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Anche l’India ci prova. Ecco la nuova corsa alla Luna

È iniziato il viaggio indiano verso la Luna. A due giorni dalle celebrazioni per i cinquant’anni della missione Apollo 11, Nuova Delhi ha ripresentato al mondo le ambizioni di potenza spaziale, puntando dritta verso il nostro satellite naturale. Dopo il fallito tentativo della scorsa settimana, a causa di problemi tecnici, il lancio del vettore GSLV-MkIII è avvenuto con successo questa mattina dalla base spaziale di Sriharikota, nello Stato centro-orientale dell’Andhra Pradesh. L’obiettivo della missione Chandrayaan-2 è sfidante, oltre che di chiara valenza strategica: portare una rover nei pressi del polo sud lunare. In caso di successo, l’India diventerebbe il quarto Paese a mettere morbidamente piede (robotico) sul nostro satellite naturale, seguendo così Stati Uniti, Cina e Russia.

LA MISSIONE

La missione dall’agenzia spaziale indiana, l’Isro, è complessa. Dopo un viaggio di due mesi, la sonda orbitante si stabilizzerà a un orbita di circa 100 Km dalla superficie lunare. Allora, si staccherà il lander denominato Vikram (in onore del padre del programma spaziale indiano Vikram Srabhai), chiamato ad allunare dolcemente per evitare danni a Pragyan, il rover robotico che passerà quattordici giorni terresti a raccogliere campioni della superficie per analisi da remoto. Nel frattempo, la sonda orbitante continuerà a lavorare, mappando il satellite e studiando la composizione della sua flebile atmosfera. La missione segue la Chandrayaan-1 lanciata nel 2008. Allora, oltre a un orbiter che operò per qualche mese (non senza problemi), ci fu il ruvido allunaggio del Moon Impact Probe, la sonda che cadde in modo controllato (ma violento) sul suolo lunare per raccogliere i dati per futuri sviluppi. Intorno al 2023 è prevista Chandrayaan-3, i cui obiettivi sono tuttavia ancora sconosciuti.

AMBIZIONI “SPAZIALI”

In ogni caso, la programmazione lunare dimostra le ambizioni di Nuova Delhi nel settore spaziale, tra l’altro ben avviate in ogni segmento. Tra gli obiettivi c’è infatti anche l’invio dei primi astronauti indiani nello spazio entro il 2022, nonché il lancio di una stazione spaziale da far orbitare intorno alla Terra intorno al 2030. Nel mirino c’è pure il Piante rosso. Nel 2014, l’India fu il primo Paese asiatico a raggiungere Marte con una sonda orbitante famosa soprattutto per il costo estremamente ridotto (si parla di 74 milioni di dollari). Particolarmente attivo è il settore dei lanciatori, che si interseca allo sviluppo di tecnologie balistiche intrapreso dall’India da diversi anni ben oltre la storica competizione con il Pakistan, e dunque con riferimenti più ampi di quelli puramente regionali.

GLI ASPETTI MILITARI

D’altra parte, che l’attenzione spaziale sia anche per gli aspetti militari lo ha chiarito senza dubbio il test dello scorso marzo, accolto come un grande successo dal premier Narendra Modi. Fu proprio lui ad annunciare l’abbattimento di satellite in orbita bassa ormai in disuso tramite un “nuovo sistema missilistico balistico”, lanciato dalla base spaziale dell’isola Abdul Kalam, a pochi chilometri dalle coste dello Stato indiano di Orissa, nel Golfo del Bengala. Anche in quel caso, l’India ha seguito le orme di Usa, Cina e Russia, gli unici altri tre Paesi ad aver dimostrato l’acquisizione di capacità anti-satellite (Asat), considerate al centro delle nuove guerre stellari, quelle che estenderanno i confronti terresti oltre i confini dell’atmosfera.

LA NUOVA CORSA ALLO SPAZIO…

Il trend sembra essere ormai assodato. Dopo la Space Force targata Donald Trump, più di recente è arrivato l’annuncio di Emmanuel Macron per il nuovo comando spaziale francese, lo stesso che trasformerà l’Aeronautica transalpina in Forza aerospaziale. Gli aspetti prettamente militari confermano che la corsa allo Spazio ha ripreso i colori competitivi della Guerra fredda. Rispetto al confronto tra Usa e Unione sovietica, tuttavia, gli attori che vogliono ritagliarsi una parte da protagonista sono di più. Inoltre, il ruolo di principale competitor americano non è più nella mani di Mosca. È piuttosto in quelle di Pechino, che può contare su solidi finanziamenti e su una programmazione di lunghissimo periodo capace di superare ogni riferimento pluriennale adottato da Paesi democratici in cui si alternano governi differenti.

…E ALLA LUNA

Per alcuni osservatori, non è un caso che gli Stati Uniti abbiano deciso di accelerare il programma di ritorno sulla Luna poco dopo l’arrivo, lo scorso gennaio, della sonda cinese Chang’e 4, quella che fece della Cina il primo Paese ad arrivare sul lato nascosto del satellite naturale. Tra l’altro, la fase uno fase del programma Artemis della Nasa (con l’obiettivo di riportare l’uomo sulla Luna entro il 2024) è il Lunar Gateway, la stazione in orbita cislunare che permetterà di osservare anche cosa accade su quello stesso lato nascosto. Alla nuova corsa alla Luna si aggiunge ora anche l’India, sebbene con programmi di peso decisamente minore rispetto a quelli Usa e cinesi. In ogni caso, l’approdo del lander indiano sul polo sud lunare potrebbe sfilare il primato agli americani, che proprio lì hanno puntato per la creazione di una base permanente in virtù della presenza abbondante di ghiaccio su cui costruire appositi sistemi di supporto alla vita.

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