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Lo stupore dei tedeschi quando videro la flotta Alleata di fronte alla Normandia

Di Andrea Ungari

Lo sbarco in Normandia non fu solo una delle battaglie decisive della Seconda guerra mondiale, ma anche una delle operazioni militari più complesse che furono realizzate. Era inevitabile, dunque, che lo sbarco fosse preceduto da un’intensa preparazione politico-diplomatica e, poi, che fosse guidato da comandanti militari abili e capaci. La pianificazione dell’invasione dell’Europa cominciò nel gennaio del 1943 quando, in occasione della Conferenza di Casablanca, gli esponenti politici e militari anglo-statunitensi stabilirono da un lato il principio della resa incondizionata da applicare ai Paesi dell’Asse e, dall’altro, si confrontarono sulla possibilità di aprire quel secondo fronte invocato dal leader sovietico Stalin, al fine di alleviare il peso che l’Armata rossa stava sostenendo contro la Wehrmacht dal 1941.

LA PIANIFICAZIONE

I contrasti tra statunitensi e inglesi emersero su questo punto; Churchill, temendo un’avanzata comunista verso gli Stati balcanici e il Mediterraneo, da sempre al centro della strategia militare e politica inglese, convinse Roosevelt a dare priorità all’operazione “Husky”, ossia all’invasione dell’Italia attraverso lo sbarco in Sicilia. Malgrado il successo politico dell’operazione, che portò alla caduta del fascismo e poi alla richiesta di armistizio dell’Italia agli Alleati, e nonostante il successo militare (l’operazione “Husky” fu la prima vera operazione joint alleata con lo sbarco in un solo giorno di 180mila soldati), fu ben presto chiaro che la Campagna d’Italia non poteva certo costituire quel secondo fronte tanto richiesto dall’alleato sovietico.

Fu così che la decisione finale circa l’apertura di un secondo fronte in Europa venne presa alla Conferenza di Teheran (tra il 28 novembre e il primo dicembre 1943). In questa Conferenza, i tre grandi (Churchill, Roosevelt e Stalin) si incontrarono per la prima volta, stabilendo una possibile sistemazione dell’Europa al termine del conflitto e, soprattutto, cercando di pianificare la successiva strategia di guerra. In questa occasione, gli Alleati anglo-americani accolsero le insistenze di Stalin per l’apertura di un secondo fronte, varando l’operazione Overlord che si sarebbe realizzata nel corso della primavera-estate 1944 e che avrebbe avuto come base operativa l’Inghilterra e come teatro di guerra la Francia.

IL CAMPO DI BATTAGLIA

La scelta della costa della Normandia non fu casuale. Il punto in cui la costa inglese e quella francese sono più vicine è il Pas de Calais, dove il Canale della Manica è largo appena 33,1 chilometri. Per tale motivo gli Alleati decisero di non effettuare lo sbarco dove i tedeschi si aspettavano che sarebbe avvenuto. La scelta ricadde sulla costa del Calvados in Normandia, che poteva contare su difese tedesche più deboli e su ampie spiagge sabbiose facili da assaltare. Per ingannare i tedeschi circa l’effettivo luogo dello sbarco, gli Alleati realizzarono l’operazione “Fortitude”: un’enorme operazione di depistaggio che comprendeva carri armati gonfiabili per ingannare la ricognizione area, informazioni false fornite da spie tedesche che avevano tradito o che erano state catturate, un traffico radio e di ordini fasullo e altri piccoli dettagli.

Il 6 giugno 1944 iniziò l’operazione “Neptune”, nome tecnico dello sbarco in Normandia, mentre l’operazione “Overlord” era il nome della battaglia che sarebbe cominciata appena ottenuta una testa di ponte sul continente. Lo sbarco fu una delle operazioni più complesse e articolate della Seconda guerra mondiale, con un dispiegamento e una combinazione di forze aeronavali e terrestri di vaste proporzioni. Furono impiegate circa 7mila navi e 11mila aerei. Nel primo giorno furono sbarcati 150mila soldati. Un’operazione joint di vaste proporzioni che avrebbe dato il via alla battaglia di Normandia, destinata a concludersi solo il 25 agosto 1944 con la liberazione di Parigi dalle truppe tedesche.

