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Il dilemma dei social network: esserci o non esserci

Esserci o non esserci? Non su Marte, malgrado si dica che gli scienziati stiano già lavorando alla costruzione dei primi alberghi previsti per il 2025, ma sui social network. L’integrazione, a rigor di logica, fra i vari canali sembra l’unica soluzione per migliorare la comunicazione e consolidare la reputazione che per ora sembra compromessa a più livelli anche per i social media stessi. Un boomerang che ha portato alcune aziende ad abbondare le piattaforme digitali prediligendo il mix analogico. Ma se è vero che come diceva Enzo Ferrari “Se non c’è non si rompe”, questa massima non vale tout court per i canali digitali, spazi in cui se non ci sei qualcun altro li riempirà e potrebbe non essere affatto un bene.

I RELATORI

“I social ci permettono di avvicinarci a un pubblico vasto e far comprendere il nostro messaggio. Se non ci si è, qualcun altro prenderà quello spazio e parlerà anche per noi”, ha detto Fabio Agostini, capo ufficio Pubblica Informazione dello Stato maggiore della Difesa, intervenuto a un evento organizzato da Agi Factory assieme a Raoul Romoli Venturi, direttore comunicazione e pubbliche relazioni della Ferrero, e Filippo Ungaro, portavoce di Save the Children, coordinati da Daniele Chieffi, head of digital communication e content factory di Agi, che ha stimolato il dibattito con diversi giri di microfono, trovando spunti sui ragionamenti sviluppati.

ESSERCI O NON ESSERCI

Sintetizzando il pensiero dei relatori: esserci ma con sapienza, strategia e contenuto; ingredienti fondamentali di ogni piano di comunicazione che fissi degli obiettivi precisi. Rischiare anche di gestire alcune crisi e dialogare con i propri target di riferimento può fare la differenza, in questo momento di forte sfiducia nei confronti dei social, Facebook in primis. Ma è la fiducia a venir meno proprio nei confronti di queste piattaforme, una crisi reputazionale dovuta certamente alla percezione, piuttosto reale, che ad alimentare questo odio profondo fra pensieri dissimili, sia facilitato dagli schermi dietro cui ci si può celare e di conseguenza i social stessi. È anche la percezione del professionista ad essere modificata, utilizzarli con sincero disincanto è forse la chiave più opportuna per inserirli nel mediamix più utile. “C’è solo una certezza: tra qualche anno, tutto cambierà nuovamente. Bisogna essere efficaci nel presente”, ha detto Raoul Romoli Venturi. “Un’azienda come Ferrero deve essere su tutti i canali”, che ha aggiunto: “I messaggi social sono veicolati dai mezzi tradizionali”.

L’INFLUENZA DELLA TELEVISIONE

E parlando di canali tradizionali, è ancora forte l’influenza che la televisione ha sul pubblico: coram populo resta il mezzo più utilizzato sia dai fruitori che dai comunicatori, che sul terreno tradizionale trovano il giusto equilibrio di informazione e comunicazione. Efficacia, soprattutto nella diffusione, e autorevolezza nel raccontare agli italiani cosa accade, prendendo contenuti dai social media e utilizzati nella narrazione stessa della tv. La disintermediazione, vera forza innovativa dei social media, non va sopravvalutata, ma gestita e governata.

L’IMPORTANZA DELLA REPUTAZIONE

Pilastri del ragionamento alcune domande attorno a cui hanno ruotato le riflessioni dei relatori: esserci, esserci perché, quanto conta la reputazione e visione al 2029. Intorno a queste domande sono emerse le differenti necessità strategiche di comunicazione di un’azienda come Ferrero, di una ONG come Save the Children e delle forze armate e dunque Pubblica amministrazione: comunicare contenuti appropriati con linguaggi differenti, dosare la presenza tenendo conto che dialogare con sostenitori, utenti e consumatori resta sempre il valore assoluto ma con dei distinguo: per il nonprofit, oltre alla trasparenza sulla raccolta fondi, la necessità di costruire il senso di comunità è forte, soprattutto ora che la reputazione del volontariato è messa a dura prova. “bisogna esserci ma con intelligenza”, ha spiegato Ungaro. “Bisogna saper investire in base al ritorno e alla propria strategia di comunicazione”Per la Pubblica amministrazione rappresenta uno degli obbilighi della Legge 150 in cui è necessaria la pubblica informazione al cittadino in mancanza di un budget da spendere in campagne informative, mentre per le aziende il contatto con il consumatore è importante, ma rilevanza continua ad avere il mix con il marketing in modo da calibrare al meglio gli investimenti.

E per il 2029? Certamente la risposta per tutti i relatori è che oltre agli alberghi su Marte, c’è la speranza più che la certezza, che un adeguato mix dei canali porterà una maturità di comunicazione a più livelli.

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