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Se Erdogan tira dritto sull’S-400, Trump gioca la carta del libero scambio

Si arricchisce di nuovi elementi il complesso quadro dei rapporti tra Stati Uniti e Turchia. Dopo l’ultimazione della prima consegna del sistema russo S-400 ad Ankara, a muoversi sono i due presidenti, Donald Trump e Recep Tayyip Erdogan, per ora con un confronto che resta indiretto. Se il leader turco continua ad affiancare la determinazione sull’S-400 a messaggi che lasciano spazi per un futuro riavvicinamento, il tycoon aggiunge al suo mazzo due nuove carte: l’intermediazione del senatore Lindsey Graham e l’ipotesi di un accordo commerciale. Nel frattempo, slitta l’ipotesi di sanzioni.

LE PAROLE DI ERDOGAN

“Mi auguro che gli Stati Uniti si comportino nella maniera giusta, noi andiamo avanti per attivare S-400 ad aprile 2020”, ha affermato Erdogan nel corso di una riunione del partito Akp. Il riferimento è alle sanzioni che potrebbero arrivare dagli Usa, ma anche all’estromissione che Washington ha ormai ufficializzato per Ankara dal programma F-35. In ogni caso, ha ribadito il presidente turco, nel primo quadrimestre del prossimo anno la Turchia avrà i radar da rilevazione, le unità di controllo, le batterie per il lancio dei missili e i radar da combattimento, cioè le quattro diverse componenti dell’intero sistema di difesa aerea.

LA QUESTIONE F-35

Sul caccia di quinta generazione, Erdogan ha rilanciato l’ipotesi presentata qualche giorno fa dal ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu: “Se non ci danno gli F-35 cercheremo altre soluzioni e ci guarderemo intorno”. Nessun alternativa al velivolo è stata esplicitata dal presidente, anche se tutti i segnali sembrano indicare il riferimento al caccia pesante russo Su-35. La disponibilità di Mosca è chiaramente totale, vista l’appetibile opportunità di inserire un’altra spina nel fianco del tradizionale rapporto tra Stati Uniti e Turchia, nonché nella solidarietà dell’Alleanza Atlantica. Si inserisce in tale contesto l’ultima notizia dalla Russia.

LA SPONDA RUSSA

Alexander Mikheev, numero uno di RosoboronExport (l’agenzia che si occupa delle esportazioni russe in materia di Difesa) ha esposto la possibilità che la fornitura dell’S-400 apra a nuove collaborazioni tra Ankara e Mosca: “Ha rafforzato non solo la rete di difesa aerea turca, ma anche il partenariato strategico tra i nostri due Paesi”. Ciò riguarderebbe alcuni segmenti del comparto difesa: “Ci potrebbero essere vantaggi reciproci anche nell’area della fabbricazione di elicotteri e nel campo dell’aviazione”. La proposta sembra offrire una sponda alle preoccupazioni dell’industria turca relativa all’uscita dal programma F-35. Con un piano per 100 velivoli, la partecipazione di Ankara garantiva lavoro significativo alle aziende nazionali, ora chiaramente compromesso dall’estromissione ufficializzata da Washington. Per questo, Mikheev ha spiegato di essere già “in trattative per continuare la cooperazione su questo tema, compresa l’organizzazione della produzione autorizzata di alcune parti del sistema S-400 in Turchia”.

SEGNALI DI DISTENSIONE?

Eppure, altri segnali dalla Turchia lasciano l’impressione che si voglia tenere la porta aperta a una soluzione della diatriba con gli Usa. Funzionari del ministero della Difesa turca hanno fatto sapere all’agenzia di stampa Anadolu che il dicastero è ancora impegnato in colloqui con gli Stati Uniti per procurarsi il sistema di difesa Patriot, lo stesso che Washington propone da almeno otto anni allo storico alleato. In più, hanno aggiunto gli stessi funzionari, la Francia dispiegherà lungo il confine meridionale del Paese una batteria Samp-T, il sistema di difesa missilistica sviluppato dal consorzio franco-italiano EuroSam. Un riferimento non scontato, quasi a voler sottolineare che la Turchia resta comunque integrata nel sistema di difesa dell’Alleanza Atlantica, proprio come specificato dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg nel suo tentativo di rassicurazione della scorsa settimana.

LA MOSSA DI TRUMP

Nel frattempo, anche Donald Trump ha fatto la sua mossa, affidando il dossier nelle mani dell’esperto repubblicano Lindsey Graham, senatore per la Carolina del Sud. Il mandato aggiunge un nuovo tassello alla strategia americana per recuperare le distanze (al momento incolmabili) con il governo turco. “Il mio passo in Turchia – ha detto Graham raccontando il colloquio telefonico con Cavusoglu – è stato di dire: fermiamoci sull’S-400 e iniziamo i negoziati per l’accordo di libero scambio”. La speranza, ha aggiunto, “è convincere la Turchia a non attivare il sistema perché sarebbe dirompente per i rapporti che abbiamo”. E se le sanzioni sono il bastone, l’accordo commerciale è la carota. “Penso che ci sia spazio per fare un accordo di libero scambio se non attiviamo il sistema”.

L’ACCORDO SUI TEMPI

Per quanto riguarda l’approccio sanzionatorio, Graham ha confermato la minaccia, ma specificando che le misure “non devono essere applicate” nel caso in cui “non attivino l’S-400”. È una novità rilevante, visto che l’attivazione è prevista, come specificato dallo stesso Erdogan, ad aprile 2020. L’impressione è che indirettamente entrambe le parti abbiano accettato una sorta di ultimatum, aprendo una finestra temporale piuttosto ampia per risolvere la questione. D’altra parte, subito dopo aver ufficializzato l’uscita della Turchia dal programma F-35, la Casa Bianca specificava che sarebbe stata definitiva a marzo del prossimo anno. Insomma, un accordo sulle tempistiche sembrerebbe esserci.

DA “CONSEGNA” AD “ATTIVAZIONE”

Bisognerà tuttavia capire come le varie amministrazioni americane reagiranno alla proposta di un accordo di libero scambio, considerando che Congresso, dipartimento di Stato e Pentagono sono apparse spesso propendere per la linea dura nei confronti di Ankara. Intanto, però, un allineamento sul passaggio da “consegna” a “attivazione” del sistema S-400 come elemento per far scattare le sanzioni sembra esserci. La linea è stata infatti condivisa dal segretario di Stato Mike Pompeo: “Potrebbero esserci più sanzioni in seguito, ma francamente ciò che vorremmo davvero è che l’S-400 non diventi operativo; questo è il nostro obiettivo, quello di cui abbiamo parlato con i turchi per mesi e mesi”. Da segnalare tuttavia resta la tensione interna all’amministrazione sulla scelta di Trump di affidare l’incarico di interloquire con Cavusoglu a Graham, superando diversi dipartimenti. Non è però la prima volta. Già la scorsa settimana, fu il senatore Rand Paul a incontrare il capo della diplomazia iraniana.

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