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Suggerimenti non richiesti mentre si rinazionalizza Alitalia. Il commento di Pennisi

Il cantiere per la nuova nazionalizzazione di Alitalia è stato aperto. Non sapremo se verrà mai completato, ossia se il progetto andrà mai in porto. A chi sta lavorando su questa intrapresa, specialmente se inquilino nel palazzo di Via Veneto con ingresso da Via Molise, dove alberga il ministero dello Sviluppo Economico, mi permetto di dare un suggerimento (ovviamente non richiesto). Tra una sessione di lavoro ed un’altra, leggere un libro di circa 360 pagine appena uscito per i tipi dell’Istituto Bruno Leoni: Serena Sileoni (a cura di) Noi e lo Stato: Siamo ancora sudditi? IBL Libri euro 20. Non si facciano spaventare dalla mole del volume.

LO STATO E IL MERCATO

Contiene, oltre all’introduzione, sedici saggi di autori di chiara fama (il primo è firmato da Susanna Tamaro) su temi che non riguardano le compagnie aeree. E neanche i trasporti più in generale. Quindi, è una lettura che rappresenta pure un momento di relax, di distrazione dai piani industriali, lungo medio e corto raggio, tipologie di aerei e quant’altro. Tratta, però, del tema essenziale della nuova nazionalizzazione. Se realizzandola (od solamente progettandola) siamo in armonia con la Costituzione della Repubblica o nostalgici dell’Ottocentesco Statuto Albertino. Nella Costituzione sparisce la parola sudditi (che vi compariva due volte) ed è sostituita dalla parola cittadini (ripetuta ben 33 volte).

ALITALIA, RITORNO AL PASSATO?

Cosa a che fare questo con la statizzazione di Alitalia? Molto di più di quanto non sembri ad una riflessione superficiale. Nonostante una delle forze di governo dica di essere composta non da rappresentanti ma addirittura da portavoce di cittadini, la nuova nazionalizzazione è uno dei tanti esempi eloquenti che mostrano come agli italiani (che hanno pagato circa 30 miliardi di euro, unicamente negli ultimi dieci anni, per tenere in piedi Alitalia) nessuno ha mai chiesto se volevano impegnarsi ulteriormente nel salvataggio di un’azienda che già una dozzina di anni fa avrebbe dovuto portare i libri in tribunale e fare istanza di fallimento. Gli stessi programmi elettorali del 2018 erano fumosi a riguardo e non contenevano la brillante (sic?) di una fusione tra la compagnia aerea e le ferrovie, un vero unicum al mondo. Sono stati trattati come sudditi, anche se i loro sedicenti portavoce li chiamano cittadini.

Il caso non è trattato nel volume. Ma non è diverso da altri sviscerati nel libro. Quello, ad esempio, de la grande illusione del debito pubblico (trattato da Giampaolo Galli) o dei tentativi spesso futuri e sempre mancati di una effettiva ed efficace revisione della spesa pubblica (Nicola Rossi) o quello delle privatizzazioni mancate (Cosimo Magazzino), oppure quelli dei tentativi di riforme tributarie (Dario Stevanato e Mario Severi) o di quelli della previdenza (Giuliano Cazzola) o dell’intervento per il Mezzogiorno (Carlo Amenta e Luciano Lavecchia), oppure ancora dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni alle imprese (Alessia Sbroiavacchia) o delle occupazioni abusive di proprietà altrui (Giuseppe Portonera).

A questi saggi su casi specifici, se ne aggiungo altri, trasversali, sulla fatica di essere liberi e, quindi, responsabili ed accountable delle proprie azioni (Susanna Tammaro, Claudio Martinelli, Alfonso Celotto, Vitalba Azzolini, Giovanni Fiandanca, Alessandro Barbano). In fin dei conti, essere sudditi è facile: c’è sempre qualcuno che decide per voi, presumibilmente nel vostro interesse, e che non vi fa assumere responsabilità. Nella mia esperienza con colleghi dell’Europa dell’Est ha spesso notato questo atteggiamento, di difesa quasi, nei confronti della perestojka e della glasnost, nonché ovviamente dell’adesione all’Unione europea.

Il nuovo tentativo di salvataggio di Alitalia con i soldi dei contribuenti è un’ulteriore dimostrazione di considerare i cittadini paganti alla stregua di sudditi beoni e beati che si eccitano al pensiero di una compagnia di bandiera come un tempo ci si eccitava ad essere parte di un Impero pur avendo scarpe di cartone e non di cuoio e rimpiazzando il caffè con l’orzo.

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