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L’arma (spuntata) dello sciopero merita una riflessione. Il commento di Giuliani

Il garante degli scioperi si era appellato al senso di responsabilità delle sigle sindacali, nel chiedere lo spostamento ad altra data dello sciopero in programma domani e il 26 luglio. Come il ministro dei Trasporti Toninelli, si è visto opporre un secco e sdegnoso rifiuto. Evidentemente, quello che manca non è tanto il senso di responsabilità, piuttosto il senso della realtà.

Un Paese reduce dalla giornata da tregenda vissuta dal trasporto ferroviario, per gli attentati di lunedì mattina, domani vedrà le città bloccarsi. Alla vigilia di un weekend di grande esodo, poi, dovrà fare i conti con lo stop degli aerei. Tutto questo, appare semplicemente intollerabile.

Nessuna persona sana di mente può mettere in discussione il diritto di sciopero, al contempo nessuno dovrebbe arrogarsi il diritto di rendere impossibile la vita a milioni di cittadini. Oltretutto, in una delle giornate più calde degli ultimi 25 anni. Un’indifferenza che fa male.

L’uso dell’arma dello sciopero merita ormai da tempo una profonda riflessione. Chiaramente spuntata, sembra essere vissuta come un riflesso di un’era rimpianta da capi e capetti dei sindacati odierni. Il nulla che invariabilmente segue i ben cadenzati scioperi nei trasporti testimonia il ruolo pericolosamente vicino alla irrilevanza delle organizzazioni dei lavoratori, nella società italiana di oggi. Prima ne prendiamo atto, senza inutili ipocrisie e senza ricorrere alle solite frasi fatte, prima ci faremo un favore bello grande.

Si è detto per tanto tempo che i sindacati fossero più che altro impegnati a fare politica. L’amara considerazione di oggi è che ormai non vengano troppo considerati neppure per questo. Persino Maurizio Landini, un tempo star indiscussa dei talkshow, ora istituzionalizzato ai vertici della Cgil affascina molto meno i salotti e ha visto ridursi la propria esposizione mediatica.

Del resto, se l’unica strada conosciuta da una giungla di sigle resta lo sciopero sempre e comunque, c’è poco da scommettere su un’evoluzione al passo con i tempi.

L’insensibilità mostrata oggi è stata una brutta pagina del rapporto del sindacato con la società, di cui è o dovrebbe essere un indispensabile corpo intermedio. Si sta scavando un solco, che non potrà essere riempito di vuoti slogan e stanchi riti persi nel tempo.



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