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Carola & Matteo coppia di fatto. Al Pd e al M5S solo mazzate

Comunque la si pensi, un fatto è certo: Carola R (capitana di Sea Watch 3) e Matteo S (capitano della Lega e ministro) hanno messo a segno un colpo da maestri, polarizzando lo scontro su due posizioni inconciliabili e quindi perfette per animare un dibattito sostanzialmente senza fine.

Carola è l’erinni della multiforme e multietnica comunità che ritiene l’accoglienza valore non negoziabile, di fronte alla quale la violazione di leggi statuali è ammissibile in nome di principi superiori ed immanenti (quindi insiti nella natura “in sé” della vita e dell’esperienza umana, il “tutto è interno a tutto” di JP Sartre).

Matteo è il condottiero senza macchia e senza paura del sovranismo di nuovo conio, che miete consensi a milioni nelle genti d’Europa (e del mondo intero) dopo due decenni di trionfo sconsiderato e brutale delle élite finanziarie di ogni genere, causa principale della rivolta popolare e (fin qui) democratica in corso in tutti i continenti (Brasile, Argentina, Filippine, Usa, Ungheria, Polonia solo per fare qualche esempio) che ha portato al governo leader di destra tutti molto simili tra loro.

Sono due popoli, due visioni del mondo, due squadre che giocano nello stesso campionato più per costrizione della storia che per volontà, poiché vorrebbero evitare d’incontrarsi anche soltanto per un caffé al bar.

Sul piano politico però sono due trionfi, perché Carola è ormai un idolo su scala internazionale e Matteo svetta in cima alla classifica dei consensi nazionali facendo coriandoli di alleati ed oppositori.

Tutto questo per esprimere un concetto semplice: Carola&Matteo sono i trionfatori di questo momento storico, prima “coppia di fatto” creatasi contro la loro volontà (anche se l’uno ha bisogno dell’altra).

Cerchiamo adesso di guardare a chi perde, almeno in ambito nazionale. Ebbene su questo malinconico fronte troviamo due soggetti (più un fantasma). I soggetti “perdenti” sono il M5S e il Pd, mentre il fantasma è Forza Italia.

Perde il M5S perché costretto ad annaspare inseguendo l’alleato (che peraltro gli sfugge da tutte le parti). Così mentre Salvini può dedicarsi al suo argomento preferito (e sul quale è sostanzialmente impossibile scalfirne la popolarità) i ministri pentastellati sono costretti a fare i conti con dossier difficili e noiosi (ma non per questo di poco conto), come Tav, Atlantia, Alitalia, Ilva, Whirlpool e così via.

Tutte partite dove il governo (quindi anche la Lega) sta accumulando figuracce e tentennamenti, mente servirebbero soluzioni in grado di spingere nella direzione dello sviluppo economico (vera chimera nazionale che, prima o poi, finirà per avere effetti anche sul voto politico).

Il movimento non può staccarsi da Salvini sui temi dell’immigrazione pena la caduta immediata del governo ma non riesce ad esprimere una “sua” agenda di cose da fare, al punto che ormai ha preso l’abito (scomodo) del “signor No”, come si evince da vicende le più diverse tra loro (basti il caso delle autonomie regionali, tanto per fare un esempio).

Perde però anche il Pd per due ragioni essenziali. La prima è che la linea pro-Carola (applicata con tanto di membri del Parlamento a bordo della nave) è forte ma perfetta per impedire di tornare a sfondare nella componente popolare dell’elettorato, facendo del Pd un partito perfetto per le aree urbane e la fascia sociale medio-alta.

La seconda è che in questo modo il Pd si consegna all’ala movimentista dello schieramento, quell’ala che ha in Gino Strada e Roberto Saviano i suoi punti di riferimento e che non vede l’ora di seppellire con il cemento armato l’approccio “riformista” in tema d’immigrazione di Marco Minniti.

Poi c’è un fantasma, chiamato Forza Italia, che dovrebbe custodire quel che resta dell’azione liberale e moderata. Ma non credo sia qui il caso d’infierire, vedremo se da quelle parti succederà a breve qualcosa d’interessante.

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