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Cosa c’è dietro le critiche del cardinale Brandmüller al sinodo per l’Amazzonia

Non avevo sinora avuto l’interesse di leggere il documento ecclesiale che in America Latina è stato recentemente pubblicato in preparazione al sinodo per l’Amazzonia convocato da papa Francesco per il prossimo ottobre. Una lettura interessante, che ho recuperato in queste ultime ore. Devo ringraziare il cardinal Walter Brandmüller, che ieri gli s’è scagliato contro tacciandolo di eresia e accusando i suoi estensori di cadere addirittura nell’apostasia, cioè nella rinuncia alla vera fede cristiana.

LE PAROLE DI BRANDMULLER

Si scandalizza perché nel documento si fa riferimento al nostro pianeta con l’espressione “Madre Terra” e si evoca insistentemente il “grido dei poveri e della terra”. Passi che i poveri si permettano di lamentarsi, dato che anch’essi pare abbiano un’anima e perciò non si limitano a sentire dolore ma anche provano interiore sofferenza, né più né meno come la delicata signora, braccialetto 24k avvolto al polso tre o quattro volte, che mentre porta a spasso il chihuahua (o è un coniglietto?) se lo vede arrotare sotto gli occhi. Ma la terra – sembra chiedersi il cardinale – come farebbe a lamentarsi senza dover ammettere ch’essa abbia qualcosa di simile all’anima? Ecco che, dunque, chissà quale panteismo naturalistico si nasconde nelle pagine incriminate! Del resto cos’altro sarebbe l’idea che tutto è connesso, dalla più piccola particella dell’aria che respiriamo ai massimi sistemi (meglio sarebbe dire traffici) finanziari, se non cripto-panteismo?

I CRISTIANI “ANIMA DEL MONDO”

No, al cardinale non sfugge di mente che quest’ultima idea non dovrebbe essere considerata un abbaglio panteistico, dato che – debitamente messa fuoco e argomentata – è innestata nell’attuale magistero pontificio: si chiama “ecologia integrale” ed è pensata da Francesco come una visione del mondo in cui la trascendenza di Dio sta in correlazione con la capacità trascendentale che, creaturalmente, appartiene a ogni elemento del reale e in particolare all’essere umano, icona del suo Creatore: è l’attitudine a “uscire da se stessi verso l’altro”, l’”atteggiamento fondamentale di auto-trascendersi, infrangendo la coscienza isolata e auto-referenziale”. Tale atteggiamento “è la radice che rende possibile ogni cura per gli altri”, come si legge al n. 208 dell’enciclica Laudato si’. Se lo ricorda bene tutto ciò, il cardinale, anche se denuncia la presunta deriva eterodossa di un documento che evidentemente s’ispira all’insegnamento del papa. Ma, proprio lui che ha fatto il mestiere dello storico, si scorda che sin dal secondo secolo i cristiani si sono dichiarati “anima del mondo”, assumendo un concetto stoico senza per questo scivolare nello stoicismo: leggasi la Lettera a Diogneto. Era una consapevolezza analoga – posti gli obbligatori distinguo – a quella professata dagli indigeni che il documento amazzonico osa citare: “Noi siamo-facciamo parte della natura perché siamo acqua, aria, terra e vita nell’ambiente creato da Dio”. Affermazione questa che, pure, riecheggia il poverello d’Assisi, un altro che secoli fa ormai si prese la briga di dar voce al creato: “Uno sguardo contemplativo, attento e rispettoso sui fratelli e sulle sorelle, ma anche sulla natura – sul fratello albero, sul fratello fiore, sui fratelli uccelli, sui fratelli pesci, fino alle piccole sorelline, come le formiche, le larve, i funghi o gli insetti – permette alle comunità amazzoniche di scoprire come tutto è connesso, di valorizzare ogni creatura, di vedere il mistero della bellezza di Dio che si rivela in tutte loro e di vivere insieme amichevolmente”. Toni naïf, timbro poetico, piena avvertenza (anche socio-politica): sono questi gli estremi di un peccato che valeva in altre epoche la scomunica e che oggi è stigmatizzato piuttosto per la sua valenza sovversiva nei confronti dei potentati neo-coloniali?

LA PREGHIERA PER L’AMAZZONIA

Da gente dotata di una tale lucidità mentale si leva il grido che, dall’Amazzonia, reclama il diritto universale a vivere nella giustizia e nella pace. Pochi milioncini di persone, minimizza il cardinale, neppure la metà degli abitanti di una megalopoli contemporanea. Al massimo gli si possono assommare i bambini che vanno oggi appresso a Greta Thunberg in cortei sempre più radi, che ricordano la medievale crociata dei fanciulli e dei poveri, destinata prima o poi a naufragare miseramente. Eppure da un piccolo resto, ci racconta la Bibbia, è venuta nel mondo la speranza della salvezza. È il motivo per cui il famigerato documento si auspica che “il territorio amazzonico offra un insegnamento vitale per una comprensione integrale dei nostri rapporti con gli altri, con la natura e con Dio”.

Al cardinale pare una bestemmia. Per me suona come una preghiera, di quelle vere, strettamente imparentata col “sì sì, no no” di cui parla Gesù nei vangeli e con l’orazione da lui suggerita ai suoi discepoli: “Sia fatta, o Padre, la tua volontà come in cielo così in terra”. Ahi, ci risiamo con l’eresia, sempre dietro l’angolo, celata persino nell’insegnamento del Maestro di Nazaret: che c’entra, insomma, questa maledetta terra col cielo benedetto?

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