“Per favorire gli investimenti, soprattutto quelli più innovativi e a più lungo termine, servono mercati dei capitali ampi e liquidi.”
E’ stato questo uno dei passaggi, di una delle parti meno riportate dalle agenzie di stampa ma più significative, della Relazione annuale sul 2018 del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco svoltasi ieri a Roma.
Ed è importante che il Governatore abbia scelto di parlare in maniera così approfondita di mercati dei capitali e borsa.
Di seguito una parte estrapolata dall’intervento che è scaricabile da: http://www.bancaditalia.it/media/notizia/relazione-annuale-sul-2018-considerazioni-finali-del-governatore/
“Il ruolo dei mercati e degli intermediari non bancari nell’allocazione delle risorse tende ad aumentare, in Europa e a livello globale. Si tratta di una tendenza che può apportare benefici nei paesi, come l’Italia, in cui è preponderante il peso dell’intermediazione bancaria. Un sistema finanziario diversificato sostiene la crescita economica e consente di attenuare gli effetti che shock avversi hanno sull’attività produttiva. Per favorire gli investimenti, soprattutto quelli più innovativi e a più lungo termine, servono mercati dei capitali ampi e liquidi; sono necessari operatori specializzati che favoriscano l’offerta di capitale di rischio e assistano le imprese nei diversi stadi del loro sviluppo. Per evitare che da un’evoluzione non ordinata e poco trasparente derivino rischi per la stabilità complessiva, l’attenzione delle autorità, nell’FSB e nelle altre sedi della cooperazione internazionale, va mantenuta alta.
In Italia tra il 2014 e il 2018 si sono quotate in borsa 116 imprese non finanziarie, contro 39 nel quinquennio precedente; nello stesso periodo oltre 500 società hanno collocato obbligazioni per la prima volta. La quota di risparmio delle famiglie affidata agli investitori istituzionali è aumentata di 14 punti percentuali, al 31 per cento, nell’ultimo decennio. Questi sviluppi sono stati favoriti da misure fiscali. È stato promosso il ricorso al capitale di rischio; sono state incentivate le emissioni di obbligazioni da parte di società non quotate; altre agevolazioni hanno sostenuto gli investimenti in quote di fondi di venture capital e in titoli di imprese innovative. L’introduzione nel 2016 dei piani individuali di risparmio (PIR) ha favorito gli investimenti in titoli di società italiane da parte delle famiglie.
È però ancora ampio il divario rispetto ai paesi in cui i mercati dei capitali sono più sviluppati. In Francia e nel Regno Unito il rapporto tra la capitalizzazione di borsa delle società non finanziarie e il PIL è oltre tre volte quello che si osserva in Italia e la quota delle obbligazioni sul complesso dei debiti finanziari delle imprese è quasi doppia. È necessario continuare a promuovere lo sviluppo della finanza non bancaria valutando l’efficacia delle iniziative già introdotte, razionalizzando gli interventi, favorendo la stabilità del quadro normativo. Modifiche frequenti – come nel caso delle ripetute revisioni degli incentivi alla capitalizzazione delle imprese e della riforma dei PIR contenuta nell’ultima legge di bilancio – possono accrescere l’incertezza, con effetti negativi sulle scelte di allocazione del risparmio e di finanziamento delle aziende.
Se per le imprese più grandi, in grado di aprirsi al vaglio di soggetti esterni e di sostenere i costi di accesso al mercato dei capitali, la finanza non bancaria è destinata a diventare un riferimento importante, per una grande parte del sistema produttivo le banche rimarranno la principale fonte esterna di risorse. Imprese sane devono potere trovare sostegno, dalle banche o dai mercati, qualunque sia la loro dimensione. Le politiche di gestione degli affidamenti verso microimprese e piccole aziende richiedono attenzione nella selezione e nella misurazione dei rischi; potranno beneficiare dell’innovazione tecnologica, nell’interesse tanto delle aziende che incontrano difficoltà nell’accesso al credito quanto degli stessi intermediari.”