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Da Langley con amore. Il Russiagate all’italiana visto da Pennisi

Da dove sono giunte, quasi ad orologeria, le notizie e le intercettazioni su colloqui di alcuni esponenti della Lega e loro interlocutori russi che si sarebbero tenuti (in questa pasticciata vicenda il condizionale è d’obbligo) all’Hotel Metropol di Mosca lo scorso ottobre? Un lungo servizio, dagli Stati Uniti, di Lucia Annunziata sull’HuffingtonPost ipotizza l’intervento, ossia la manina, dei servizi segreti tedeschi.

A mio avviso, il direttore dell’HuffingtonPost avrebbe dovuto cercare in luoghi più vicini a quelli in cui trovava. In particolare, a Langley in Virginia, appena attraversato uno dei ponti che collegano Washington con il confinante Stato, dove c’era la capitale dei Confederati al tempo della guerra di secessione ed il cui motto è di essere il Paese for lovers (per coloro che si amano). A Langley ha sede la direzione centrale della Central Intelligence Agency (C.I.A.). Riecheggiando il titolo di uno dei primi film della lunga serie di James Bond, l’agente 007, si potrebbe dire che la lettera nella bottiglia di cui parlò, all’inizio di questa vicenda, Roberto Arditti è arrivata (nei palazzi romani da sempre usi agli intrighi) Da Langley con Amore.

Andiamo con ordine. Non ho mai avuto conoscenza diretta di spionaggio e spie, ma ho studiato per due anni alla School for Advanced International Studies della Johns Hopkins University. Da lì sono transitato in Banca Mondiale, nel cui organico sono rimasto per 18 anni. Gran parte dei miei compagni di studi, hanno scelto la carriera diplomatica; alcuni quella nell’intelligence non solo americano, dato che eravamo una classe internazionale. Uno è stato per diversi anni ai piani alti del Mossad ed ho avuto il piacere di cenare con lui (ormai a riposo) da Fortunato al Pantheon circa un mese fa. Un altro (a me legatissimo; è padrino di mia figlia) ha fatto tutta la sua carriera a Langley. Un altro ancora fece carriera al ministero dell’Interno di quella che John Le Carré chiamò A Small Town in Germany (Bonn, allora capitale della Repubblica Federale) da dove viaggiava spesso.

Naturalmente, né l’uno né l’altro né l’altro ancora hanno mai dischiuso contenuti del loro lavoro. Uno dei due, comunque, ha passato negli anni ottanta un lungo periodo a Roma, come medico, associato ovviamente ad uno studio di medici per clientela internazionale. Lavorando in circa 60 Paesi per Banca Mondiale prima e poi Fao si fanno strani incontri (ricordate il film di Antonioni Professione Reporter?), come, ad esempio, di ingegneri che non sanno leggere un computo metrico, di agronomi a cui nessuno affiderebbe un orto, di giornalisti che vanno in giro senza taccuino. E via discorrendo.

Ho tratto l’impressione che prima della caduta del muro di Berlino, lo spionaggio ed il controspionaggio della Germania occidentale si interessasse soprattutto a problemi di segreti tecnologici e industriali (ricordate il premiatissimo film di Rolf Thiele Das Mädchen Rosemarie?) mentre all’Est, la Stasi era a tutto servizio e si interessava soprattutto a Le Vite degli Altri (della Germania Orientale); dove era la sede centrale della Stasi a Alt-Friedrichsfelde 60 c’è ora l’Università di Berlino per le Scienze Applicate. Attualmente, i servizi di intelligence tedeschi sono distribuiti tra una dozzina di agenzie ed hanno seri problemi di coordinamento. Inoltre, mentre gli ex-agenti della Germania Ovest non avevano attività in Russia (che non riguardassero tecnologia e industria), quelli ex della Stasi avevano, per anni, timore ad entrare in campi dove potessero incontrare i loro ex-colleghi e “compagni” del Kgb. Il Mossad si è sempre interessato di temi pertinenti a Israele. Così come i servizi francesi ed inglese hanno sempre operato prevalentemente in certe ben definite aree di influenza (Africa, Medio Oriente).

Alla caduta del muro di Berlino, il presidente americano George Bush rafforzò la C.I.A. specialmente in quella che era stata l’Unione Sovietica, nonostante molte “anime belle”, come il mio amico Francis Fukuyama, profetizzassero che si fosse giunti alla fine della Storia e la democrazia liberale avesse vinto su tutti i fronti. Alla Casa Bianca e a Langley ritenevano, invece, che si fosse entrati in una fase nuova e più subdola della guerra fredda tra Est ed Ovest. Venne potenziata la rete di spionaggio all’interno di quella che era divenuta la Federazione Russia. Tanto più che lo sfacelo economico che aveva portato all’implosione dell’Urss, rendeva possibile con lo stesso budget di avere un maggior numero di agenti. Venne potenziato il coordinamento a Langley.

È possibile che i tre interlocutori russi dei tre sprovveduti italiani fossero al soldo di Langley. Perché? Gli americani ritengono in generale che i politici italiani sono furbi ma non affidabilissimi. Un’ipotesi è si volesse provare quanto sinceri fossero gli abbracci con Steve Bannon ed il plauso al suo progetto (ormai finito) di accademia “sovranista” a Trisulti. Ossia, che a Langley si volesse essere certi che nessuno facesse il doppio gioco. Hanno teso una trappola nell’albergo più noto, e più pieno di intrighi, di Mosca. E i nostri ingenui ci sono caduti mani e piedi. Mettendo in imbarazzo anche il loro leader. Successivamente, era logico che gli Stati Uniti dessero un avvertimento. Prima facendo arrivare, forse tramite i loro colleghi italiani, qualche informazione ad un settimanale italiane e, poi, facendo uscire brani di registrazioni su BuzzFeed il cui fondatore e direttore Jonah Peretti è figlio di un noto avvocato penalista di origine italiana e la cui law firm lavora anche nel nostro Paese.

È da notare che rientrato da Washington il vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini ha tenuto un comportamento molto formale in occasione della visita a Roma del presidente Vladimir Putin.

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