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La farmaceutica è un’eccellenza, non facciamola scappare. Parola di Garavaglia

Di Massimo Garavaglia

Nel settore farmaceutico le variabili fondamentali sono tre: i soldi, e dunque le risorse, il tempo e le regole. Senza queste, il sostegno al Pil – che regola in un certo senso tutte le nostre azioni – viene meno. Il fattore tempo è fondamentale poiché è a esso che sono legate le attività di programmazione di spesa e di budget, importantissime per un funzionamento efficiente del sistema. Per quanto riguarda le regole, è ormai noto e condiviso quanto importante sia avere norme che siano chiare, certe e semplici. La percezione che si ha, invece, è che sia tutto più complesso di quanto potrebbe o dovrebbe essere.

Per ogni elemento del sistema vengono create migliaia di regole al fine di controllare e verificare ogni singolo dettaglio; ciò, però, genera un sistema dove il personale destinato al controllo di chi lavora è superiore al personale che lavora. Tra l’altro, per assicurare un controllo efficace, basterebbe verificare due elementi, quali cassa e tempi di pagamento. Se un’azienda ha la cassa e rispetta i tempi di pagamento, allora funziona. Se invece uno dei due dati è mancante, vuol dire che c’è un problema. Immettendo nel sistema regole su regole, quest’ultimo è stato complicato all’inverosimile, comportando tra l’altro una serie di distorsioni tipiche del nostro Paese. Per quanto concerne invece il payback, altra nota dolente del nostro sistema, ritengo che siano stati fatti, e si stiano facendo, ampi passi avanti rispetto alla situazione preesistente.

Ma l’obiettivo personale e finale è semplice e banale, ovvero l’utilizzo della fatturazione elettronica come strumento unico per acquisire tutti i dati necessari. Ad oggi ci stiamo lavorando e speriamo di raggiungere il traguardo in tempi brevi. Anche in questo caso, però, è la semplicità delle regole a fare la differenza. Se infatti il sistema è ingessato da un numero elevato di regole complesse, la possibilità di incorrere in eventuali ritardi e malfunzionamenti aumenta, soprattutto nel caso di investimenti internazionali, ove lo strumento del payback risulta non solo articolato, ma quasi incomprensibile.

Bisogna analizzare, infine, la questione dei soldi. Nel fondo sanitario c’è stato un calo di risorse che ha generato un’ondata di timore generalizzato. Quello di cui non ci si rende conto, però, è che avendo un sistema universalistico – di cui vado e di cui c’è da andare fieri – non c’è mai grasso che cola, anzi. Eppure, continua a essere condiviso il pregiudizio secondo cui vi siano ampi spazi e possibilità enormi di risparmio. Ma non è così. Il problema, tra l’altro, non sono le risorse, bensì il loro utilizzo. La spesa sanitaria, infatti, funziona in Italia a macchia di leopardo, con zone particolarmente efficienti e zone dove il sistema è fallace. La questione, dunque, non è rappresentata dal budget, che è rinomatamente basso. Ma dal modo in cui viene speso, perché andrebbe speso meglio.

Andando ad analizzare il budget, dunque, ci si rende conto che vanno fatte delle scelte. La prima è sicuramente quella di non andare al di sotto dei limiti già raggiunti. Negli ultimi anni, infatti, è stato interrotto il trend positivo di crescita del Fondo sanitario sul Prodotto interno lordo, con un taglio di mezzo punto di Pil, pari a 8 miliardi di euro in meno. Si è trattato ovviamente di una scelta politica, ma si può pensare, successivamente alla fase di stabilizzazione che stiamo vivendo, a una ripresa del trend positivo in un futuro non troppo lontano. Dobbiamo ricordare, però, che quando si parla di conti pubblici nell’ambito della spesa sanitaria e farmaceutica, vi sono in gioco delle vite.

Quando ricoprivo la carica di assessore alla Regione Lombardia, se ci fossimo fermati ai vincoli di budget, probabilmente le 3mila persone che abbiamo salvato dall’epatite non sarebbero qui. Avremmo senza dubbio rispettato il principio contabile, ma avremmo perso 3mila persone. Pur rammentando sempre, dunque, l’importanza del budget, quando si parla di sanità bisogna sempre tenere a mente le priorità fondamentali. E proprio nell’ambito delle priorità, c’è un esercizio di fondamentale importanza che andrebbe fatto. Ovvero, cambiare la prospettiva da cui si osservano le cose.

Il tema farmaceutico viene sempre affrontato dal punto di vista della spesa, e mai da quello dei ricavi. Si guarda, ovvero, sempre al costo di un’operazione senza valutarne, però, le ricadute positive a medio e lungo termine. Per cui, nel momento in cui si effettua un’analisi costi-benefici di un investimento, nel campo sanitario come altrove, bisogna tener conto delle risorse che fa “uscire”, ma anche di quelle che fa risparmiare. Per quanto riguarda la ricerca, infine, ritengo vada fatto ordine fra le competenze delle istituzioni del nostro sistema. In Italia abbiamo l’Istituto superiore di sanità, l’Agens e l’Aifa, senza però aver definito in maniera chiara e definitiva le specifiche competenze di ognuno di essi. Urge una riorganizzazione delle stesse.

Ricordiamo, infine, l’importanza dell’innovazione, che genera investimenti e, di conseguenza, qualità della vita e innalzamento del Pil. Il comparto farmaceutico rappresenta una delle eccellenze nazionali e, potenzialmente, una grande opportunità per la competitività nazionale. Non facciamocela scappare.

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