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Così prende forma la governance della società di Fincantieri e Naval Group (con un occhio al nodo Stx)

Base a Genova, presidente italiano e amministratore delegato francese. Ecco i caratteri, secondo le indiscrezioni, della nuova joint venture europea nella cantieristica per le navi militari, primo passo verso “l’Airbus dei mari”. L’ad di Fincantieri Giuseppe Bono e il collega della francese Naval Group Hervé Guillou firmeranno oggi l’accordo per un’associazione di imprese paritetica, la quale si occuperà di coordinare le attività in ricerca, innovazione e procurement. Secondo gli osservatori più informati, è il primo passo verso la soluzione del lato civile dell’accordo, quello attualmente al vaglio dell’antitrust europeo circa l’acquisizione di Stx France da parte del Gruppo italiano. I due dossier (militare e civile) sono formalmente indipendenti, anche se non mancano gli elementi di trasversalità, tra cui la quota dell’11,7% dei cantieri di Saint Nazaire attualmente nelle mani di Naval Group.

LA GOVERNANCE E LA FIRMA

La sede della joint venture militare sarà a Genova, mentre il centro dedicato alla ricerca avrà base nei pressi di Tolone, a Ollioules dans le Var. Gli incarichi di amministratore delegato e direttore commerciale dovrebbero andare a due francesi; la presidenza spetterebbe invece a un italiano con l’obiettivo, in ogni caso, di ruotare le cariche (ce ne sono diverse altre di vertice, tra cui quella di chief financial officer). Tutto questo fa seguito all’intesa siglata lo scorso ottobre, durante il salone parigino Euronaval, alla presenza dei due ministri della Difesa Elisabetta Trenta e Florence Parly. La nuova firma avrà però una location ancora più simbolica: Nave Martinengo, la Fremm ormeggiata presso l’arsenale di La Spezia, frutto del programma congiunto italo-francese per le fregate europee multi-missione.

IL PERCORSO

Tutto ha avuto inizio a settembre 2017, quando i governi di Roma e Parigi annunciarono l’intenzione di approfondire le opportunità per un’alleanza industriale. A luglio, le aziende coinvolte presentarono la loro proposta, che avrebbe preveduto una scambio azionario tra il 5 e il 10%. Poi a Euronaval, con il dichiarato sostegno dei governi, l’annuncio su un primo passo differente: la definizione dei termini e delle condizioni per creare una joint venture al 50%, ipotesi che restava subordinata all’approvazione dei rispettivi consigli di amministrazione. Termini e condizioni che sono ora stati definiti, e che lasceranno il posto a un nuovo soggetto industriale per unire le attività di acquisti, ricerca e sviluppo, ed export. “Messi insieme alla Francia – aveva spiegato Bono qualche mese fa – saremmo sicuramente i primi al mondo”.

GLI OBIETTIVI

Gli obiettivi sul fronte militare sono ormai noti. Primo, la preparazione di offerte vincenti per programmi binazionali e per l’export, evitando che Fincantieri e Naval Group si facciano la guerra come avvenuto per la commessa brasiliana Tamandaré, poi andata al consorzio guidato dalla tedesca ThyssenKrupp Marine Systems. Secondo, una politica di fornitura più efficiente, con il ricorso a economie di scala e l’obiettivo di migliorare il rapporto qualità-prezzo. Terzo, la conduzione congiunta di attività mirate nell’ambito della ricerca e dell’innovazione. Quarto, infine, “incoraggiare lo scambio osmotico tra le due società, con la condivisione di strutture / strumenti di test e reti di competenze”.

LA RICHIESTA AI GOVERNI

Già a ottobre, le due aziende rivolgevano comunque una specifica richiesta ai rispettivi governi: “Un accordo governo-governo sarà necessario al fine di assicurare la protezione degli asset sovrani, una fluida collaborazione tra i team francese e italiano, e per incoraggiare una maggiore coerenza dei programmi nazionali di assistenza, che forniscono la struttura e il sostegno per le operazioni di esportazione”.

IL LATO CIVILE

Sul futuro della cantieristica navale italo-francese resta comunque aperto il nodo sul lato civile, in attesa della decisione dell’antitrust europeo (alla luce del regolamento sulle concentrazioni) sulla proposta di acquisizione dei Chantiers de l’Atlantique da parte di Fincantieri. La Commissione ha aperto il dossier lo scorso gennaio sulla richiesta avanzata da Berlino e Parigi (con la sorpresa dell’Italia). Il nostro Paese ha però reagito in maniera piuttosto compatta, con maggioranza e opposizioni, Parlamento e governo, a chiedere “rispetto per le aziende italiane”. D’altra parte, sulla vicenda dei Chantiers de l’Atlantique, i colpi di scena non sono mancati. A luglio 2017, la Francia ha deciso di nazionalizzare Stx, società che gestiva i cantieri di Saint Nazaire, in barba all’accordo che Fincantieri aveva concluso con la precedente proprietà sudcoreana (del 66%). L’intesa del settembre successivo ha poi previsto il riscatto del 50% da parte dell’azienda italiana, con l’aggiunta del prestito di un ulteriore 1% concesso dallo Stato francese.

DISTENSIONI TRA ROMA E PARIGI?

A tutto questo mancava il via libera dell’antitrust, su cui la Commissione ha però riconosciuto la propria competenza. A complicare il quadro nei primissimi mesi dell’anno è stato il clima politico non facilissimo tra Roma e Parigi, con le frizioni tra Emmanuel Macron ed entrambi i vice premier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Il tempo può però curare tutte le ferite, e forse in tal senso vanno intese le parole che mercoledì scorso sono arrivate dall’ambasciatore di Francia in Italia Christian Masset: “L’acquisto di Stx da parte di Fincantieri si deve fare, c’è già un impegno da parte delle due imprese e dei due governi”. In questo momento, ha aggiunto, “è all’esame dell’antitrust, ma siamo fiduciosi perché è un’operazione che ha una sua logica”, essendo tra l’altro “complementare all’alleanza tra Naval Group e Fincantieri, che è una prima tappa ed è molto opportuna”.

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