Durante il Summit del 2014, l’Alleanza Atlantica ha modificato il proprio orientamento strategico attraverso l’adozione del cosiddetto “approccio a 360°”, concetto che guarda a tutti i possibili fronti di instabilità con la medesima attenzione, ma attraverso lenti differenti. Di fatto, gli orizzonti di interesse strategico della Nato, ovvero quello orientale, meridionale e l’area del Mar Nero, presentano possibili minacce e sfide di carattere altamente variegato; di conseguenza, le risposte di tipo sia politico sia operativo che l’Alleanza si trova a modellare risultano estremamente differenti.
Per quel che concerne il fronte sud, la Nato ha recentemente avviato un processo di revisione delle proprie modalità non solo di ingaggio, ma anche di approccio concettuale all’area. Uno dei principali fautori di tale riassetto è stata proprio l’Italia che, quale membro geograficamente collocato nel cuore del Mar Mediterraneo, ha sollecitato la Nato a concentrarsi maggiormente sulla sponda meridionale e su i suoi fattori di instabilità. Un primo e cruciale risultato raggiunto da Roma è stato sicuramente la creazione del Nato Strategic Direction South Hub presso il Comando Nato di Napoli, un centro dedito al monitoraggio del Medio Oriente e dell’Africa Settentrionale e Subsahariana e finalizzato a comprenderne le dinamiche evolutive al fine di suggerire al cuore decisionale dell’Alleanza le possibili iniziative più adeguate per ciascuna area. Anche se il lavoro dell’hub è ai suoi albori, dato anche il recente raggiungimento della piena capacità operativa (a luglio dello scorso anno), la Nato continua a dimostrare la volontà di rafforzare il proprio impegno nel fronte meridionale: ne sono un esempio i pacchetti addestrativi approvati a favore della Giordania e della Tunisia, che andranno a rafforzare il bagaglio capacitivo del comparto Difesa locale.
In questo contesto di progressivo e crescente interesse atlantico verso i dossier di sicurezza mediterranei, Roma dovrebbe continuare a mantenere un ruolo di leadership. L’Italia, infatti, può favorire la creazione di un forum privilegiato di dialogo strategico tra tutti i Paesi del cosiddetto Mediterraneo Allargato, favorendo i processi virtuosi e supportando l’attività dell’Hub South nel creare una relazione solida con le varie realtà istituzionali e della società civile delle aree di interesse. La strada da seguire, quindi, sia per la Nato che per l’Italia, pare essere sufficientemente chiara: di fatto, solo un percorso di tale tipo può realmente portare un valore aggiunto all’attività dell’Alleanza verso la sponda sud.
L’unica incognita continua ad essere i forti interessi particolaristici di alcuni dei Paesi membri che prevalgono in alcune aree dell’Africa settentrionale e subsahariana, come la Libia o il Niger, e che potrebbero andare ad annullare gli sforzi alleati. Dunque, ancora una volta, l’ormai settantenne Nato, troppo spesso etichettata come obsoleta e fuori dal tempo, è chiamata ad un ruolo di mediazione e compromesso tra le diverse istanze nazionali, nella consapevolezza che esiste vera sicurezza soltanto quando è condivisa e partecipata da tutti.
Alessandra Giada Dibenedetto è analista Difesa e Sicurezza presso il Ce.S.I.