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Roma affoga nella spazzatura, ma senza impianti non ce la farà. Parla Bratti (Ispra)

Non c’è molto da girarci intorno se la questione è quella dei rifiuti. Quanto visto a Roma in questi giorni, con le strade della capitale ricolme di sacchetti della spazzatura (tolti alla bisogna solo per la visita del presidente russo Vladimir Putin, ma solo nelle vie centrali) ha un’origine ben precisa: assenza di infrastrutture. Per questo la Città Eterna ripiomba ciclicamente nell’emergenza spazzatura, finendo sulle prime pagine dei quotidiani di mezzo mondo. Virginia Raggi, sindaco di Roma, può avere le sue colpe. Ma sarebbe riduttivo addossarle tutte le responsabilità del caso, come spiega in questo colloquio con Formiche.net, Alessandro Bratti, ex deputato dem a capo della commissione Ecomafie e oggi direttore generale dell’Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale.

ALL’ORIGINE DEL MALE

Bratti arriva subito al punto, individuando l’origine del grande male di Roma, la spazzatura e il decoro. “Il problema è molto semplice ma allo stesso tempo drammatico. Roma oggi è priva di un’adeguata rete di impianti. Non ci sono infrastrutture per lo smaltimento, inutile affidarsi ai famigerati Tmb (Trattamento meccanico-biologico), che peraltro sono quasi tutti fuori uso, i quali separano semplicemente il secco dall’umido ma non smaltiscono. Per questo, più che un problema di raccolta c’è un problema di smaltimento: i camion dell’Ama passano, raccolgono, ma non sanno dove portare i rifiuti”. Secondo Bratti è impossibile uscirne senza creare nuove infrastrutture. “Oggi a Roma non ci sono nemmeno impianti di compostaggio, che darebbero sicuramente un mano. Quando fu chiusa Malagrotta, giustamente per carità, forse non si è provveduto a un’adeguata realizzazione di impianti per Roma”.

LA SOLITUDINE DELLA RAGGI

L’ex parlamentare non si sbilancia quando si tocca l’argomento Raggi. “Non sono in grado di dire se sia stata lasciata da sola o meno. Posso solo dire che questo problema dei rifiuti arriva da lontano, un po’ come il debito. Sono anni che si dovrebbero costruire impianti di smaltimento e invece nulla, nemmeno uno di compostaggio”. E il risultato è che Roma per i prossimi due anni sarà costretta a spedire parte del proprio indifferenziato in Svezia, con enormi costi per la collettività (è in dirittura d’arrivo un accordo con la Svezia per trasferire i rifiuti della capitale a Stoccolma e Goteborg. Il tutto dovrebbe scattare già da ottobre e il trasferimento durerà almeno 2-3 anni). Altro mito da smontare, i soldi. “Non penso che sia un problema di fondi, di risorse, francamente sarebbe la prima volta che sento che è un problema economico. Semmai è un problema di autorizzazioni, di burocrazia e soprattutto, in ultima istanza, di volontà politica. Non dimentichiamoci che questi impianti potrebbero benissimo essere realizzati da alcune società, penso ad Acea, ma non solo. E comunque ricordiamoci di un’altra cosa: questo problema non lo ha solo Roma, che non è una mosca bianca, ma ce lo ha avuto per esempio anche Palermo“.

TRE MOSSE PER ROMA

Se domani Bratti avesse in mano la bacchetta magica, che cosa farebbe per Roma? “Punto primo vorrei capire dove pulire le strade e dove portare i rifiuti che raccolgo e in seconda battuta studiare una qualche procedura di emergenza per aprire nuovi impianti. Di leggi ce ne sono, non ne servono altre e penso francamente che ci siano norme che consentono la realizzazione immediata di impianti per lo smaltimento. Terzo punto, nel mentre della messa a terra di nuove infrastrutture, creerei una discarica di servizio, per cercare di chiudere il ciclo. Se i Tmb separano solo i rifiuti, dome metto l’indifferenziato? Dopo la chiusura di Malagrotta e nonostante le buone percentuali di raccolta differenziata, la capitale ha ancora bisogno di una discarica per chiudere sul proprio territorio il ciclo di gestione dei rifiuti“.

(Foto: vertice crisi rifiuti)

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