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Le sfide della difesa, fra politica e priorità industriale. Il dibattito in Aiad

Sul caccia di sesta generazione, “siamo un po’ in ritardo, ma è sul futuro che stiamo discutendo”. Parola del ministro della Difesa Elisabetta Trenta, intervenuta oggi a Roma all’assemblea generale dell’Aiad, la federazione guidata da Guido Crosetto che riunisce le aziende italiane dell’aerospazio, difesa e sicurezza. Con i numeri uno di Leonardo e Fincantieri, Alessandro Profumo e Giuseppe Bono, e il capo di Stato maggiore della Difesa Enzo Vecciarelli, il caccia europeo del futuro è stato solo uno dei tanti dossier toccati dall’evento. In platea, c’erano d’altra parte molti volti della Difesa nazionale, con il sottosegretario del M5S Angelo Tofalo, e i vertici delle Forze armate: Alberto Rosso per l’Aeronautica, Salvatore Farina per l’Esercito e Giuseppe Cavo Dragone da poco alla guida della Marina. C’erano anche il segretario generale della Difesa Nicolò Falsapena, il numero uno del Dis Gennaro Vecchione, il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Giorgio Saccoccia e il consigliere militare di palazzo Chigi Carlo Massagli, oltre a una rappresentanza di parlamentari e tanti vertici delle aziende del settore. Insomma, un’occasione veramente ghiotta per fare il punto sullo stato di salute della Difesa italiana.

SERVONO SINERGIE STRUTTURATE

Nonostante sfumature e accenti diversi, tutti gli intervenuti hanno comunque concordato su un punto: occorre che le varie componenti del comparto lavorino insieme e in sinergia. “L’industria della Difesa – ha spiegato Crosetto – non ha futuro se le scelte strategiche in questo campo non vengono fatte dal Paese”. Si tratta di “coinvolgere le Forze armate, il governo e il Parlamento, con un processo che si declina innanzitutto attraverso decisioni finanziarie”. Così, ha notato il presidente dell’Aiad, “il fallimento del ministro Difesa nello spiegare ai colleghi quanto siano fondamentali gli investimenti nel settore diventerebbe un fallimento di tutta la difesa, dell’industria e, nel medio-lungo termine, anche dello Stato e della sua credibilità nei consessi internazionali”.

“L’IMPEGNO DEL GOVERNO”

Ma c’è di più. “L’industria della Difesa – ha affermato il ministro Trenta – rappresenta uno dei settori trainanti e maggiormente competitivi dell’economia nazionale”. Per questo, ha assicurato, “l’impegno per valorizzare questo settore rappresenta una priorità per il governo e per la Difesa in particolare”, nonché nell’obiettivo di tendere “verso una base industriale sempre più solida, moderna ed efficace”. Lo scorso 19 giugno, ha ricordato la Trenta, è arrivato il “decreto che prevede la redazione del documento contenente la Strategia industriale e tecnologica (Sit) della Difesa”. Nel tener conto “delle esigenze operative delle Forze armate e delle potenzialità dell’industria – ha aggiunto – dovrà rappresentare la base su cui orientare le azioni discendenti relative alle politiche industriali della Difesa, anche al fine di orientare i conseguenti investimenti”.

I NUMERI DEL SETTORE

Su questo, ha notato Crosetto, “la scarsità di risorse impone al settore della difesa di uscire dalla penombra e di porsi come elemento fondamentale del sistema industriale del Paese e della sua strategia per contare nei consessi internazionali”. D’altra parte, sono i numeri a parlare. Per quanto riguarda l’Aiad, come federazione conta oltre 16,2 miliardi di euro di prodotti, con un valore aggiunto di circa 5 miliardi, e il 70% della produzione destinata all’export (dato inevitabile, viste le ristrettezze del budget nazionale). Le aziende federate occupano più di 50mila persone, che salgono a 230mila se si considerano gli occupati indiretti e l’indotto. Ben 1,5 miliardi sono spesi in ricerca e sviluppo, mentre il gettito fiscale complessivo supera i 5 miliardi. Così, ha detto la Trenta, “sono convinta che la Difesa debba essere il volàno dello sforzo sistemico”, lo stesso invocato a gran voce da tutti i partecipanti all’evento.

L’ASSE FRANCO-TEDESCO

In più, ci sono le tante sfide all’orizzonte, a partire da quelle che si muovono nel Vecchio continente. Francia e Germania hanno già palesato l’ambizione di guidare la nascente Difesa europea, mettendo in campo sforzi istituzionali di tutto rispetto per supportare i rispettivi comparti industriali. Lo dimostra, ha ricordato Crosetto, l’annuncio più recente di Emmanuel Macron per il nuovo comando militare dedicato allo spazio e la nascita di un’Arma AeroSpaziale. “Portare in avanti il perimetro delle Forze armate – ha notato il presidente dell’Aiad – non è irrilevante e dà atto della strategicità del settore e di come il Paese lo voglia portare avanti, magari anche escludendo lo spazio dalle aree su cui non si possono applicare aiuti di Stato”. Testimonia “il desiderio di prendersi uno spazio politico maggiore”.

