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È Cairo il leader del centrodestra che (ancora) non c’è? Ecco il suo programma

Il presidente di Rcs Urbano Cairo rilascia una lunga intervista di politica. La rilascia al Foglio ad Annalisa Chirico. “Il manifesto politico di Cairo” è il titolo.

L’imprenditore non si tira indietro, non dice apertamente che scenderà in campo ma aggiunge: “Progettavo la scalata a Rcs da dieci anni senza farne mai parola con nessuno, nell’assoluto riserbo. Un giorno l’ho realizzata. I sogni non si svelano in anticipo: si mettono in pratica. Al momento, però, non sono nelle condizioni di poter assumere ulteriori impegni. Non saprei immaginarmi in ruoli diversi. Sulle mie spalle grava la responsabilità di cinquemila dipendenti diretti. Le aziende del gruppo, quando le ho acquistate, perdevano complessivamente tra i 350 e i 400 milioni l’anno, oggi ne guadagnano cento. Io le ho salvate”. Dichiara di ricevere molte sollecitazioni per il suo ingresso in politica, dorme cinque ore a notte, rivela la sua ricetta per il Paese.

GRILLINI E LEGHISTI HANNO FALLITO

“Grillini e leghisti hanno fallito, mi pare evidente. Dove pensavano di andare?”. Definisce irrealistico il contratto di governo delle due forze politiche. “Ci hanno fatto perdere quindici mesi, nel frattempo l’economia è entrata in stagnazione, e pure in politica estera non abbiamo fatto un figurone”. Definisce Salvini perfetto per le campagne elettorali “ma governare è tutta un’altra storia”. Del M5S: “Ha promosso in ruoli istituzionali gente senza esperienza, che non ha mai studiato, che non ha mai fatto la gavetta. La giovane età va bene ma da sola non basta. Non sempre essere giovani è la soluzione: la competenza è fondamentale. Il reddito di cittadinanza è un incentivo a non fare, o a fare nel sommerso”.

Rifiuta l’etichetta di erede di Berlusconi. “Gli innovatori inventano il nuovo, non riciclano il vecchio”.

LA CAIRONOMICS

Fornisce la sua ricetta economica che il Foglio definisce Caironomics. Declinata in cinque punti:

“In primo luogo, vanno incentivati gli investimenti prevedendo un piano di robuste agevolazioni fiscali per le imprese che puntano sui beni produttivi. Va facilitato l’accesso al credito perché molte aziende affrontano problemi di liquidità anche di breve periodo e vanno sostenute, non penalizzate. Terzo punto: un cuneo fiscale esorbitante ci penalizza rispetto ai nostri competitor. Se io pago un dipendente 70mila euro l’anno, per quale ragione lui deve intascarne soltanto 30mila? E poi serve una seria riforma fiscale che allenti il peso sulle famiglie del ceto medio. Quinto e ultimo punto: la giustizia, in particolare quella civile. L’incertezza dei tempi per far valere un contratto disincentiva gli investitori”.

E aggiunge: “Ho scoperto che i soli costi di beni e servizi – non parlo né di dipendenti pubblici né di pensionati – ammontano a oltre 180 miliardi l’anno. Un’enormità. Se riduci un po’, puoi fare una manovra super espansiva, allora sì che metti i soldi nelle tasche degli italiani e gli italiani li spendono. Tagliare la spesa pubblica non è un’impresa folle: è possibile”.

Conferma di aver votato Dc ai tempi di Zaccagnini, Forza Italia nel ’94, poi Marco Pannella, mai Msi né Lega.

TRUMP E L’EUROPA

Parla bene di Trump: “È uno spirito controcorrente, impossibile da imbrigliare… Va riconosciuto che le politiche economiche messe in campo dalla sua amministrazione stanno dando risultati positivi. Il tasso di disoccupazione statunitense è sceso al 3,6 per cento, ai minimi dal 1969. È il leader populista, politically uncorrect, che dichiara guerra all’immigrazione incontrollata. Un po’ come Salvini con lo slogan dei “porti chiusi. Io, per carattere, tendo piuttosto al politicamente corretto, sono un moderato nelle parole, lo considero un segno di rispetto verso il prossimo”.

Ha le idee chiare su come comportarsi in Europa: “Qualunque ricetta, concepita senza o contro l’Europa, è destinata a fallire. Per regolare l’immigrazione l’Europa deve giocare un ruolo da protagonista, e difficilmente ciò accade se si applica la logica del muro contro muro. Per farti valere a Bruxelles, devi avere doti diplomatiche, devi saper dialogare. A che serve annunciare che sforerai il deficit se poi, a un passo dall’infrazione europea, ti ritrai con la coda tra le gambe? Così perdi ogni credibilità e passi per un facinoroso inconcludente”.

Infine, definisce una mossa avventata andare a votare in autunno, “c’è una manovra da fare, i risparmi degli italiani vanno tutelati. L’accordo M5S-Pd? Mah, mi pare che sia un percorso dall’esito incerto, le formule di palazzo non mi convincono. Serve chiarezza di programma per un governo coeso ed efficace”.

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