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La partenza di Parmitano e l’allunaggio raccontati da Franco Malerba

Nei giorni che precedono il lancio, prevale la concentrazione. Nell’isolamento necessario per evitare anche solo un raffreddore, si lavora sui dettagli, con un ultimo ripasso delle tante attività che si eseguiranno in orbita. È così che Franco Malerba, il primo astronauta italiano a volare oltre l’atmosfera, ci ha spiegato gli ultimi momenti di Luca Parmitano prima della partenza per la seconda missione a bordo della Stazione spaziale internazionale. Nel 1992, Malerba trascorse nello spazio circa otto giorni, tutti a bordo dello Space Shuttle Atlantis per la missione STS-46, con il compito di effettuare l’esperimento italiano Tethered Satellite System (Tss-1) meglio conosciuto come il “satellite al guinzaglio”, deputato a sganciarsi dallo shuttle rimanendo attaccato tramite un cavo. Partendo dal cosmodromo russo di Baikonur il prossimo sabato, AstroLuca eseguirà invece una missione di lunga durata, con più di 200 esperimenti e il ruolo di comandante dell’Iss nella seconda parte della sua permanenza a bordo. Un viaggio che avrà inizio nel giorno del cinquantesimo anniversario della Luna, momento dall’alto valore simbolico di cui abbiamo parlato con Malerba.

Cosa starà provando Luca Parmitano in questi giorni? Quali emozioni passano prima del lancio?

Generalmente si è molto concentrati su ciò che deve succedere, anche se gli astronauti vengono di solito isolati e tenuti al riparo da eventuali malanni. Nel mio caso, prima della missione, eravamo addirittura in una sorta di quarantena, così da evitare ogni possibile contatto che avrebbe potuto portare a virus e batteri pronti a farci ammalare una volta in orbita. In ogni caso, nei giorni che precedono il lancio c’è ancora qualche ripasso con istruttori e tecnici. Alla Nasa hanno tutta una liturgia particolare, compresa la permanenza nella famosa “beach house” a Cape Canaveral, dove gli astronauti possono passare del tempo rilassati in riva al mare. Credo che a Baikonur sia leggermente diverso, anche se so per certo che anche i russi hanno le loro liturgie, compresa la benedizione del pope. Insomma, ognuno ha le proprie scaramanzie.

Non c’è ansia?

Non credo. Ho sentito Parmitano in diverse interviste e mi è sempre sembrato padrone di sé. È molto concentrato su quello che dovrà fare, e quindi non penso che viva questi momenti con particolare ansia. Nel suo caso si tratta inoltre della seconda missione in orbita, elemento che certamente aiuta a vivere la situazione con una certa calma.

Come per tutti i viaggi di astronauti italiani, c’è grande attesa da parte del pubblico nazionale. Si sente dallo Spazio il supporto del Paese?

Assolutamente sì. Nel mio caso, ricordo che c’era a Cape Canaveral pure un gruppo di cittadini del mio Paese d’origine, Busalla (in provincia di Genova), che si erano pagani il biglietto per assistere al lancio. Ancora una volta, a Baikonur potrebbe essere diverso. Non so in quanti potrebbero altrettanto facilmente arrivare nella steppa cosacca. In più, nel mio caso c’era anche un’alternativa positiva nel caso in cui il lancio fosse stato ritardato, con la possibilità di passare del tempo a Orlano o alla Disney. Non è comunque un fatto importante, anche perché non so se si può affermare che ci sia lo stesso gusto della scoperta rispetto al viaggio del primo italiano nello Spazio, accompagnato allora da un certo stupore. Oggi, per fortuna, è quasi di routine o almeno inserito in una sorta di rinnovamento che comunque non toglie importanza all’evento.

Tra l’altro, AstroLuca partirà nel giorno in cui, mezzo secolo fa, l’uomo arrivò per la prima volta sulla Luna.

In realtà, il fatto che la partenza di Parmitano coincida con il cinquantesimo anniversario del primo allunaggio non gioca tanto a favore dell’attenzione mediatica. Penso comunque che da sabato ne parleremo parecchio, anche nel Festival dello Spazio che organizziamo a Busalla dal 26 al 28 luglio prossimi. Nel corso della rassegna avremmo un aggiornamento sul programma che Parmitano si appresta a eseguire nello spazio, nonché un suo video messaggio registrato apposta per noi durante la fase di addestramento. In più, durante la sera del 27 faremo una specie di simulazione dell’allunaggio con un drone e, sperando che il cielo sia sereno, vedremo anche passare la Stazione spaziale internazionale. Sapere che a bordo ci sarà Luca renderà tutti un po’ più emozionati.

