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Lo Stato islamico c’è: è l’Iran. Analisi di una (grave) minaccia. Scrive Fiamma Nirenstein

Israele da molto tempo cerca di evitare una guerra, anche se di fatto una catena di fuoco la cinge da ogni parte. Proprio per evitare un sanguinoso scontro frontale, deve contenere l’attacco concentrico dei suoi nemici, che in questo periodo tessono fra di loro legami particolarmente complessi e aggressivi, dagli attentati palestinesi giorno dopo giorno alla costruzione di una forza militare e paramilitare iraniana che si estende da Beirut a Baghdad, occupa il confine siriano, arriva fino allo Yemen.

Si può capire il senso dell’assedio se si è visto cosa è successo a Sderot, al confine con Gaza, domenica sera, proprio nelle ore in cui i giornali europei titolavano sull’attacco israeliano sulla Siria alle postazioni militari iraniane che avevano progettato un attentato dall’aria. L’allarme “lenzuolo rosso” ha messo in moto le sirene mentre un raduno musicale ammassava la popolazione (famiglie e tanti bambini, come sempre avviene in Israele) all’aria aperta nel buio.

Mentre la folla si riversava urlando e trascinando vecchi e infanti verso le uscite, gli altoparlanti gridavano di aprire i cancelli e di raggiungere i rifugi. Molti si sono sdraiati per terra facendo scudo coi loro corpi ai bambini, e coprendo loro la testa con le braccia. Il cielo era illuminato dai missili. Poi, il sistema antimissile “cupola di acciaio” ha fermato i proiettili diretti sulla folla. I missili provenivano da Hamas e dalla Jihad Islamica, sparati a Gaza, finanziati (più o meno direttamente) dal Qatar, armati e particolarmente incitati a combattere da shahid in questo periodo dal loro grande sostenitore, l’Iran, che ormai ha fatto di Hamas uno strumento di lotta per interposta persona teso al conclamato, desiderato obiettivo: la distruzione dello Stato di Israele.

È lo stesso scopo per cui l’Iran allena e arma i libanesi Hezbollah entro il confine del loro Paese e dalla Siria. L’attacco missilistico da Gaza ha fornito un “memento” agghiacciante a chi era in quel momento concentrato sugli eventi che avevano avuto luogo a nord: l’assedio è circolare. Israele sabato a tarda notte della settimana scorsa ha stabilito che entro poche ore gli Hezbollah prescelti e allenati dal generale delle Forze Quds, i Guardiani della Rivoluzione, Qasem Soleimani avrebbero lanciato droni carichi di esplosivo su Israele e che quindi occorreva colpire subito, le forze aeree dell’Idf hanno avuto l’ordine di fermare la cellula destinata all’azione: così ha colpito in Siria vicino a Damasco, ad Aqraba. Non è certo la prima volta che Israele ha attaccato in Siria postazioni militari iraniane, come anche convogli di armi dirette agli Hezbollah. Ma la rivendicazione è cosa molto rara da parte di Israele, e invece stavolta è stata immediata: un messaggio di avvertimento al reiterato tentativo iraniano di piazzarsi come una realtà impiantata sul suo confine. I droni programmati sono simili a quelli usati dagli Houti in Yemen contro l’Arabia Saudita, forze sciite degli Hezbollah e iraniane erano schierate presso la zone dell’operazione curata direttamente da Soleimani.

Il suo ambizioso disegno strategico ha sempre avuto Israele al centro, ed è evidente, anche dalle minacce continue che riescono persino a superare in violenza quelle dell’Ayatollah Khamenei, che il generale spera di concludere il disegno di distruggere lo Stato Ebraico come contributo personale alla venuta del Mahdi, il profeta sciita che segnerà la fine dei tempi e la vittoria dell’Islam.

La sua è la messa in atto militare dello scopo primo di ogni credente nella Repubblica Islamica: allargare fino a tutto il Medio Oriente, sconfiggendo l’odiato mondo sunnita e facendo a pezzi Israele, le propaggini del nuovo grande potere sciita. Esso comprende spazi che già sconvolgono tutti i confini mediorentali, e preparano al potere sciita il ruolo di pericoloso antagonista primario dell’Occidente. L’Isis non ha mai conseguito questo scopo, l’Iran ci è molto vicino, e la sua abilità di seminare attentati e terrore è comprovata e corroborata dall’attivismo degli Hezbollah.

Il conseguimento della bomba atomica è una strada maestra verso questo scopo: nessuna persona di buon senso, con tutte le prove, le testimonianze, i materiali che sono stati esposti, considera il tema del nucleare iraniano un problema di secondo piano o da mettere da parte, o immagina che l’accordo del 2015 lo bloccasse veramente. Soleimani è un credente fanatico e un generale carismatico di un regime cui è organico nonostante ci sia chi vorrebbe tempi meno convulsi, come il presidente Rouhani: per lui è del tutto naturale cercare di costruire una forza militare dominante e stabile anche a mille chilometri di distanza da casa. In Siria, sul Golan, seduti sul confine, lontano da casa, i suoi soldati, i suoi alleati, le sue armi si addensano di giorno in giorno, bloccati solo dalla determinazione Israeliana. Lo Yemen, la Siria, il Libano, l’Iraq: l’Iran ha già superato di gran lunga l’Isis nella determinazione a creare uno Stato islamico.

I droni che pochi giorni fa, in questa nuova guerra che mette al centro il nuovo mezzo silenzioso e preciso, sono caduti letteralmente sulla testa del quartiere degli Hezbollah a Beirut e hanno suscitato minacce di guerra di cui in queste ore si ragiona, mentre Nasrallah promette vendetta, sembra abbiano procurato la distruzione di una struttura tecnica avanzata per i missili di precisione, quelli iraniani forniti agli Hezbollah per Israele.

Emmanuel Macron ha poco da sorridere quando Javad Zarif, il ministro egli Esteri iraniano, da lui invitato, fa la sua improvvisata a Biarritz. Il possibile incontro con Trump sponsorizzato dal G7 ha il consueto sapore di appeasement che è nello stile delle istituzioni internazionali. Trump fa mostra di crederci e accetta di incontrare gli iraniani. In campagna elettorale si fa. Ma può questo sortire un effetto sui programmi imperialisti che non consentono, come già dicono gli iraniani, una rinuncia alle armi balistiche? Per loro è Israele, lo Stato degli Ebrei che viola la Humma islamica mediorientale, e l’Occidente, specie gli Usa, è colpevole nel sostenerne l’esistenza stessa. Su questo il regime iraniano è ontologicamente d’accordo, anche se sul ritmo e la propaganda della conquista Soleimani e il governo iraniano hanno opinioni diverse.



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