Le truppe alleate furono guidate dal generale Dwight “Ike” Eisenhower, nominato il 7 dicembre 1943 comandante del Supreme headquarters allied expeditionary force (Shaef), ossia il comando supremo della forza di spedizione alleata, prendendo così il controllo globale delle truppe alleate in Europa. I tre posti di comando a lui subordinati furono occupati da tre ufficiali britannici: il generale Bernard Law Montgomery, l’ammiraglio Bertram Ramsay e il maresciallo capo dell’aria Trafford Leigh-Mallory, rispettivamente per le forze terrestri, navali e aeree. Un altro alto ufficiale britannico, il maresciallo capo dell’aria sir Arthur Tedder, fu nominato vice comandante supremo, in riconoscimento del ruolo centrale che l’aviazione avrebbe dovuto svolgere nell’invasione. Le truppe tedesche furono guidate dal feldmaresciallo Gerd von Rundstedt, dal feldmaresciallo Erwin Rommel e dal colonnello generale Friedrich Dollman.

I NUMERI DELL’OPERAZIONE

L’inizio delle operazioni avvenne durante la notte del 6 giugno con l’azione dei primi 9.200 aerei alleati che, dopo aver terminato i bombardamenti, predisposero il lancio di paracadutisti che dovevano infiltrarsi tra le linee nemiche. Contemporaneamente, si mosse l’imponente flotta d’invasione che, avvalendosi del persistente maltempo, attraversò la Manica senza alcun effettivo contrasto, lasciando i tedeschi sbigottiti quando apparve di fronte la Normandia. Arrivati davanti alle coste, le truppe terrestri furono sbarcate, dispiegandosi su una fascia lunga circa 80 chilometri. Nel settore statunitense, tre divisioni di fanteria presero terra alle 6 e mezza sulle spiagge denominate Utah e Omaha, mentre nel settore anglo-canadese, un’ora più tardi, altre tre divisioni sbarcarono in altrettante spiagge denominate Sword, Juno e Gold. Le truppe che toccarono queste spiagge subirono la reazione nemica, che in diversi settori (soprattutto a Omaha e a Juno) fu molto pesante; tant’è che le perdite che si contarono solo il 6 giugno furono di circa 10.300 uomini per gli Alleati, di cui 4.400 deceduti, e di una cifra che varia tra i 4mila e i 9mila per i tedeschi.

Lo sbarco in Normandia fu una grande vittoria per gli alleati, sebbene non raggiunsero tutti i loro obiettivi. A determinarla concorsero vari fattori, tra cui l’effetto sorpresa, la scelta del luogo e del giorno, le incertezze e le inadeguatezze delle forze tedesche nella zona e dei loro comandi a più alto livello. Le avverse condizioni atmosferiche del 4 e 5 giugno indussero i tedeschi a ritenere molto improbabile, se non impossibile, uno sbarco in grande stile. Ciò comportò l’assenza dai rispettivi posti di comando di diversi comandanti, compresi il feldmaresciallo Rommel e il colonnello generale Dollmann.

IL PREZZO DELLO SBARCO

Nel corso del D-Day, dunque, molte scelte importanti furono ritardate per mancanza di chiarezza e di decisione. Ciò non toglie che, malgrado il successo dello sbarco, le truppe alleate dovettero combattere per altri due mesi prima che l’esercito tedesco cedesse e cominciasse una ritirata che sarebbe finita soltanto sui confini della Germania. La battaglia di Normandia fu una delle più cruente tra quelle combattute sul fronte occidentale. Alla fine sarebbe costata agli Alleati più di 220mila perdite tra morti, feriti e prigionieri. Certo è che essa fu una delle battaglie decisive della Seconda guerra mondiale, consentendo agli Alleati anglo-americani di invadere la Germania e di contribuire, insieme ai sovietici, alla definitiva sconfitta del Nazismo.

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