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Il salario minimo alla prova di governo. Con l’incognita conti (che non tornano)

Il salario minimo è in cantiere, anche se la strada è ancora lunga. Prima, almeno a sentire il leader della Lega Matteo Salvini, c’è da dare un taglio secco alle tasse, magari a mezzo flat tax (qui l’intervista odierna all’economista Marcello Messori). Questa sera a Palazzo Chigi si vedranno per un vertice propedeutico al Cdm di domani, il premier Giuseppe Conte, il ministro dello Sviluppo e vicepremier Luigi Di Maio e lo stesso Salvini. Sul tavolo, nemmeno a dirlo, una delle misure care al Movimento Cinque Stelle, cugina di quel reddito di cittadinanza che a ancora oggi anima lo scontro con l’Europa.

L’idea di fondo che sta dietro questa proposta di legge è di prevedere proprio per legge qual è il minimo salariale sotto il quale il datore di lavoro non può spingersi nella determinazione del reddito da erogare ai propri dipendenti. Una misura con cui i Cinque Stelle mirano a ridurre lo sfruttamento soprattutto tra i giovani e parte integrante di quell’approccio assistenzialista che in molti hanno criticato, perché poco in linea con le politiche per la crescita di cui il Paese avrebbe bisogno. Naturalmente, accordo politico tra i due azionisti di governo a parte, ci sono da fare i conti, che in un Paese dal deficit traballante e prossimo al 2,4% potrebbero non tornare. Garantire 9 euro l’ora a una platea di quasi 3 milioni di lavoratori (stime Inpdap) costerebbe quasi 4 miliardi, non proprio spiccioli, alle imprese italiane. Le quali in cambio vorrebbero un taglio delle tasse, per finanziare la maggior spesa derivante dal salario minimo. Discorso complesso visto che, per le ragioni sopra elencate, le finanze pubbliche non possono al momento permettersi una riduzione delle entrate tributarie.

Salvini ha comunque messo le mani avanti: impossibile pensare di imporre alle aziende una maggiorazione di spesa a parità di carico fiscale. Serve una specie di scambio. “La Lega è disponibile a discutere del salario minimo per i lavoratori. Ma il salario lo pagano le imprese e dunque bisogna ridurre le tasse per aiutarle a crescere”. Di Maio da parte sua insiste: stasera mi aspetto un sì al salario minimo, mi aspetto che la Lega ritiri gli emendanti che fermano il salario minimo, mi aspetto un sì sulla riforma fiscale e al taglio dei privilegi parlamentari”. I conti comunque per ora sembrano averli fatti solo i sindacati. Secondo Francesca Re David, leader della Fiom “il salario minimo è in realtà un taglio. Se prendiamo lo stipendio di un metalmeccanico di terzo livello  è di nove euro l’ora. Se però conteggiamo tutte le parti economiche che prende in un anno quindi le ferie, scatti di anzianità, indennità e Tfr diventano diciotto euro l’ora”.

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