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L’F35 diplomacy fa tappa in Italia (con Uk e Usa). Ecco come

Una doppia esercitazione con Stati Uniti e Regno Unito per testare l’interoperabilità della quinta generazione e rafforzare i rapporti tra le Forze armate. Sono stati questi gli obiettivi dell’intensa giornata addestrativa degli F-35 italiani del 32° Stormo dell’Aeronautica militare, che abbiamo potuto seguire a bordo di un C-130 dell’Arma azzurra. Due distinte manovre convogliate poi nella base di Amendola, in provincia di Foggia, la stessa da cui lo scorso novembre il capo di Stato maggiore Alberto Rosso dichiarò la capacità operativa iniziale degli F-35 dell’Aeronautica, prima forza armata in Europa a farlo, seguita dopo alcune settimane dalla Raf britannica.

UNA “PRIMA VOLTA” OPERATIVA

Le due attività addestrative bilaterali sono state “il primo incontro operativo di questo tipo”, ci ha spiegato una volta a terra nella base pugliese il comandante del 32° Stormo Davide Marzinotto. L’obiettivo è stato “consolidare le procedure di coalizione e interoperabilità tra Forze armate dei Paesi più rilevanti del programma F-35”. La grande novità è stata sul piano logistico, con la base di Amendola a supportare le attività dei velivoli di tre Paesi. Gli F-35 britannici arrivavano da Cipro, mentre quelli americani dalla Germania. “Significa – ha detto Marzinotto – poter operare con la massima efficacia da basi differenti”, e questa è “una strada che avrà grande futuro”. Difatti, in prospettiva, tutti gli utilizzatori del velivolo potranno usufruire del supporto logistico delle basi presenti in Paesi partner del programma. Ciò vale per tutte le versioni dell’F-35, considerando che i velivoli italiani in versione convenzionale (A) hanno operato con quelli britannici in versione a decollo corto e atterraggio verticale (B).

LE CAPACITA’ DEL VELIVOLO

Le attività, ha rimarcato Maurizio De Guida, comandante del 13° Gruppo che ha preso parte alle esercitazioni, hanno rappresentato “una prova di maturità per un sistema che non è solo l’aeroplano, poiché va inserito in tutto il contesto operativo e organizzativo della Forza armate e delle Forze armate”. Da quando il Gruppo ha ricevuto l’F-35, “i risultati sono sempre stati oltre le aspettative”. Basti pensare, ha aggiunto, che nel preparare le attività con i britannici, con John Butcher, comandante del 617 Squadron della Raf, “abbiamo parlato degli aspetti tattici della missione per soli dieci minuti; non lo avremmo potuto fare con nessun altro velivolo”. È stata “una missione difficile – ha spiegato De Guida – condotta con una semplicità che, non vorrei esagerare, ma mi è sembrata quasi imbarazzante”. Difatti, gli ha fatto eco Marzinotto, “la macchina è così avanzata che per addestrarsi la missione deve essere sfidante e la contrapposizione deve presentarsi con complessità molto alta”.

LA DIPLOMAZIA DEGLI ADDESTRAMENTI CONGIUNTI

D’altra parte, oltre agli aspetti operativi delle esercitazioni, ci sono quelli strategici e di visione. Attività addestrative tra Forze armate rafforzano i legami tra Paesi, supportano l’elaborazione di pensieri strategici comuni e consolidano l’Alleanza di cui tali Stati sono parte. Ciò vale in particolar modo per il Joint Strike Fighter, programma internazionale che si basa proprio sulla comunanza di obiettivi tra i partner. Non è un caso che la divergenza geopolitica tra Ankara e Washington, oltre alla consegna dell’S-400 russo, si ripercuota proprio sulla partecipazione turca al programma F-35. È la diplomazia dell’addestramento congiunto militare, che stabilisce legami operativi su visioni condivise.

LE ESERCITAZIONI…

Nello specifico, la giornata d’addestramento convogliata poi ad Amendola si è divisa in due fasi. Prima, due F-35 A dell’Arma azzurra hanno volato insieme ad altrettanti F-35 B della Royal Air Force britannica, arrivati per l’occasione dalla base cipriota di Akrotiri, dove hanno compiuto diverse sortite insieme ad altri quattro Jsf di Sua maestà. Poi, nel pomeriggio, l’esercitazione più complessa: quattro F-35 A italiani hanno operato con quattro F-35 A statunitensi provenienti dalla base tedesca di Spangdalhem. Insieme a loro, si sono alzati in volo anche diversi altri assetti dell’Aeronautica italiana, così da sperimentare l’integrazione tra gli avanzati Joint Strike Fighter e velivoli di generazioni precedenti. Sui cieli italiani c’erano i caccia Eurofighter e Amx, l’addestratore T-346A e il tanker KC-767.

