Skip to main content

Perché la diversità è un’occasione di innovazione a vantaggio di tutti

Di Loredana Grimaldi,

Durante questi 10 anni di attività abbiamo imparato, verificandolo sul campo, che spesso un progetto disegnato e sviluppato per rispondere a un bisogno di pochi, si può trasformare nel motore di un cambiamento a vantaggio di un contesto più ampio. La visione di insieme, un ampio stakeholder engagement, la volontà di creare soluzioni che restino valide ben oltre il momento della loro consegna ai beneficiari: questi sono tutti elementi necessari nell’assetto di un progetto di ampio impatto; la tecnologia è la leva che ne rende efficace e adattabile la messa in campo.

La tecnologia offre la possibilità di scalare una risposta a più beneficiari, in più parti del mondo. Permette la replicabilità di un intervento in contesti diversi, molto spesso con costi irrisori per eventuali adeguamenti o personalizzazioni. Ma soprattutto, ha il vantaggio intrinseco di portare un progresso culturale a tutti gli attori, facilitando il confronto e l’evoluzione intelligente di un’idea progettuale, grazie alla partecipazione di tutto il sistema:  in questo modo è possibile l’empowerment non solo dei beneficiari diretti ma dell’intero contesto, a volte intorno ad una soluzione differente da quella che si era pensata all’inizio.

Il percorso intrapreso da Fondazione Tim tende ad accrescere la consapevolezza e la comprensione non solo di cosa significhino le barriere che incontrano ogni giorno le persone con difficoltà specifiche, ma vuole anche promuovere una “società” più accogliente che sappia realizzare, anche grazie alle straordinarie possibilità offerte dalle nuove tecnologie, contesti sempre più in grado di accogliere ciascun individuo, con le sue caratteristiche e necessità. Per meglio esplodere il concetto, racconto un paio di progetti significativi.

IL MODELLO TRIS

Il primo è il modello TRIS, nato sull’esperienza di Niky, il ragazzo della barca e sviluppato dal CNR per consentire ai ragazzi che non possono frequentare la scuola per motivi di salute di collegarsi da casa ed entrare a far parte di una cosiddetta classe ibrida. Far collegare uno studente da casa e attivare una video conferenza è banale, quello che il modello TRIS ha introdotto è un metodo per gestire la classe in capo agli insegnanti che consente realmente di includere il ragazzo homebound attivando una serie di attività di collaborazione a distanza che coinvolgono tutti i ragazzi.

Nelle classi test di TRIS il digitale è entrato come strumento di apprendimento e ha rivoluzionato la didattica superando la tradizionale lezione frontale. Una iniziale difficoltà, dovuta alla presenza di una particolarità, si è quindi trasformata in un riadattamento del sistema a vantaggio di tutti. Per i ragazzi del progetto TRIS il digitale è entrato nella routine come reale strumento di lavoro e quindi inglobato nel sistema didattico. E non è un caso che l’anno scorso una percentuale importante dei ragazzi che hanno terminato la terza media abbiano scelto di continuare scegliendo l’istituto informatico.

IL PROGETTO NET FOR NEET

Altro esempio è proprio il progetto che stiamo sviluppando con InnovaFiducia, Net for Neet. Un progetto che è partito per dare risposta ai Neet, ragazzi tra i 19 e 26 anni che non studiano, non lavorano e non sono in formazione e che invece ha coinvolto anche studenti e giovani professionisti, che seppure in modo diverso hanno dimostrato di avere lo stesso bisogno. Nel senso più ampio quello di “trovare la propria strada”, nello specifico quello di capire i trend del mercato, formarsi in modo efficace ed entrare in contatto con il mondo del lavoro con modalità più vicine alle nuove generazioni.

La piattaforma ha dimostrato che lavorare sul bisogno e non sul target è già di per sé inclusivo e ha effetti immediati su tutti i portatori del bisogno che sono più estesi del gruppo iniziale. E’ partito per i Neet e poi ci siamo resi conto che il bisogno di una migliore conoscenza dei trend e un migliore approccio con il mondo del lavoro riguardava tutti i giovani non solo i Neet.

LA CULTURA DELL’INNOVAZIONE

L’innovazione sociale, ovvero la capacità di rispondere a dei bisogni sociali emergenti attraverso nuove soluzioni e modelli, è il pilastro del posizionamento di FTIM. Una capacità strettamente legata ad un’analisi di contesto, al corretto impiego delle risorse disponibili e in particolare delle tecnologie, allo sviluppo di nuove relazioni tra aziende, istituzioni e associazioni alla ricerca della migliore sinergia, allo sviluppo di soluzioni ad alto impatto e replicabili.

