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La Lega dia risposte e il M5S diventi un partito. I consigli di Alessandra Ghisleri

I risultati delle elezioni europee stanno avendo l’effetto di far traballare la tenuta del governo gialloverde. Se le elezioni politiche del marzo scorso hanno registrato l’affermazione del M5S come prima forza del Parlamento italiano, la consultazione europea ha ribaltato le proporzioni e, dunque, il peso specifico delle due componenti dell’esecutivo a favore della Lega di Salvini. Nel campo dell’opposizione, invece, si è registrata una rinascita, seppur modesta e non estesa a tutta l’area della sinistra, del Partito democratico di Nicola Zingaretti e una strenua tenuta del consenso politico personale di Silvio Berlusconi.

Un quadro siffatto testimonia che il sistema politico italiano sta vivendo una fase di transizione. Mutamenti tutt’ora in essere e dei quali Formiche.net ha parlato con Alessandra Ghisleri, sondaggista e direttrice di Euromedia Research.

L’esito delle ultime elezioni europee testimonia un’estrema volatilità del voto dei cittadini italiani che ha nuovamente mutato il quadro politico. Verso che tipo di transizione ci stiamo avviando?

È una transizione che lascia i cittadini molto confusi. Tutti desiderano un “cambiamento” in meglio, più volte è stata usata questa parola, in tanti annunci, di tanti partiti. Spesso la transizione prevede dei sacrifici, dei passaggi, un tempo si diceva che si dovesse passare “attraverso il deserto”. Sono passaggi molto complessi e le persone sono molto spaventate e allo stesso tempo molto confuse, hanno desiderio di un indirizzo e di una speranza. Questo è quello che chiedono.

La Lega, che ora è diventata la Lega di Salvini, è passata nel giro di sei anni dal picco minimo del 4% al 33% delle ultime europee. Che fase di transizione sta vivendo?

Una transizione importante, di successo, con un’alta domanda da parte dei suoi elettori. Credo che queste transizioni siano importanti perché devono dare risposte di livello e i cittadini le aspettano in tempi molto rapidi. Noi viviamo in un’epoca in cui l’istantaneità prevale sulla riflessione.

Non crede che la Lega, a partire dalla manifestazione dell’8 dicembre, abbia modificato i suoi toni preferendo a quelli battaglieri della fase di risalita altri più ecumenici, mutando così il suo pubblico di riferimento?

Salvini ha fato una campagna elettorale molto simile a quelle a cui ci aveva abituato Silvio Berlusconi: gli stessi colori, l’azzurro con le nuvole, le parole che ha scelto per i suoi comizi e le sue interviste. Tutto ricorda la dialettica berlusconiana. Salvini non si è mai definito un uomo di centro destra o di destra, si è definito un uomo del “buon senso” e ha definito il suo il “partito del buon senso”, ha parlato addirittura di “miracolo italiano” e di “buon governo”. Tutte parole che abbiamo già sentito uscire dalla bocca di Berlusconi. Sta occupando uno spazio e un credo che è centrale nella vita politica del paese Italia.

Ecco proprio Forza Italia, invece, con l’8,8% ha dimezzato i suoi consensi rispetto alle ultime europee del 2014. Che transizione aspetta invece a Forza Italia? Riuscirà ad andare oltre il suo leader?

Forza Italia con le ultime elezioni ha dimostrato che è Silvio Berlusconi. Il presidente Berlusconi ha raccolto un numero di preferenze che, in rapporto al voto al partito, è enorme, ed anche rispetto agli altri leader. Quindi è una sfida molto complessa, il territorio, che è la fonte di ispirazione del voto è fondamentale, la vicinanza con i cittadini deve ritornare ad essere al centro del dibattito politico di un partito che vuole tornare ai suoi fasti. Adesso con l’elezione del presidente Berlusconi al Parlamento europeo ci saranno dei risvegli. È una transizione in divenire ma Forza Italia ha la necessità di ricollocarsi al centro del dibattito politico.

Sarà più facile per il Pd riportarsi al centro della politica nazionale?

Sia Forza Italia che il Pd ne sono rimaste un po’ ai margini a causa della natura di questo governo nel quale i due player, Di Maio e Salvini, hanno interpretato tutti i ruoli della commedia parlando sia con la voce del governo che con quella dell’opposizione. Il Pd con una nuova campagna elettorale e con un nuovo segretario come Zingaretti ha provato a rientrare nel dibattito politico.

Che possibilità ha il PD, che ha abbandonato la sua fase renziana per abbracciare il nuovo corso zingarettiano, di riemergere positivamente da questa nuova transizione?

Il Pd ha ottenuto una buona percentuale ma ha raccolto 100mila voti in meno rispetto al voto del 4 marzo del 2018. Il che significa che è riuscito a fidelizzare i suoi, ma serve ancora un nuovo messaggio, una nuova strada e soprattutto un’indicazione di percorso per catturare la fiducia di tutte quelle parti della sinistra che sono fuoriuscite e che dovrebbero rientrare per ricreare un centro sinistra di nuovo unito, forte e capace di proporsi come alternativa di governo.

È una prospettiva plausibile?

Dipende dal percorso che decidono di intraprendere.

I dati ci danno indicazioni?

No, avrei bisogno di una sfera di cristallo.

Il M5S invece, cosa può fare per governare la transizione e non lasciarsi travolgere?

Il M5S deve trasformarsi in un partito organizzato. Credo sia molto complesso perché nascono come una forza che emerge dalle richieste e dai bisogni di elettori senza una casa. Una volta arrivati al potere devono organizzarsi per dare risposte alle domande degli elettori e per mantener le promesse fatte in campagna elettorale?

Non c’è il rischio di snaturarsi?

È la politica.

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