…E GLI OBIETTIVI

Si è trattato di “un’importante opportunità per potenziare l’interoperabilità tra i tre Paesi coinvolti”, ha notato l’Aeronautica italiana. D’altra parte, “l’interazione tra Forze aeree che utilizzano lo stesso velivolo di quinta generazione consente di condividere esperienze addestrative e operative che garantiscono un eccezionale valore aggiunto per consolidare e unire i rapporti nell’Alleanza Atlantica”. A ciò si aggiunge l’ottimizzazione delle risorse, garantita dalla condivisione della logistica e delle infrastrutture addestrative per il personale riunito in un’unica esercitazione. È il concetto di “Supporto Logistico Avanzato”, un avanzato sistema di gestione del velivolo che punta a garantirne la massima disponibilità in termini di efficienza e rateo di utilizzo, semplificando i processi di manutenzione.

IL SISTEMA ALIS

Nello specifico, il velivolo si interfaccia con il sistema informatico di logistica integrata, denominato Alis, il quale consente di gestire richieste, movimentazioni e distribuzioni delle parti di ricambio su scala globale. È una condivisione “essenziale” per Marzinotto, poiché permette di “supportare la flotta in tutto il mondo”. Nessuna preoccupazione per informazioni che i singoli Paesi non vogliono condividere. Alis “sta evolvendo ed evolverà – ha notato il comandante di Stormo – l’importante è che può già permettere di selezionare i dati che sono di esclusivo interesse nazionale”. Gli altri vengono condivisi “per il buon funzionamento della flotta globale”, ad esempio per quanto riguarda la possibilità di manutenere velivoli anche presso basi di altri Paesi.

IL PERCORSO DELL’AM

Per l’Italia le attività con Usa e Uk confermano lo stato di avanzamento del programma. Già da marzo dello scorso anno, gli F-35 in dotazione al 32° Stormo di Amendola sono stati integrati nel sistema di Difesa aerea nazionale, contribuendo “con specifiche capacità operative e tecnologia di ultima generazione alla difesa dei cieli italiani”, notava l’Aeronautica. Nel dicembre del 2016, il 13° Gruppo fu il primo in Europa a ricevere il velivolo. Le attività sui cieli italiani con americani e inglesi si aggiungono poi alle diverse esercitazioni già compiute per gli F-35 dell’Am. Lo scorso marzo, sei velivoli dello Stormo sono volati a Istrana, nel trevigiano, per partecipare all’esercitazione “Lightning Thunder Over Europe”. Per circa una settimana, hanno da lì operato per raggiungere il Poligono elettronico “Polygone” di Bann in Germania, testando la capacità di rischieramento in modalità “out & back” nonché l’abilità di condurre attività di volo sostenuta al di fuori della “home base”.

IL FRONTE INTERNAZIONALE

Non è un caso dunque che i numeri internazionali del programma continuino a salire con rapidità, sospinti pure dalle notizie incoraggianti che sono giunte nell’ultimo periodo da Belgio, Giappone, Singapore e Polonia, tutti intenzionati ad acquistare il velivolo. La flotta globale ha superato da alcune settimane le 200mila ore di volo, mentre le previsioni aggiornate indicano che, entro il 2023, ci saranno più di mille F-35 in volo da oltre 40 basi e unità navali in tutto il mondo. Oggi ci sono dieci Paesi che operano gli F-35 da 17 basi, con sette Forze armate che ne hanno dichiarato la capacità operativa iniziale.

IL PROGRAMMA ITALIANO

Per quanto riguarda il programma italiano, i numeri sono quelli già illustrati di recente a palazzo Madama dal ministro Elisabetta Trenta: acquisizione di complessivi 28 velivoli entro il 2022, di cui 13 consegnati. Secondo l’ultimo Documento programmatico pluriennale 2019-2021 della Difesa, in via di rilascio, saranno “22 a decollo convenzionale, 6 a decollo corto e atterraggio verticale, gli ultimi dei quali in consegna negli anni 2022-2023”. Tutti sono parte della Fase 1 del programma, quella della produzione a basso rateo che dovrebbe terminare l’anno prossimo. Per l’anno in corso sono previsti 690 milioni, destinati a salire a 895 nel 2020.

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