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Della necessità di programmare e investire in cultura

Una pubblicazione importante arricchisce il necessario bagaglio per una accurata programmazione culturale in un’ottica di ripensamento complessivo delle attuali azioni. Si avverte il bisogno di dare finalmente un senso a tutte le enunciazioni che da anni, anche con espressioni ad effetto, riempiono sale attente per convegni autorevoli, ma che senza il fondamentale apporto dei decisori rischiano poi di divenire soltanto riflessioni da Amarcord delle buone intenzioni mai realizzate.
Il volume “Città come cultura” raccoglie i contributi migliori per un laboratorio creativo e innovativo che si pone quale punto di riferimento sostanziale per indicare la strada più giusta per quel nuovo Rinascimento da tutti evocato e invocato; come ha acutamente osservato Giovanna Melandri, presidente Fondazione Maxxi, “la città è un tema di enorme complessità e completamente aperto che richiede conoscenza, analisi e ascolto”. Tre elementi strutturali per comprendere il senso più profondo della cultura quale strumento di inclusione sociale e capace di riattivare una consapevolezza civica alla base della creazione di una “nuova” comunità costruttiva.
Tale progetto è stato accuratamente definito un “osservatorio” che permette di mettere a confronto esperienze differenti, di tutta Italia ma non solo, permette inoltre di riconoscere e analizzare l’impatto della cultura nelle città. Le due edizioni del progetto e questa pubblicazione, che raccoglie esperienze e progetti realizzati in tutta Italia, confermano il valore del processo finora attuato. Molto innovativa questa produzione scientifica da parte di un Museo che semina il futuro con serietà e competenza e dunque le “MAXXI” parole Città Come Cultura. Debbono essere intese quale un monito, uno slogan e una necessità e sono molto significative per questa realtà museale che ha come missione la valorizzazione dell’arte e dell’architettura del Ventesimo e Ventunesimo secolo e, come istituzione culturale, impegnata nel confronto con i temi più rilevanti della cultura urbana, a partire dall’ascolto del quartiere e della città.
In questo senso il MAXXI rappresenta quindi la volontà di “processare lo sviluppo”, come sottolineato nel titolo della pubblicazione, ma anche la condizione di molti musei d’oggi che si occupano di contemporaneo e che riflettono sul ruolo che le istituzioni, in particolare i musei, svolgono nella società, in particolare sulla cultura e sulle città. Il binomio città e cultura in questi ultimi anni è divenuto sempre più un tema di progetto, ma anche di analisi e riflessione, portato avanti da chi lavora sul tessuto urbano e sociale. Nel binomio città e cultura è evidente una sorta di interdipendenza tra le due parole, ove una è l’espressione dell’altra e in parte non potremmo avere l’una senza l’altra. ln entrambi i casi, l’elemento rilevante e che va sottolineato è il valore democratico che contraddistingue la città e la cultura, ancora una volta come un rapporto inscindibile.
Basti pensare ai contesti urbani periferici e di margine, nei quali l’attivazione di interventi consente di migliorare la qualità dei luoghi con la riappropriazione dell’uso di spazi pubblici, migliorando in questo modo la vita e lo scambio culturale. ln altri casi una programmazione legata ad esempio ad una candidatura permette di definire delle strategie e valorizzare molte realtà e progetti culturali spesso già esistenti. Dalle amministrazioni agli abitanti, dalle istituzioni culturali, musei, centri culturali e di ricerca alle realtà indipendenti e alle associazioni, con diverso carico, ma facendo parte di un sistema complesso e articolato, ognuna di queste voci è fondamentale per tenere attivo lo scambio e il valore della cultura nella città e nella qualità della vita dei suoi abitanti. Insomma si avverte tutta la necessità di un nuovo ruolo per la cultura nella pianificazione territoriale.
Ecco perché questo lavoro editoriale diventa ancora più prezioso, poiché enuclea quelle “atmosfere creative” nella rivitalizzazione di tessuti urbani abbandonati, ossia di condizioni favorevoli per la nascita di movimenti legati allo sviluppo locale nei settori ad alta produzione di servizi e beni culturali i cui effetti positivi possano essere condivisi da tutti.
E fondamentale – come si trasmette nelle fruttuose pagine del progetto sotto la responsabilità di Margherita Guccione e il coordinamento e la cura di Elena Pelosi, che i progetti culturali radicati e sensibili ai luoghi abbiano la capacità di riattivarne l’uso e riaccenderne l’energia dandone nuova identità e significato, anche in particolare a spazi “dimenticati” all’interno delle città e molte spesso “ai margini” delle città stesse. Le città che riescono a investire maggiormente in questo tipo di processi hanno una risposta maggiore in termini di partecipazione alla vita e all’offerta culturale proposta tanto dalle amministrazioni locali quanto dalle realtà indipendenti. Proprio la riflessione di Elena Pelosi individua puntualmente le peculiarità e le finalità del lavoro.
Si tratta di un progetto partito nel 2016 con due workshop (2016 e 2018) che hanno messo in rete professionisti della cultura di tutta Italia e presentato e messo in luce esperienze, metodi e criticità dei progetti culturali di essere attivi e capaci di riattivare i processi di trasformazione delle città e dei territori.
