Spesso si definisce un’organizzazione o un’azienda innovativa solo perché opera in settori nuovi, o considerati tali dai media. Ma è un errore perché anche in tanti settori ‘tradizionali’ ci sono aziende e organizzazioni che fanno innovazioni di processo, di prodotto o dell’offerta. E dietro a tutte queste innovazioni, ci sono donne e uomini che amano il proprio lavoro.
Persone che hanno fatto loro il proverbio africano “Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa” e che sanno che la vera innovazione è quella condivisa in grado di generare benessere per la collettività.
Quest’intervista fa parte della rubrica Innovatori pubblicata su www.robertorace.com.
Uno spazio in cui proviamo a raccontare le storie degli Innovatori, a scoprirne modi di pensare, predilezioni e visioni del mondo. Cercando di capire meglio cosa ci riservano presente e futuro.
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Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima che accada: la frase di Rainer Maria Rilke presidia il lavoro e l’impegno di Alfonso Trapuzzano, quarantadue anni, napoletano, avvocato cassazionista in materia penale, con studio in Napoli e Roma. Giornalista e dottore di ricerca in materia penale economica, Trapuzzano collabora con l’Università di Napoli Federico II.
E’ stato impegnato in processi, anche noti, in materia di reati contro la pubblica amministrazione, ambiente, colpa professionale medica, penale societario e tributario.
Svolge la attività di of counsel per alcuni prestigiosi studi legali italiani ed internazionali.
Svolge l’attività di consulente di Pubbliche amministrazioni e Aziende in materia di reputazione, prevenzione rischi, prevenzione frodi.
Chi è un innovatore? Perché?
Una persona che non accetta di svolgere il suo ruolo o il suo lavoro secondo gli schemi “predefiniti” nei quali si trova e che prova con impegno e convinzione a cambiarli. Un innovatore è a volte un semplice visionario, in altre un rivoluzionario, in altre ancora un inventore. Lo spirito è il medesimo.
Quale è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
Un nuovo Umanesimo. Nuove relazioni strutturate tra diverse parti del mondo. Ci sono strumenti e condizioni per creare un assetto e dei rapporti che riempiano di contenuti il concetto di “globale” e di “comunitario”.
In questi anni abbiamo assistito ad innovazioni che hanno avuto come elemento centrale lo sviluppo della tecnologia. L’uomo non sempre ha avuto capacità di “reggere” all’impatto di innovazioni. L’uomo deve metabolizzare il forte stravolgimento delle innovazioni tecnologiche e cominciare a governare questi strumenti per diffondere conoscenza e creare interessi e vicinanza tra mondi, realtà, popoli, civiltà e religioni anche geograficamente distanti.
Ai giuristi spetta il compito di creare gli strumenti e le condizioni perché questo avvenga sulla base di regole condivise ed applicabili: si tratta di scenari giuridici ancora da costruire.
Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
Di una guida e non più di un capo. Una persona che voglia e sappia coinvolgere chi gli sta intorno nella propria “visione”. Che condivida e che coinvolga in modo autentico nel proprio progetto.
Che sappia ascoltare ed essere ascoltato. Che alla stregua di una squadra di calcio schieri i propri giocatori, ma sia lui il primo a giocare, magari in attacco, accettando però di giocare anche in ruoli diversi.
Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
I miei genitori. I miei Maestri nelle diverse esperienze professionali e personali avute dal giornalismo all’azienda ai più recenti impegni in accademia ed in avvocatura. Posso certamente segnalare il rigore istituzionale, la capacità di elaborazione politica e culturale di Giorgio Napolitano, figura nella quale mi sono imbattuto in più occasioni prima del suo impegno da Presidente della Repubblica. Non posso inoltre non ricordare Vincenzo Siniscalchi, mio primo Maestro, uno dei più noti penalisti italiani, che ho conosciuto a diciotto anni che ancora oggi mi guida ed orienta.
La tua più grande paura /la tua più grande speranza
Penso alle sorti del nostro paese e sono profondamente preoccupato. La speranza è che il livello di estrema difficoltà economica e sociale sia superato da una presa di coscienza delle nostre indubbie qualità. Spetta, in particolare, alla mia generazione creare una classe dirigente competente ed affiatata che riporti in alto il nostro Paese, ognuno dalla sua posizione.
Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro
Più che di un progetto parlerei di un percorso. Sono impegnato sempre più a portare le mie conoscenze e la mia esperienza nell’azienda e nelle pubbliche amministrazioni. Le aziende, in particolare, sono frequentate da consulenti: commercialisti, addetti alla comunicazione, consulenti del lavoro, anche avvocati in materia civile e commerciale. Raramente questo accade per i penalisti, che vengono coinvolti in occasioni “estreme” in occasione di indagini, sequestri o processi penali. Conoscono l’azienda solo in questi momenti crisi. Oggi il penalista deve uscire dalla aule giudiziarie e lavorare per prevenire i rischi e ridurre i disagi di una indagine penale.
La cosa che ti fa più emozionare e più arrabbiare
La gratitudine e gli attestati di stima da chi apprezza il mio lavoro ed impegno: lo sprone migliore per andare avanti e migliorarsi. La mancanza di amore per ciò che si fa, che si riflette in trascuratezza e superficialità.