Seguendo questi principi la Fondazione Tim opera in 4 ambiti di intervento: l’istruzione, il social empowerment, la valorizzazione patrimonio storico-artistico e la cultura dell’innovazione. Quando si parla di innovazione si tende a limitare tale concetto all’ambito tecnologico. In realtà ogni innovazione tecnologica porta sempre con sé anche una dimensione di innovazione sociale, la quale attiene ai mutamenti nelle abitudini e nei valori, nelle strategie, nelle politiche, nelle strutture e nei processi organizzativi, nei sistemi di erogazione dei servizi, nei metodi e nelle modalità di lavoro e di studio.

Il diritto alla consapevole partecipazione alla società dell’innovazione e della conoscenza, diventa, oggi più che mai, un bisogno strutturale, una necessità che non può essere trascurata. Promuovere e diffondere la cultura dell’innovazione è la più grande responsabilità che abbiamo, perché la costruzione di un futuro desiderabile sarà possibile solo se tutti avremo le capacità e le competenze per esserne sempre più protagonisti e in grado di indirizzarne gli sviluppi.

IL FUTURO DEI GIOVANI

La cultura dell’innovazione è quindi ​un tema d’ispirazione, non tangibile ma che si sostanzia in una chiamata, soprattutto verso i giovani, a pensare al proprio percorso futuro  personale e professionale nell’ambito della scienza e della tecnologia e quindi agganciare alla tradizione, che vede vincente il nostro Paese, processi di sviluppo più moderni nonché novità assolute in campi anche totalmente inesplorati. In questo ambito, risiedono una serie di iniziative per diffondere e difendere il metodo scientifico che si pongono l’obiettivo di avvicinare i giovani alle STEM, proponendo le scienze come straordinaria occasione di crescita civile e personale​.

Un progetto molto importante su questo tema è in rampa di lancio. In collaborazione con l’Università Statale di Milano e il Centro Unistem della Professoressa e Senatrice della Repubblica Elena Cattaneo è partito l’8 maggio dall’ITIS Galilei, l’UniStem Tour nato per promuovere la cultura scientifica tra gli studenti italiani e che prevede 30 incontri che copriranno in due anni tutto il Paese, dal nord al sud alle isole e che nel 2019 toccherà le città di Catania, Cagliari, Bari, Napoli, Urbino e Teramo, portando nelle scuole alcuni tra i personaggi più illustri del mondo scientifico italiano.

Tra gli scienziati che hanno già dato la loro adesione al progetto ci sono la direttrice del Cern Fabiola Gianotti, l’antropologa forense Cristina Cattaneo, il virologo Roberto Burioni, l’esperto in medicina rigenerativa e staminologo Michele De Luca, il matematico Alessio Figalli, e l’immunologo Alberto Mantovani. Il contatto diretto con questi “campioni” italiani della scienza consentirà ai ragazzi di capire il fascino di indagare l’ignoto, ascoltare le storie che si nascondono dietro ad ogni scoperta e raccogliere la sfida di impegnare il proprio talento nell’avventura della ricerca e dell’innovazione. Agli incontri live del tour si affiancherà una campagna di ingaggio e comunicazione attraverso i social e il web, curata da Skuola.net per coinvolgere un più ampio numero di ragazzi. Unistem Tour andrà così oltre i 10.000 studenti che potranno partecipare dal vivo alle diverse tappe.

L’IMPORTANZA DELLE DISCIPLINE TECNICO-SCIENTIFICHE

Quanto sia importante mettere spingere i giovani in Italia ad intraprendere un percorso nell’ambito STEM è stato recentemente confermato da una ricerca su un campione di oltre 10mila ragazzi di scuole medie e superiori, condotta da Skuola.net in collaborazione con Fondazione Tim. È emerso come siano solo il 18% quelli fermamente convinti di studiare all’università discipline tecnico-scientifiche. Le discriminanti per tale scelta sono innanzitutto i voti scolastici – chi ha un’ottima media risulta molto più stimolato ad impegnarsi nelle lauree scientifiche – ed un fattore di genere: si orienta verso le STEM solo il 14% delle ragazze, contro il 25% dei ragazzi. Il timore di non farcela è probabilmente il freno maggiore che impedisce alle lauree cosiddette STEM di imporsi su larga scala, nonostante ricerche e analisi indichino questi corsi come la principale fonte d’occupazione negli anni a venire. Mentre la motivazione principale nello scegliere un percorso tecnico-scientifico è sicuramente la passione è quella che, infatti, muove i due terzi – il 67% – di chi ha già deciso che tenterà questa strada dopo il diploma. Molti di meno (14%) quelli che lo fanno, infatti, per trovare più facilmente lavoro. Ci sono quindi ampi spazi in cui il Paese non ha sufficienti competenze per crescere come potrebbe e giovani che fanno fatica a collocarsi nel mondo del lavoro.

×

Iscriviti alla newsletter