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Investimenti, export e caccia del futuro. L’aerospazio italiano secondo Crosetto

Le visite del premier Giuseppe Conte e del ministro Elisabetta Trenta al salone di Le Bourget, in corso a Parigi, hanno lasciato messaggi positivi per il settore dell’aerospazio. L’attenzione c’è; ora serve procedere sull’aggiornamento del g2g, sul sostegno bancario e su una strategia di lungo-periodo per l’intero comparto. Parola di Guido Crosetto, presidente dell’Aiad, la Federazione delle aziende italiane dell’aerospazio, difesa e sicurezza. Formiche.net lo ha intervistato a margine della seconda giornata dell’airshow parigino, una tra le più importanti manifestazioni al mondo per il settore. Per l’Italia, la rassegna si è aperta con la prima volta in assoluto del presidente del Consiglio a un salone dedicato all’aerospazio e difesa. A livello internazionale, è stata invece contraddistinta dalle novità sul caccia del futuro, con i nuovi passi in avanti di Francia e Germania, l’adesione formale della Spagna e l’aggiornamento della tabella di marcia da parte della francese Dassault e del colosso Airbus. Della scelta italiana e di molto altro abbiamo parlato con Crosetto.

Presidente, che segnale è stato la visita del premier Conte nella giornata di apertura del salone di Le Bourget?

Si è trattato di un qualcosa di molto importante. Un segnale storico, visto che mai prima d’ora un presidente del Consiglio italiano era stato in visita a un salone della difesa e dell’aerospazio. Un segnale rilevante per il comparto anche perché nessun altro Paese ha avuto questo onore. Tra l’altro, il presidente ha voluto visitare gli stand di tutte le aziende, non solo i grandi player come Leonardo, Elettronica e MBDA, ma anche i distretti presenti, passando impresa per impresa.

Di cosa avete parlato con il premier e il ministro Trenta?

Come Aiad, abbiamo parlato con entrambi di alcuni temi prioritari per il settore. Prima di tutto, abbiamo trattato la necessità di aggiornare la normativa relativa al g2g (gli accordi governo-governo per facilitare le vendite all’estero, ndr). Poi, abbiamo parlato di programmazione a medio-lungo termine, fondamentale per avere una strategia in questo settore industriale.

Dal ministro della Difesa è stato ricordato anche lo sblocco dei fondi del Mise per i programmi militari.

È anch’esso un segnale molto positivo. È importante sbloccare i fondi e far andare avanti le cose. Lo è ancora di più iniziare a pensare al futuro, all’elicottero di nuova generazione, al velivolo di sesta generazione e ai prossimi carri armati e mezzi terrestri. Gli altri Paesi lo stanno già facendo e dobbiamo partire anche noi. Mi è sembrato che questa cosa sia chiara tanto al presidente Conte quanto al ministro Trenta.

Ha fatto riferimento al caccia di sesta generazione.

Sì. Si tratta di percorsi che il Paese non può compiere da solo. La scelta politica riguarda il partner con cui affrontarli. Sbagliare tale decisione significa rischiare il fallimento delle iniziative intraprese.

Si riferisce al progetto franco-tedesco? Sono un rischio le mosse di Parigi e Berlino?

Il progetto franco-tedesco è nato tenendoci pregiudizialmente fuori, mentre noi auspicavamo che l’aereo di sesta generazione europeo nascesse in continuità con l’esperienza Eurofighter. I francesi però hanno cercato di spezzare questa cosa. Ora occorre vedere se il percorso si può aprire o se, al contrario, è definitivamente chiuso. In tal senso, diventa logico guardare verso il Tempest britannico. Si tratta tuttavia di valutazioni politiche e strategiche, che vanno oltre quelle puramente industriali.

Che salone è per l’Italia rispetto alle passate edizioni? È soddisfatto dell’organizzazione della partecipazione nazionale?

Il salone di Le Bourget è tradizionalmente difficile da organizzare. Gli spazi si tramandano in un certo senso di padre in figlio ed è sempre difficile averne a disposizione quanti se ne vorrebbero. Per questo, abbiamo un po’ di dispersione con alcuni distretti, come Campania e Umbria, al di fuori dell’area italiana. È difficile, ma in futuro bisognerà cercare di tenerci tutti insieme per rafforzare la sinergia. Mi sembra comunque che le aziende si stiano organizzando sempre meglio. Poco alla volta, il sistema prende forma.

L’ambizione di “fare-sistema” è tra le più ricorrenti per il settore. Può aiutare una cabina di regia insediata a palazzo Chigi che rafforzi il supporto istituzionale?

Una cabina di regia per l’export c’è già. Avere la regia del Paese è fondamentale per le esportazioni nel campo della difesa. Servono poi degli idonei strumenti legislativi, come il g2g. Serve la soluzione al problema del sostegno bancario, con la questione delle banche etiche che crea enormi problemi. Infine, servono una politica e una strategica definita sui settori nei quali il Paese vuole a mantenere capacità produttiva nei prossimi venti/trent’anni. È una scelta strategica. Vanno individuati i settori su cui puntare per mantenere il nostro livello tecnologico e farlo crescere.

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