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Phisikk du role – La candelina tremula del compleanno di Conte

Sembrano trascorsi anni luce e invece era solo un anno fa: il primo giugno del 2018, dopo quasi tre mesi di doglie, vide la luce un neonato scarno ed azzimato, in giacca e cravatta sartoriali, cui fu imposto il nome di governo Conte. La ritmica sincopata di questo anno vissuto come un’incessante sequenza di tweet, adornata da qualche immagine illustrativa con le fotografie di Salvini e Di Maio, ha fatto rimuovere il ricordo di quei giorni travagliati che vanno dal 4 marzo al primo giugno, in cui successe veramente di tutto.

A parte la sensazione del fatto che i due “non vincitori” della competition di marzo vivessero in un iperuranio fantascientifico in cui ci si poteva lanciare ogni offesa a beneficio di una campagna elettorale che evidentemente non si riteneva ancora conclusa, quando finalmente sembrò che i gialloverdi potessero trovare un’intesa sulla base dell’inedito “contratto” venne chiamato il professor Conte (23 maggio).

Quattro giorni di febbrili trattative e il 27 maggio l’incaricato gettò la spugna. Fu la volta di Cottarelli, indicato per i casi di dignitosa emergenza e di voto putativo, il più anticipato della storia d’Italia. Ma, dopo non sempre decorosi clamori da parte dei “non vincitori “ anche all’indirizzo del Capo dello Stato, la quadra si ritrovò e partì il governo del professore. Che apparve subito come una struttura consolare, prima a tre, poi a due. Adesso non più consolare ma con la guida di uno solo al comando, il conducator o capitano, fate un po’ voi.

Ma questo paragrafo viene dopo. La cosa che ha meglio funzionato in un anno di governo? I comunicatori. Squadre di giovanotti e giovanotte dedite all’aggiottaggio del follower, addestrati a procurare esplosioni virali di post, tweet e foto instagrammate, propalatori di false intimità governative contrabbandate per rapporto diretto e au pair, perché uno vale uno e tu, popolo bue, puoi concederti una sbirciatina dritto dentro la bovinità che è nel leader-Ministro così simile a te. Comunicazioni ovviamente destinate a fare le prime pagine di giornali e tivù, perché è così adesso che funziona.

Cosa invece non è andato bene? Stendendo un velo sul capitolo delle competenze (un nome per tutti: Toninelli e i suoi amati tunnel) e su una certa – diciamo così- ruvidezza esternatoria dei vice-presidenti del consiglio, specie uno, addestrato alla diplomazia delle parole nelle migliori università anglosassoni, con master pure alla Sorbona, sull’attitudine a far lievitare il debito pubblico e sull’idiosincrasia nei confronti delle regole di Bilancio, quel che è apparso davvero insopportabile è stato il passo ansiogeno, da campagna elettorale infinita, impresso alla politica. Che indica insieme ansia da prestazione e limitati contenuti.

Poi, ovviamente, il tasso di conflittualità tra i gialli e i verdi- il Sole 24 0re ha pubblicato il catalogo delle liti degli ultimi mesi contandone 30- ed anche i toni carichi di veleno che avrebbero dovuto far pensare ad ogni osservatore in buona fede che da un momento all’altro si sarebbe sfasciato tutto. O che fosse tutto un impudico teatrino, perché alla fine i contenuti, si sa, sono un optional e quel che conta è la comunicazione. Fino a quando, però, uno dei contraenti si fa due conti e decide che gli conviene andare al voto per incassare. Auguri governo Conte, di buon compleanno. E cari saluti al capitano.


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