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Libia, rapita una parlamentare anti-Haftar. Ancora caos a Bengasi

Di Ferruccio Michelin

Unsmil, la missione di sicurezza delle Nazioni Unite in Libia, ha diffuso un comunicato in cui dichiara di essere “seriamente preoccupata” e di seguire da vicino i resoconti sulla scomparsa di Siham Sergewa, deputata della Camera dei Rappresentanti, l’unico organismo elettivo in funzione in Libia esiliatosi nel settembre 2014 a Tobruk.

Sergewa, che ha preso pubblicamente posizioni critiche contro il signore della guerra dell’Est libico, Khalifa Haftar, riguardo al suo avventurismo su Tripoli (la campagna lanciata per conquistare la capitale, dove è insediato un governo protetto dall’Onu), sarebbe stata rapita nella sua casa di Bengasi ieri sera. Uomini a volto coperto sono entranti, hanno ferito suo marito e a quanto viene raccontato da fonti libiche li hanno portati via insieme alla figlia.

Per il governo onusiano di Tripoli s’è trattato di un blitz compiuto da una squadraccia dei servizi di sicurezza di Haftar, che a Bengasi si muovono con assoluta disinvoltura essendo quella la roccaforte del potere militarista con cui il generale freelance tiene sotto scacco la Cirenaica.

“La scomparsa forzata, l’arresto illegale e il rapimento basati su opinioni politiche o affiliazioni costituiscono un duro colpo per lo Stato di diritto e palesi violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani”, ha dichiarato UNSMIL.

Sergewa è una psicologa che aveva lavorato anche per assistere, e indagare, la situazione delle donne in Libia, soprattutto quelle detenute nei campi per migranti. Ieri aveva partecipato a un meeting al Cairo insieme ad altri rappresentanti libici – l’Egitto è un paese che sostiene Haftar e le sue ambizioni, ma preserva un contatto con il tessuto politico all’interno della Libia.

La parlamentare è una delle poche voci del dissenso interno alla Cirenaica rispetto al piano egemonico haftariano, posizione espressa non più tardi del 16 luglio durante un’intervista televisiva – secondo le forze politiche tripoline sono state proprio queste recenti dichiarazioni a far scattare la missione punitiva.

Tuttavia il contesto libico è molto complesso. I rapimenti sono un elemento comune: vengono utilizzati dai gruppi armati locali per chiedere riscatti, e anche lo Stato islamico – un tempo forte, ora relegato a realtà clandestina dedita alla guerriglia – li usa come arma di ricatto politico e bancomat per auto-finanziarsi.

Nelle settimane di battaglie a Tripoli, l’Is è tornato a mostrarsi, ha attacco molto spesso le forze haftariane e compiuto anche un attentato al centro di Bengasi. Non sarebbe stupefacente se contro Sergewa ci fosse stata un’azione organizzata dai miliziani jihadisti per creare ulteriore caos sul contesto libico.

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