Il primo anno, evidenzia la curatrice, si è cercato di indagare la capacità dei progetti culturali di essere attivatori e dunque in grado di accelerare le trasformazioni, soffermandosi su quali erano gli aspetti su cui per fare ciò si interviene o si fa leva.
Sono dunque stati condivisi il senso di identità, comunità, partecipazione, ma anche il valore della produzione culturale e della rigenerazione dei luoghi attraverso interventi effimeri ma intensi.
Nella seconda edizione l’interesse si è rivolto alla costruzione dei sistemi e delle reti che consentono ai progetti culturali di diventare processi di sviluppo e rendere concreta la trasformazione culturale attivata.
Con una particolare attenzione alla rete e alla sua costruzione nell’attuarsi stesso del processo culturale.
Avviene dunque che inevitabilmente riflettendo sul ruolo del museo si arrivi a riflettere sulla città, sulla cultura e sulla trasformazione urbana, perché effettivamente c’è un sottile ma costante legante tra le città e i musei.
Nella prima edizione del 2016 tra circa 400 candidati sono stati selezionati 120 professionisti (tra architetti, storici dell’arte e curatori, amministratori, giornalisti e comunicatori).
Nella seconda edizione del 2018 ci sono state oltre 600 candidature per 100 professionisti selezionati. Da tutte le regioni d’Italia.
I seminari e i workshop sono stati sviluppati secondo una parte di programma organizzato dal MAXXI e una parte “off” e aperta agli interventi e alle riflessioni dei partecipanti.
La seconda edizione si è svolta in parte all’Aquila, dove il MAXXI è in procinto di aprire una seconda sede, e ha visto un’ampia partecipazione di professionisti della cultura del territorio aquilano con i quali è ancora attivo un dialogo costruttivo finalizzato a future collaborazioni.
Un palinsesto composito, dunque, che ha permesso di riflettere su quali siano i punti di forza dei progetti e sull’evidenziare che ogni progetto ha delle specificità, delle forze e delle debolezze estremamente legati al luogo in cui si realizza. Dunque, l’industria culturale e creativa si può attivare soprattutto se c’è un interesse e una volontà politica che favorisce lo sviluppo; sta poi al territorio e alle competenze tecniche rafforzarla in termini di innovazione e offerta sul mercato.
Tracciando, assieme ai partecipanti, i principali temi emersi e i punti di contatto tra le differenti esperienze, emergono i seguenti temi: il valore dei progetti culturali come rilevatori del senso di identità, principalmente legato al territorio e l’identità intesa come cura del patrimonio culturale, e insieme si collega il tema del senso delle comunità e la cultura vista come terreno di condivisione e scambio.
La pubblicazione nasce dalla volontà di riflettere sul tema attraverso il racconto di esperienze concrete, attuate da istituzioni centrali, territoriali e da realtà indipendenti, su tutto il territorio nazionale. (è stata lanciata una call for paper a maggio 2018 con la candidatura di oltre 150 esperienze/progetti).
Al fine di chiarire gli ambiti di intervento dei progetti, si è scelto di definire tre temi:
– Progetti e sistemi di rete culturale e impresa creativa, per raccontare le esperienze progettuali che hanno
valorizzato un sistema di rete con altre realtà culturali e in alcuni casi hanno dato vita a realtà produttive di industrie culturali;
– Città e musei: forme e dinamiche di senso e relazione, per presentare alcune esperienze, anche attraverso la lettura del processo che le ha attivate, che hanno sviluppato progetti e programmi radicati nel territorio;
– Città e cultura: identità, comunità e partecipazione, per affrontare il tema, più vasto, del senso dei progetti culturali e della loro capacità di intercettare l’interesse e la presa di coscienza dei cittadini.
La vasta partecipazione, con oltre 150 candidature di paper, ha permesso di costruire una mappatura interessante, che fotografa un dinamismo e un attivismo consapevole che si motiva nonostante le difficoltà concrete nell’attuazione dei progetti, come sopra citato.
Le sezioni sono introdotte da uno o più saggi scientifici di esperti del settore che danno un punto di vista sul tema, allargandolo molte volte secondo un punto di vista differente.
La composizione delle esperienze raccolte restituisce e racconta una grande e complessa attività di sperimentazione, ricerca e la presenza di processi concreti radicati sul territorio che fanno della Cultura un “componente” fondamentale nella società. È un discorso che si articola in più voci, come sopra citato, in cui le istituzioni centrali e territoriali hanno un ruolo importante e le realtà indipendente, insieme, sono la linfa creativa e culturale che dà voce alla società.
Si riconosce anche l’importanza della competenze delle professioni – tanto nelle istituzioni come nelle realtà indipendenti – e il valore del lavoro dei professionisti della Cultura grazie ai quali i territori e le città trovano forme di espressione creativa e culturale e si rigenerano spazi ritrovando senso e valore.
Potremmo riconoscere in questa mappatura una ventata di ottimismo con l’auspicio che queste testimonianze dinamiche possano valorizzare i momenti di confronto e scambio, con maggiore frequenza e accessibilità, anche nell’ottica di costruzione di una rete e di una “rete delle città” tra le tante realtà attive ed eccellenti del Paese con una attenzione particolare verso le potenzialità dei piccoli comuni che rappresentano, per il loro elevato numero, una forza unica e collettiva di rinascita e di riscatto.

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