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Come Salvini vinse la lotteria e perse il biglietto. Il commento di Pennisi

Su Formiche.net il  4 luglio ci siamo chiesti chi ha vinto e chi ha perso nel risiko delle nomine europee. Tra i perdenti, si sono classificati tutti allo stesso modo oppure, come nella Fattoria degli Animali di Orwell, qualcuno ha perso più degli altri?

A riflettere bene, chi ha perso più di tutti è Matteo Salvini. Con le elezioni europee aveva vinto il biglietto della lotteria tanto che si pensava che potesse fare il bello ed il cattivo tempo nei temi a lui più cari: non solo immigrazione, ma riduzione del carico fiscale, infrastrutture (leggi soprattutto Tav), strategia a favore delle imprese, e via discorrendo. Nei giorni della doppia trattativa europea (procedura d’infrazione, nomine chiave per le istituzione), il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il suo “consigliere in toto” Rocco Casalino, ed il collega (ma non amico) Luigi Di Maio gli hanno fatto smarrire il biglietto vincente. E si sono pure divertiti a sbeffeggiarlo.

Vediamo come. Una strategia vincente di Salvini era certamente quella di andare alle elezioni a settembre per capitalizzare sui successi ottenuti in maggio, prima che il Movimento Cinque Stelle (M5S) si riprendesse dall’esser stato “suonato” dagli elettori e tessesse un’intesa con i Dem Zingarettiani, ansiosissimi di tornare nel Palazzo. La “procedura d’infrazione” (o pure una sola minaccia) poteva essere il pretesto per una crisi ed una campagna in chiave sovranista (tanto più che i libri d’Alberto Bagnai qualche spunto acuto lo hanno).

Questa occasione è sfumata a ragione della “resa incondizionata” fatta a Bruxelles accompagnata da una manovra di 8 miliardi (16 su base annua) per accontentare l’Ue e di una lettera di impegni che vincola la prossima legge di bilancio e che non potrà essere ripudiata se non si vuole essere fustigati da una Commissione europea più severa di quella ancora in carica e da mercati sempre dubbiosi di ciò che si cucina a Roma.

Non sono sfumate solo le elezioni, ma anche le riduzioni fiscali: oggi la flat tax sbandierata da Salvini assomiglia sempre di più ad una partita di giro con gli ottanta euro di renziana memoria. E le infrastrutture? Danilo Toninelli appare ringalluzzito e Marco Ponti è tornato a straparlare anti Tav ed anti tutto sui quotidiani ed in televisione. Dato che l’affiatato trio Conte-Calasino-Di Maio non paventa più elezioni a settembre, i pentastellati insistono per le loro priorità, scambiando sorrisi con Zingaretti che ha bisogno anche lui di tempo per preparare quella che una volta veniva chiamata “la base”, a nozze di convenienza con il M5S.

La situazioni è aggravata dalla presa in giro. Annunciare a tutti che l’Italia avrà un Commissario “di peso” (alla Concorrenza) scelto dalla Lega è un regalo avvelenato. In primo luogo, chi diventa Commissario europeo giura di non prendere istruzioni, od anche solo indicazioni, dal suo Stato di provenienza, e tanto meno dalla sua parte politica. In secondo luogo, uno Stato può unicamente indicare, ma la persona proposta deve superare un doppio vaglio: degli altri Stati e del Parlamento europeo. Se come successe a Rocco Buttiglione, il candidato presentato come espressione della Lega non venisse approvato dai parlamentari, per Salvini lo smacco sarebbe gravissimo. In terzo luogo, i “portafogli” vengono attribuiti dal Presidente della Commissione non tramite negoziato intergovernativo.

La “pazienza” è una virtù cardinale. È anche la virtù dei forti. Ma non è detto che Matteo Salvini conosca a fondo il catechismo. E che lo osservi.

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