pubblico nessuno lo fa. Ma ci sono dei momenti in cui il vero interesse personale, o di parte, coincide con quello pubblico, anche se chi ha momentaneamente il potere non è sempre in grado di coglierlo visto che deve agire per sottrazione.

Conte ha saputo ascendere a questo livello, e, piuttosto che giocate al ribasso e continuare a barcamenarsi fra i due irriducibili e ingombranti viceministri, ha preferito mettere sul tavolo le sue dimissioni. Qualora continui l’andazzo delle ultime settimane. Certo, il lento logoramento della sua esperienza governativa gli avrebbe forse permesso di conservare comunque un piccolo posticino al sole, ma chi pensa in grande non si accontenta di questo. Di fatto, la scelta di Conte è la più utile non solo per lui ma anche per il Paese, che ha bisogno di stabilità e democrazia (elemento quest’ultimo che un governo tecnico non potrebbe garantire).

L’Italia si trova di fronte a un bivio: a questo governo non ci sono, realisticamente, alternative, ma senza unità di azione non si va da nessuna parte. L’elemento che fa poi piacere osservare è che, in tutto questo, Conte non si è “venduto al nemico”, ma anzi, proprio per favorire il “cambiamento” e portare al termine la missione “contrattuale”, ha imposto a tutti un bagno di realismo. Anche nei rapporti con l’Unione Europea. È chiaro che l’Italia deve pretendere che essa cambi completamente direzione di marcia, ma fino a quanto essa esiste e può far danno è velleitario e stupido battere i pugni sul tavolo. Il tempo andrebbe impiegato più proficuamente per cambiare certi rapporti di forza e contribuire a creare nuove condizioni e nuove alleanze. Non sappiamo come risponderanno i due viceministri all’ultimatum del presidente del Consiglio, ma da oggi sappiamo che il cerino è passato nelle loro mani e anche tutta intera la responsabilità di una crisi al buio.

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