Anche perché il programma di Parmitano sarà piuttosto corposo.

Direi proprio di sì. Sarà impegnativo, con oltre 200 esperimenti e attività di manutenzione, duranti i quali sperimenterà anche il comando della Stazione spaziale. In condizioni normali, tale ruolo non dovrebbe rappresentare uno stress eccessivo. Tuttavia, nel caso in cui capiti qualcosa di anomalo, il comandante diventa un personaggio chiave.

Torniamo all’anniversario dell’allunaggio. Cosa è stato per lei e per la sua scelta di carriera quell’evento del 20 luglio 1969?

Purtroppo la deluderò. In quei tempi non era ragionevole pensare, a meno di essere particolarmente immaginativi, che l’opportunità del volo spaziale si sarebbe un giorno resa disponibile per altri oltre ad americani e sovietici. Allora sembrava che la partita si giocasse esclusivamente tra le due superpotenze, con noi in qualità di semplici osservatori, comunque interessati sia per ragioni geopolitiche, sia per una normale curiosità. Non posso dunque dire che mi ha ispirato. Come racconto nel libro Sono un astronauta, la mia fu una storia complicata prima di ottenere il biglietto per un viaggio spaziale, finalmente arrivato in età piuttosto avanzata dopo diverse vicissitudini.

Ci racconti meglio.

I miei sforzi per raggiungere la meta si intersecarono con la storia italiana. Nel 1977 vivevamo la crisi delle Brigate Rosso e poi del rapimento Moro, con conseguenze che influenzarono le scelte europee e non mi promossero al primo tentativo. Io partii poi nel 1992, alla vigilia di un’altra grave crisi con la Lira sotto scacco. Comunque, non entrai nel gioco delle attività astronautiche per caso. Avevo un profilo scientifico robusto, con un paio di lauree e un brevetto da pilota che non tutti potevano vantare nel gruppo di allora. Erano in ogni caso tempi diversi, in cui si passava da una situazione in cui eravamo passeggeri e spettatori, a un’altra di impegno sulla ricerca scientifica e tecnologica, dominante nel mio caso con la missione del satellite a filo.

Oggi l’Italia ha un peso maggiore?

Oggi abbiamo sicuramente un ruolo più importante tramite l’Agenzia spaziale europea (Esa), potendo inoltre contare su partnership affermate con Stati Uniti e Russia. A Colonia, l’Esa ha una centro apposito per gli astronauti, con infrastrutture dove possono addestrarsi e riconoscersi come corpo europeo. All’inizio dei nostri balbetti astronautici eravamo ancora passeggeri a bordo di missioni americane ed eventualmente russe. Da questo punto di vista c’è stata effettivamente una crescita, anche se ancora non possiamo contare sul trasporto europeo, dovendoci così affidare alle buone relazioni con americani e russi.

Le celebrazioni per l’allunaggio coincidono anche con il rilancio degli Stati Uniti per un ritorno sulla Luna. Il 2024 è una data credibile?

Tutto dipende dalla volontà e dalla quantità di risorse che metteranno in gioco, elementi ancora non del tutto visibili. Mi è capitato di recente di affrontare il tema con addetti ai lavori, che mi hanno fatto notare come il nuovo veicolo, lo Space Launch System (Sls) sia ancora in fase di test, mentre la capsula Orion (che servirà per trasportare gli astronauti, ndr) è stata costruita senza un obiettivo preciso, pensata nella fase di gestazione per andare a caccia di asteroidi o per servire stazioni lunari, o per entrambi. Inoltre, ancora non esiste un sistema di atterraggio che sia equivalente al Lem. Per una stazione orbitante chiaramente non serve, ma di fatto non ci sono al momento i mezzi per stabilire una base permanente. In definitiva, dovremmo vedere come cambierà il budget della Nasa nei prossimi mesi. Solo così si potrà capire l’evoluzione dell’esplorazione lunare.

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