“Scusi Zingaretti, ma di fronte a cotanto attestato di stima (quello del presidente del Consiglio Ue, ndr) ancora esita? È il vostro premier perfetto! Che aspetta? Chieda anche a Moscovici, mi aspetto grandi referenze”. Con queste parole di ironico disprezzo il leghista di corrente salviniana Claudio Borghi invitava ieri mattina il segretario del Pd ad accettare Giuseppe Conte quale premier del costruendo governo giallo verde. Commentava così le parole di grande apprezzamento espresse da Donald Tusk a favore dell’avvocato del popolo. Era solo la mattina. Chissà se Borghi si aspettava gli attestati di Merkel e Macron, la cordialità di Trump e le parole dello stesso Conte che a Biarritz per il G7 è tornato non solo a chiudere alla Lega ma ad esprimere una sua centralità politica. Sta di fatto che il cinguettio di Borghi, per quanto scritto “contro” il premier uscente, risulta un efficace endorsement e si unisce alle voci dei tanti – non 5 Stelle – che stanno premendo il segretario del Pd a superare il veto su di lui.
L’ANALISI DEL DC CASINI
Pier Ferdinando Casini è in Parlamento ormai uno dei decani e, da democristiano purosangue, rappresenta un faro di indiscussa saggezza. È stato eletto in questa legislatura presidente della delegazione italiana all’Unione Interparlamentare all’unanimità, con il voto cioè anche della Lega e del M5S. È uno, insomma, che la politica la conosce bene e che, da uomo di parte (nel centrosinistra), non rinuncia allo sguardo lungo. Bene. L’ex presidente della Camera intervistato dal Messaggero ha detto la sua sul no a Conte espresso dal Pd. “È sbagliata la pregiudiziale contro il presidente del Consiglio dimissionario. Conte ha gestito una formula politica sostanzialmente ingestibile e l’ha fatto per senso di responsabilità verso il Movimento e verso il Paese. Non si può dimenticare, e non si può non darne merito a Conte, che per due volte ha evitato la procedura d’infrazione contro l’Italia. E ci è riuscito nonostante Salvini l’abbia sempre sabotato e boicottato, scegliendo una linea di scontro con l’Unione europea e la Commissione, indebolendo la posizione negoziale del premier e di Tria. In più Conte ha detto sì al gasdotto Tap e alla Tap e, con il suo discorso in Senato, ha chiuso alla possibilità di rilanciare l’accordo con la Lega. Conte non è De Gasperi, del resto di De Gasperi in circolazione non ne vedo molti, ma è una persona che ha dimostrato serietà, capacità e ragionevolezza. Perciò non vedo perché porre un veto su Conte, per poi rischiare di ripiegare su una posizione che in un secondo momento potrebbe risultare più ostica anche per lo stesso Pd”. Ragionamento lucido cui però ancora aggiunge altre considerazioni. “Fico potrebbe rappresentare la discontinuità richiesta da Zingaretti, ma per il Pd le sue proposte programmatiche potrebbero essere molto più imbarazzanti. Insomma, proprio fatico a capire questa pregiudiziale dei Dem contro Conte”. “È vero – conclude Casini – il governo giallo-verde è stato penoso, non a caso gli ho sempre votato contro. Ma Conte, in più occasioni, ha limitato i danni. Non voglio farne l’agiografia, però invito i colleghi del Pd a pensarci bene: una trattativa epocale come questa non può arenarsi sul tema di chi va a palazzo Chigi”.
IL RICONOSCIMENTO DI LANDINI (E MARCUCCI)
Se quello di Casini può essere letto come un suggerimento esplicito a valutare le qualità di Conte per la guida di un governo giallo rosso, stanno emergendo con chiarezza altre posizioni che invitano Zingaretti a rimuovere quanto meno il veto. Molto chiara in questo senso la posizione dei renziani. Oggi su La Stampa a parlare è (ancora) Andrea Marcucci, presidente dei Senatori dem. “Ho particolarmente apprezzato le parole che ha usato ieri il presidente da Biarritz. Serve un progetto riformatore per l’Italia, non uno scontro sul nome del leader. È un bene inoltre che Conte abbia chiuso in modo irrevocabile con Salvini. Altro che i bizantinismi usati da Di Maio nelle stesse ore”. A scanso di ogni equivoco, Marcucci dice: “Non esiste un problema Conte”. Qualcuno potrebbe obiettare che questa posizione risenta della rivalità interna al Pd fra il vecchio ed il nuovo segretario. Forse, ma anche no. Quella che è certamente fuori da questo schema di lettura interna è la posizione di Maurizio Landini, segretario della Cgil e ascoltatissimo pontiere fra i gialli e i rossi. Le sue opinioni sono oggi sul Corriere della Sera ed alla domanda “Che ne pensa di un Conte bis?” Landini risponde senza giri di parole: “Non è compito del sindacato discutere di nomi. Detto questo, riconosco un ruolo a Conte. In Parlamento ha dimostrato coraggio politico e un profilo istituzionale importante quando, nel rispetto della Costituzione, ha messo il Paese nella condizione di sapere con trasparenza le ragioni della crisi e i problemi da affrontare. Inoltre, riconosco che è stato il presidente del Consiglio che ha riaperto i tavoli con le parti sociali”. Con tutta la diplomazia del caso, l’indicazione è chiara. Naturalmente, non mancano altre voci “terze” favorevoli al presidente del Consiglio uscente, soprattutto nel mondo delle imprese e dell’economia. La palla, come ricordava ieri Maria Elena Boschi, è nelle mani di Nicola Zingaretti. Chissà che non voglia ascoltare il suggerimento proprio di Claudio Borghi…