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Programmi? Macché. Calenda svela: mi avevano offerto la poltrona di ministro

“Caro Nicola, Caro Paolo vi prego di voler accettare le mie dimissioni dalla Direzione Nazionale del Partito Democratico. È una decisione difficile e sofferta”. Comincia così la lettera con cui Carlo Calenda, eurodeputato del Partito democratico, ha rassegnato le dimissioni dalla direzione del Pd a causa delle trattative tra Pd e Movimento 5 Stelle per la formazione di un nuovo governo. Fin qui niente di nuovo, infatti che Calenda fosse contrario a questa scelta era stato chiaro da subito. “Dal giorno della mia iscrizione ho chiarito che non sarei rimasto nel partito in caso di un accordo con il M5S”, ha ricordato l’ex ministro, se mai ce ne fosse stato bisogno.

La notizia arriva dopo, sempre via social. L’esponente politico, che aveva iniziato la sua avventura con il progetto Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo, cinguetta una rivelazione. Mentre Luigi Di Maio ha svelato che Salvini gli aveva proposto di fare il presidente del Consiglio di un nuovo governo gialloverde, Carlo Calenda ha spiegato che gli era stata fatta l’offerta più allettante: tornare alla guida del Mise.

“Se penso che potevo tornare al Mise pure a me. Siamo umani oltre che europei”, ha scritto l’ex ministro rispondendo a un messaggio dispiaciuto di una utente per la sua decisione di lasciare il Pd (“Mi viene da piangere”). La proposta deve essere stata molto seria. “Non sarei potuto entrare in un governo che non condividevo – ha scritto ancora in un altro tweet -. E credimi nulla mi avrebbe fatto più felice che poter tornare al Mise. Nulla. È il lavoro che ho amato di più. Ma non si può. La reputazione è una”.

Fra posizioni ideali (#SenzaDiMe) e trattative sulle poltrone, Calenda sembra infierire doppiamente sul partito Democratico con uno strappo che però i vertici del Nazareno contano di riuscire a ricucire. Ripensaci, è stato l’appello. Basterà seguire l’account @carlocalenda su Twitter per conoscere il seguito.

Intanto, oggi abbiamo scoperto (o avuto la conferma) che le discussioni nel Pd sul governo giallorosso non erano solo sui programmi.

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