Costi in discesa ripida per i caccia di quinta generazione realizzati da Lockheed Martin, che incassano pure la conferma di Varsavia per aderire al programma. L’accordo di massima raggiunto dall’azienda con il Pentagono per i prossimi lotti produttivi vale ben 34 miliardi di dollari (per 478 velivoli), ed è tra i più grandi mai conclusi dalla Difesa Usa. Da segnalare c’è però soprattutto l’abbattimento del prezzo per singolo velivolo, ormai più basso di quello per un caccia di quarta generazione.
L’ACCORDO
Le indiscrezioni di Reuters sul “handshake agreement” sono state confermate nel giro di poche ore dal comunicato ufficiale rilasciato dal dipartimento della Difesa, guidato dal segretario pro tempore Patrick Shanahan. Tra le novità dell’accordo – a cui seguirà poi la formalizzazione effettiva per ognuno dei lotti 12, 13 e 14 di cui tratta – c’è anche l’opzione per i clienti di aumentare la richiesta di velivoli nei prossimi cinque anni. Un’ipotesi introdotta probabilmente viste le notizie che da tutto il mondo arrivano sul programma internazionale, con Belgio, Giappone e Singapore che negli ultimi mesi hanno palesato l’intenzione di acquistare (o aumentare, nel caso di Tokyo) il Joint Strike Fighter. Notizie che riducono il timore, ormai più che concreto, per un estromissione della Turchia dal programma, con distanza che sembrano incolmabili tra Washington e Ankara sul sistema russo S-400 voluto dai turchi.
I PIANI POLACCHI
Tra l’altro, a fine maggio, si è aggiunta alla lista dei Paesi interessati anche la Polonia, con la richiesta formale di quotazione per 32 velivoli annunciata dal ministro della Difesa Mariusz Blaszczak. Una richiesta confermata oggi dallo stesso Blaszczak durante la visita a Washington, con cui ha accompagnato il premier Andrzej Duda. Varsavia, ha detto il ministro, vuole entrare “nel gruppo elitario dei Paesi che hanno l’F-35”, con l’ambizione (e questa è la novità) di aumentare in futuro il numero di 32 velivoli. Una scelta strategica per i polacchi, desiderosi di rafforzare ulteriormente la già solida e tradizionale alleanza con Washington e di inviare, contestualmente, un deciso messaggio a Mosca, prima preoccupazione della difesa di Varsavia.
LA DISCESA DEI COSTI
Nel frattempo, l’accordo tra Lockheed Martin e il Pentagono sui nuovi lotti rappresenta “una storica pietra miliare”, ha commentato Ellen Lord, sottosegretario Usa per le acquisizioni militari. Nel suo complesso, il dodicesimo lotto prevede un risparmio di costi dell’8,8% rispetto a quello precedente. Non ci sono ancora conferme sul costo per singolo velivolo, ma secondo Defense News, un F-35 A (versione a decollo e atterraggio convenzionali) arriverebbe già nel lotto 12 a 81 milioni di dollari, ben inferiore rispetto agli 89,2 del lotto 12, a loro volta in discesa del 5,4% rispetto al precedente. Continuando così, nel 2020, quando sarà finalizzato il tredicesimo lotto, un F-35A arriverà a costare meno del target fissato da tempo di 80 milioni di dollari. “Questo accordo – ha dunque detto la Lord – simboleggia il mio impegno a ridurre aggressivamente i costi per velivolo, incentivando l’industria a rispettare le performance richieste e a consegnare le più grandi capacità ai nostri militari al miglior valore per i nostri contribuenti”.
IL PUNTO DI LOCKHEED MARTIN
La discesa dei costi, ha notato il capo del programma per Lockheed Martin Greg Ulmer, riguarderà anche le versioni B e C, rispettivamente a decollo corto e atterraggio verticale e per il lancio da portaerei. “Con strategie di smart acquistition, il programma F-35 ha ridotto con successo i costi di fornitura del velivolo di quinta generazione, uguale o meno a quelli di quarta”. Così, ha aggiunto, “l’accordo, una volta finalizzato, rappresenterà il più grande contratto di produzione per gli F-35 al minor prezzo nella storia del programma”. I numeri sui costi sono tra l’altro accompagnati da quelli operativi. Pochi giorni fa, la flotta globale di Joint Strike Fighter ha superato le 200mila ore di volo. Entro il 2023, ci saranno più di mille F-35 in volo da oltre 40 basi e unità navali in tutto il mondo. Oggi, sono dieci i Paesi ad operare tali assetti, con sette Forze armate che ne hanno dichiarato la capacità operativa iniziale, Italia compresa, prima in Europa a farlo con l’Aeronautica militare.
IL PUNTO DEL MINISTRO TRENTA
La discesa dei costi riguarda anche il nostro Paese. Sull’avanzamento del programma nazionale, una decina di giorni fa durante il question time al Senato, aveva parlato il ministro della Difesa Elisabetta Trenta. Il dicastero di palazzo Baracchini, aveva spiegato il ministro, “ha autorizzato a procedere al completamento della prima fase del programma, che vedrà la costruzione e consegna di 28 velivoli entro il 2022”, derivanti propri dai lotti 12, 14 e 14. Gli F-35 “finora consegnati sono 13, i cui contratti sono stati completamente finanziati come da richieste del Joint Program Office”, aveva assicurato la Trenta, pur tornando anche sulla “valutazione tecnica” da lei annunciata in merito al futuro della partecipazione italiana. “Sento il dovere di puntualizzare – aveva detto – che le decisioni sul futuro del programma non possono, alla luce delle implicazioni di carattere strategico e internazionale, industriali e occupazionali, essere demandate al solo ministero della Difesa; reputo necessaria al riguardo una valutazione corale che consenta all’esecutivo di sostenere con coerenza una posizione rappresentativa di un impegno che nei fatti è di lungo termine”.