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Lavoro: i 5Stelle, ministri ombra del loro governo

I sindacati, i corpi intermedi parlano con tutti, e questo ne fa una garanzia di libertà. Grave quando i governi non li convocano, e succedeva con Renzi, nella prima fase. Grave che “debba fare” tutto la Lega. Che senso ha votare i Cinque Stelle? Ministri ombra del loro governo.
Certo sono stata la prima a stupirmi del luogo, del contesto, dell’invito. Ma non avrei mai chiesto a nessuna sigla di non andare. La democrazia è confronto, non lo evita, non lo nega, non lo ostacola, non lo sostituisce.

In un colpo solo, si potrà certo ritenere, Matteo Salvini ha supplito il suo Premier, di cui è giustamente vice, in quella strana situazione nella quale sono stati i Vice a scegliere il loro “Re”.

“Cuius regio eius religio”.

Clausula della Pace di Augusta. Adattabile. Per le diplomazie e per le forme di comando di questo governo giallo-verde.

Così, il ministero del lavoro e dello sviluppo economico ha ceduto “sovranità”.

Ma, onestamente, chi avrebbe mai pensato plausibile lasciarlo in mano a Luigi Di Maio, su cui vertono 158 tavoli di crisi aziendali aperte. Un numero enorme, spaventoso, si fa fatica persino a nominarle tutte, anche per me che gravito nel sindacato dal 2008, che ho incontrato tanti lavoratori e delegati da tutte le aziende d’Italia, assistito a trattative, sottoscrizione dei contratti, scioperi, manifestazioni, e la più emblematica l’ho vissuta come giornalista tirocinante del Tg5, con le telecamere davanti la Gru di dieci metri alla periferia nord est di Milano, lì su da giorni dormivano quattro lavoratori che si rifiutavano di scendere. Quando non dicevano di buttarsi giù. Con questo gesto protestavano contro le operazioni di smontaggio dei macchinari della fabbrica, intanto messa in liquidazione. Era il 2009. La crisi era appena iniziata.

Di Maio intanto dieci anni fa non era ancora entrato nel mondo del lavoro, (ci entrò mai? In effetti in questo è perfettamente rappresentativo da una parte di una generazione disgraziata, dall’altra di quei tanti in politica). Non terminerà neanche gli studi, e l’anno dopo tenterà la corsa al consiglio comunale nella sua Pomigliano d’Arco, dove (prendendo come riferimento il punto da cui siamo partiti, ovvero i 158 tavoli) otterrà 59 preferenze, ovvero gli è chiesto di conoscere più nomi di aziende di quante persone conoscessero il suo.
Ha persino pensato di tenere per sè praticamente tre deleghe, lavoro, sociale, sviluppo, oltre a capo del movimento, e alla vicepresidenza del consiglio.

Innanzitutto chiederei che le cariche di vicepresidente della Camera dei deputati venissero elette, e non indicate da ogni partito, con ognuno un posticino e un nome, perchè regala cariche, e spiana carriere impensabili. Praticamente Di Maio ha scalato il Paese con 59 voti personali. E se provate a chiedere a un italiano medio, nessuno sa che è una nomina che ha fatto il proprio partito. Provate, resterete stupiti anche voi.

Per aiutare a raggiungere il 10% a un partito moderato per le Europee, anche io per la prima volta ho partecipato alle elezioni, di quelle dove il nome va scritto sulla scheda elettorale, portando 827 preferenze personali, con il risultato di aver superato lì dove ero, di due e anche di tre punti la media percentuale nazionale.

E ci sono comuni di 800 abitanti.
Per esempio quello di cui è stato sindaco il leghista Giancarlo Giorgetti. Che pure ha partecipato pochi giorni fa a una Convention della Cisl, dove ha citato Simon Weil e anche l’interesse generale, quasi potremmo dire il sovranismo della comunità.

Però comuni di 59 abitanti non so.

Intanto la popolazione complessiva residente è diminuita di oltre 400.000 unità dal 2015 , più o meno come se fossero sparite Bologna e Imola insieme.

Pensate quanti loro rappresentanti avrebbero eletto.

Ci sarebbe da scrivere Lettera a 400.000 bambini mai nati.

Intanto Luigi, un bambino vissuto a Pomigliano d’Arco, è cresciuto in un paesone dell’hinterland napoletano, che per anni ha rappresentato il simbolo dell’inefficienza industriale del Sud. Un mega stabilimento costruito dallo Stato italiano, poi passato sotto il controllo del gruppo torinese, per decenni insignito di parecchi record negativi tra le fabbriche italiane: assenteismo, produttività, numero d’invalidi. Dal 2006 è tutto il contrario col metodo hard di Marchionne.
In un Comune di circa 40 mila abitanti, dove un appartamento in centro si può affittare per 300 euro al mese, arriva il bonus della Fiat. Quando il manager italo-canadese investe 800 milioni di euro nella fabbrica e riporta qui, dalla Polonia, la produzione della Panda. Dopo un difficile referendum. Il rischio era che lo stabilimento chiudesse. Vengono inserite clausole durissime ma studiate ad hoc per tutte le anomalie locali (partite del Napoli, elezioni, ecc) che non sono mai state applicate in realtà, perchè sono servite come deterrente. Ecco che in un contesto del genere però può nascere l’idea di un reddito di cittadinanza. Che quasi riporta alla precedente normalità. Perchè il rigore imposto da oltreoceano cozza con tutto il resto. Lì i bordi della strada sono disseminati di rifiuti e un’intera ala è vuota (ricordo a memoria gli articoli di allora), arrivavano da tre anni di cassa integrazione per tutti, si lavorava due-tre giorni al mese, il che vuol dire che lo stipendio si aggirava sui 700 euro. E nessuno se ne lamentava. Vuoi vedere che ci fosse un altro modo per arrotondare?

Fine prima parte


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