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Francia e Germania vanno avanti sul caccia del futuro. E l’Italia?

Come previsto, il salone parigino di Le Bourget si è aperto con il nuovo passo in avanti di Francia e Germania sul caccia europeo del futuro. Madrid entra ufficialmente nel programma, mentre le industrie che guidano il progetto ribadiscono la collaborazione e aggiornano la tabella di marcia, puntando a far volare un primo dimostratore del “sistema di sistemi” entro il 2026. L’Italia, per ora, resta a guardare, mentre il Regno Unito ha da tempo risposto alle manovre di Berlino e Parigi.

L’ACCORDO CON LA SPAGNA

A rivelare il mock-up del velivolo e degli assetti remoti dell’Fcas (Future combat air system) sono stati i numeri uno delle industrie coinvolte, Eric Trappier per la francese Dassault Aviation e Dirk Hoke per il colosso franco-tedesco Airbus Denfence & Space. A controllare le operazioni il presidente Emmanuel Macron, padrino d’eccezione anche per la firma dell’accordo che ammette ufficialmente la Spagna al progetto, con la sigla dei tre ministri della Difesa: Florence Parly, Ursula von der Leyen e Margarita Robles. Già a dicembre dello scorso anno, era arrivata la richiesta di Madrid per aderire al programma. La decisione veniva spiegata dal governo spagnolo con l’intenzione di rafforzare la capacità di tutelare gli interessi nazionali.

IL PROGRAMMA INDUSTRIALE

All’intesa politica si è aggiunto poi il nuovo passo sul fronte industriale. Da Dassault e Airbus è infatti stata presentata una proposta congiunta per la prima fase di sviluppo tecnologico dei dei dimostratori, sia per il caccia, sia per i velivoli remoti che da esso dipenderanno. In più, la proposta comprende anche un Air combat cloud (Acc) per gestione di tutto il “sistema di sistemi”, con l’obiettivo di eseguire i primi voli dimostrativi entro il 2026. Così, ha notato la ministra d’oltralpe Parly, “nel 2040 le forze aeree francesi saranno equipaggiati con un aereo da combattimento costruito insieme dagli europei, al fine di affrontare le battaglie del domani. È storico, ed è solo l’inizio”, ha detto la ministra francese.

LA STORIA DEL PROGETTO

È il nuovo tassello del piano franco-tedesco avviato già nel luglio del 2017 con una prima intesa tra Emmanuel Macron e Angela Merkel. Poi, l’aprile successivo, è arrivata l’unione di intenti tra la francese Dassault e il colosso franco-tedesco Airbus, fino all’assegnazione da parte della Difesa di Parigi del primo contratto a febbraio: 65 milioni di euro alle due aziende per la definizione dell’architettura generale e dell’organizzazione industriale del velivolo di nuova generazione, destinato a sostituire i Rafale ed Eurofighter. Resta da capire come i due Paesi risolveranno le potenziali frizioni sul fronte dell’export. Le preoccupazioni francesi per la rigidità dell’approccio tedesco sono arrivata con una certa chiarezza. Emblematico il caso dello stop verso l’Arabia Saudita che ha fatto alzare voci critiche da molti esponenti dell’industria transalpina.

LA RISPOSTA BRITANNICA

La risposta britannica all’asse franco-tedesco non si è comunque fatta attendere. A luglio 2018, al salone di Farnborough (che si alterna alla rassegna parigina), è stato svelato il progetto tutto Uk del Tempest, con tanto di annuncio di un investimento da due miliardi di sterline fino al 2025, destinati a un consorzio industriale già definito, con Bae Systems, Rolls Royce, Leonardo MW (la costola britannica di piazza Monte Grappa) e Mbda. La tabella di marcia è apparsa da subito ambiziosa. Entro metà 2019 era programmata una prima valutazione delle opzioni di collaborazione internazionale. Entro fine 2020 avrà luogo la decisione sui partner da coinvolgere ed entro il 2025 saranno adottate le decisioni finali sul livello di investimento. L’obiettivo è avere un velivolo operativo nel 2035, pronto a sostituire gli Eurofighter e a volare insieme agli F-35.

E L’ITALIA?

L’Italia ha assistito a tutto questo da spettatrice, non senza le perplessità di industria, esperti e addetti ai lavori. La partita è infatti di quelle importanti. Aderire troppo tardi al dibattito vorrebbe dire rivestire un ruolo marginale nei tavoli in cui si decideranno i pesi industriali, i ritorni e le partecipazioni dei vari Paesi. Che ci sia o meno una convergenza tra i due progetti attualmente in corso, una decisione va presa. Secondo gli esperti (lo dicono da tempo due report distinti dell’Istituto affari internazionali e del Centro studi internazionali), la scelta dovrebbe ricadere per ovvie ragioni sul Tempest britannico, sia per comunanza di assetti a disposizione (Eurofighter ed F-35), sia per la volontà politica di Londra, dimostratasi da subito meglio predisposta ad ammettere altri attori al proprio programma. Poi, ci sono i rapporti industriali, solidi con il Regno Unito soprattutto in virtù della consolidata presenza di Leonardo nell’isola.


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