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Gli Usa chiedono all’Europa di fare di più per il Venezuela. Con la guida di Madrid

Gli Stati Uniti sono alla ricerca di alleati internazionali per creare una coalizione a favore del Venezuela. E si parte dall’Europa. Ieri il governo americano ha chiesto alla Spagna di assumere la leadership nell’Unione europea per guidare una posizione contro il regime di Nicolás Maduro, imponendo nuove sanzioni contro funzionari del suo governo, e promuovere la nomina di più rappresentanti del governo ad interim di Juan Guaidó all’estero.

LEADERSHIP IN EUROPA

“La Spagna può e deve avere un ruolo chiave nel guidare l’Europa in America latina – ha spiegato l’ambasciatore americano a Madrid, Richard Duke Buchan (nella foto) -. La regione si aspetta una leadership spagnola e di Paesi europei come Francia, Germania e Spagna sul caso Venezuela”.

Durante un intervento sui rapporti tra Usa, Spagna e America latina in un forum della Camera di commercio degli Stati Uniti nel Paese iberico, Burke ha detto che la situazione dell’economia venezuelana è molto grave, con 9 su 10 persone in stato di povertà e soffrono la carestia di alimenti e medicine.

Il diplomatico ricordò che dal 2017 il governo di Donald Trump ha approvato sanzioni di restrizione di visti e blocco di beni a circa 150 funzionari del regime, mentre l’Europa l’ha fatto solo per 18. “Abbiamo bisogno di aiuto, il Venezuela ha bisogno di aiuto”, ha aggiunto.

INTELLIGENCE CONTRO MADURO

Chi invece sta aiutando gli Usa operativamente sul campo per combattere il regime di Maduro è un ex prigioniero politico, Iván Simonovis. Dopo 15 anni in carcere, l’ex poliziotto è considerato il detenuto più vecchio della dittatura. Era agli arresti domiciliari per motivi di salute ma è riuscito a scappare, trovandosi ora in territorio americano.

In un’intervista all’agenzia The Associated Press Simonovis ha confermato che è a completa disposizione per contribuire ai lavori di intelligence contro il regime di Maduro: “Arriva un momento in cui bisogna rischiare tutto. […] Per due settimane mi sono nascosto in diverse case e in un’ambasciata, finché sono riuscito a volare – pilotando io – verso gli Stati Uniti. Ho chiesto a mia moglie di continuare a pubblicare foto sui social per non creare sospetti. […] All’interno del regime ci sono funzionari attivi che silenziosamente lavorano per il presidente Guaidó. Sono però membri attivi del governo di Maduro”.

IL FALLIMENTO IN NORVEGIA

Da Washington scommettono per la mano dura – attraverso le sanzioni -, più che per il dialogo. I primi tentativi di negoziazione tra il governo di Maduro e il governo di Guaidó non hanno reso risultati positivi.

In un’intervista di PanAm Post, il segretario generale dell’Organizzazione di Stati Americani, Luis Almagro, ha detto che i negoziati in Norvegia hanno indebolito l’opposizione venezuelana, aumentando la forza del regime. Le prove di dialogo hanno avuto “un costo molto grande per il presidente ad interim – ha spiegato Almagro -. Così come i fatti del 30 aprile. Se me lo avessero chiesto io avrei risposto: Fermate questa follia! Per questo avranno evitato di dirmelo prima”.

Almagro è consapevole che i processi contro i regimi totalitari sono lunghi, complessi e pieni di difficoltà: “Dopo ogni passo si è consolidato un status quo, si è fortificato il madurismo, indebolendo l’opposizione. Oggi vediamo come, dopo la Norvegia, l’immagine del presidente ad interim è crollata, mentre quella di Maduro è aumentata e si è trasformata all’improvviso in quella di un interlocutore legittimo. Sento che questo accade sempre nel momento in cui Maduro è più debole”.

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