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(Grande) coalizione Ursula? Alle elezioni no. Ma in Parlamento…

Bruxelles continua a tormentare il sonno di Matteo Salvini. Tra il leghista e le urne rischia di frapporsi un ostacolo che non aveva messo in conto. La “coalizione Ursula”, Pd, M5s, Fi, quella che ha votato compatta alla presidenza della Commissione Europea la tedesca Ursula von der Leyen isolando il Carroccio, potrebbe risorgere nei prossimi giorni, a Roma. Nelle dichiarazioni ufficiali di partito l’ipotesi è cassata come fantascienza. Ma fra i corridoi di palazzo Madama c’è chi ci sta facendo un pensiero.

Tutti gridano a gran voce di tornare alle urne. In pochi però sono pronti a una campagna elettorale lampo. È il caso dei dem. Mentre il segretario Nicola Zingaretti pregusta il voto, la fronda renziana, che controlla quasi tutto il gruppo senatoriale e una parte significativa dei deputati, medita una tregua armata con il nemico grillino. Il prezzo da pagare è il voto favorevole dei suoi alla riforma per il taglio dei parlamentari (nelle due scorse votazioni si è astenuto). I Cinque Stelle vorrebbero portare subito il testo a Montecitorio. Hanno i numeri per convocare l’Aula d’urgenza (basta un terzo dei deputati). Ma prima devono trovare una maggioranza nella Conferenza dei capigruppo. E qui entrano in scena i dem.

Un’intesa provvisoria, su pochi temi fondanti. Il taglio delle poltrone, su cui Renzi ha costruito la sua ultima, letale battaglia elettorale, tre anni fa. Una manovra insidiosa, con investimenti e salario minimo in cima all’agenda, ma sgravata della flat tax leghista con la speranza di disinnescare (nei limiti del possibile) l’aumento dell’Iva. In cambio, nota Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano, il leader di Rignano sull’Arno può offrire ai Cinque Stelle una copertura europea, di cui sono sprovvisti. Magari, scrive, nel gruppo “Renew Europe” a Strasburgo ispirato da Emmanuel Macron, con cui Renzi ha mantenuto ottimi rapporti. La “coalizione Ursula”, dice il direttore di Youtrend Lorenzo Pregliasco in un’intervista al Foglio, avrebbe i numeri per “mettere mano alla legge elettorale, cambiarla in senso più proporzionale di quanto non sia oggi e questo limiterebbe molto le opzioni politiche di Salvini”.

L’alleanza di interesse, va da sé, è politicamente impresentabile alle elezioni, dove tutte e tre le forze giocheranno in solitaria la propria partita. Il blitz, se ci sarà, andrà in scena in Parlamento. Ci sono diverse soluzioni che non richiedono l’approvazione di un nuovo esecutivo. Se i Cinque Stelle convocano in tempo la Camera e la Capigruppo decide a maggioranza, basta un gioco di astensioni per far passare il disegno di legge sul taglio dei parlamentari, allontanando lo spettro del voto. Un appello in questa direzione arriva questo pomeriggio dall’ex presidente del Senato e leader di Leu Pietro Grasso. Su Facebook scrive: “Non vedo perché io e tutti i senatori di opposizione (Leu, del Misto, del Pd, ma anche di centrodestra) dovremmo trasformarci nei ‘volenterosi carnefici’ al servizio di Salvini”. La soluzione, dice Grasso, è non votare la mozione di sfiducia a Conte e avallare un governo elettorale rimettendo tempi e scadenze della crisi nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come Costituzione richiede.

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