EUROPEISMO?

Difatti, gli ha fatto eco Giuseppe Bono, ad di Fincantieri, “se continua così, l’asse del futuro su cui si baserà la difesa europea sarà franco-tedesco; è sicuro come la morte, visto che noi non siamo sui programmi che stanno portando avanti”. L’Italia deve dunque muoversi al più presto. “I grandi programmi del settore – ha notato l’ad di Leonardo Alessandro Profumo – o saranno europei, o non saranno”. Una linea condivisa da Bono: “Senza difesa europea, non andiamo da nessuna parte; c’è bisogno che l’Europa investa dei soldi, ma non a pioggia come fatto in passato”. Poi, ricordando la partecipazione al varo del nuovo sottomarino francese, l’ad del Gruppo di Trieste ha sorpreso un po’ tutti con il riferimento all’F-35, ricordando la sua contrarietà al programma ai tempi in cui guidava Finmeccanica.

VERSO IL CACCIA DI SESTA GENERAZIONE

In ogni caso, la sfida europea parte senza dubbio dal caccia di sesta generazione, quello su cui si definirà il futuro dell’industria aeronautica europea. “Che si chiami Tempest (progetto britannico su cui si attende a breve l’adesione della Svezia, ndr) o Fcas (il caccia franco-tedesco a cui ha aderito da poco la Spagna, ndr) non è una decisione che compete all’industria; all’industria spetta invece sottolineare che questo è il tempo di una scelta strategica, una decisione che non deve prendere solo il ministro della Difesa, ma complessivamente tutto il Paese”, ha chiarito Crosetto. Sul tema è intervenuta la Trenta nel suo intervento conclusivo. “Sebbene l’industria e l’Aeronautica abbiano fatto la loro scelta sul Tempest – ha detto – ho chiesto al ministro della Difesa francese di vedere le carte”, quelle relative all’Fcas. “Ci lamentiamo di non esserci perché non ci vogliono – ha rimarcato – ma io voglio almeno sedermi al tavolo e sentirmelo dire”. In più, ha aggiunto ammettendo il ritardo di una scelta italiana perché “stiamo decidendo del nostro futuro”, c’è l’obiettivo di “giocare di più in Europa”, elemento che spiegherebbe l’attesa per capire meglio le mosse di Parigi e Berlino.

I DUE MESSAGGI DI VECCIARELLI…

Il tema si lega al dossier delle alleanza strategiche, evidenziato invece dal capo di Stato maggiore della Difesa Enzo Vecciarelli. Si tratta delle alleanze tradizionali, quelle che collocano l’Italia nell’asse trans-atlantico e che “vorremmo continuare”. La difesa, ha affermato il generale, “ha bisogno di una strategia certa e di agire all’unisono con gli alleati, potendo disporre degli stessi mezzi che oggi non si esauriscono nell’hardware, ma che riguardano piattaforme molto più ampie”. Poi, il duplice messaggio alla politica e all’industria. Per la prima, Vecciarelli ha sottolineato “la nota dolente”, legata ai finanziamenti di cui hanno bisogno “l’innovazione e la cooperazione internazionale”. Il rischio, ha detto senza giri di parole, “è che il sistema nazionale collassi”, risultato di “un trend immutato da due decenni; vista l’aggressività con cui stanno reagendo i Paesi più industrializzati, rischiamo di finire nel girone di promozione”. Per l’industria, il generale ha invece lanciato “una sfida: dobbiamo fare il salto di qualità e uscire dalla comfort zone, poiché a volte si è stati incapaci di accettare il rischio di impresa o ci si è sentiti confortevoli all’interno della negatività del sistema”.

…E LA RISPOSTA DELL’INDUSTRIA

Una sfida “accettata” da Profumo, numero uno di Leonardo, “nella misura in cui siamo tutti trasparenti nel capire quale sia la zone”. Ancora una volta, ha aggiunto, significa “decidere come Paese quali capacità dobbiamo difendere, consapevoli che altre le dovremmo abbandonare; se vogliamo essere dappertutto, rischiamo di perdere su tutti i fronti”. È dunque davvero il momento “delle grandi scelte sui grandi programmi”. Come industria, ha detto concludendo il manager, “dobbiamo rappresentare in modo trasparente i nostri interessi; lo faremo con la consapevolezza della responsabilità verso il Paese, le future generazioni e le Forze armate”.

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