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Passaggio storico il Costo Standard: coinvolge il centrosinistra e il centrodestra

     Il buon senso c”era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune (A. Manzoni)

Nel 2017, la Ministra Valeria Fedeli costituì il gruppo di lavoro per la definizione del costo standard di sostenibilità per studente, nel cui Decreto istitutivo si citano gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione, così come il ben noto articolo 33, da sempre oggetto di polemiche tra gli schieramenti politici. Come dire che “il senza oneri per lo Stato”, spesso invocato per escludere i finanziamenti alle scuole paritarie, non è pertinente quando ci si propone di “garantire il diritto inviolabile dell’uomo” a educarsi e ad essere educato dalla propria famiglia. Anche il Disegno di legge (n.1363/2019) presentato recentemente dai Senatori di Forza Italia intende garantire “la libertà di scelta educativa in un pluralismo scolastico”. Risulta dunque evidente come sia il Decreto ministeriale (di centrosinistra) che il Disegno di legge (di centrodestra) perseguano la medesima finalità, intendendo farsi carico della discriminazione persistente per cui in Italia solo le famiglie abbienti possono permettersi di scegliere la scuola paritaria, mentre le povere sono di fatto impedite nell’esercizio di un loro diritto.

Il sistema scolastico italiano, eccessivamente irrigidito da normative superate e bloccato da un’autoreferenza corporativa che impedisce ogni tentativo di riforma, è purtroppo un’eccezione negativa tra quelli dei Paesi più avanzati. Per aggirare ostacoli che appaiono insuperabili, entrambi gli schieramenti politici sembrano ipotizzare una strategia comune, che affidi direttamente ai cittadini il compito di innescare processi di rinnovamento e di riqualificazione dell’offerta formativa.

Lo strumento tecnico individuato è quello del “costo standard sostenibile per allievo”. Esso è inteso, in entrambi i documenti considerati, come “la quota capitaria” che la Repubblica investe per garantire il “diritto inviolabile della persona all’istruzione”: ciò a riprova del fatto che “i soldi spettano all’allievo” e non sono una beneficienza dell’amministrazione statale né una spettanza dovuta alle scuole. Il costo standard, poi, non sostituisce in toto le convenzioni tra Scuole, Stato ed Enti Locali, che si possono stipulare ai sensi dell’articolo 118, comma 2, della Costituzione, sulla base del principio di sussidiarietà. A loro volta “le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap (legge 62/2000, art. 3)” e si impegnano a rispettare e a mantenere i requisiti prescritti per la parità.

L’auspicio sotteso ai due documenti è che il costo standard possa innescare un processo di rinnovamento tale da far risalire la scuola italiana dagli ultimi posti delle graduatorie internazionali, grazie ai nuovi spazi di autonomia e di iniziativa che vengono a delinearsi. L’obiettivo finale è che tutte le famiglie possano scegliere tra scuole statali e paritarie alle medesime condizioni economiche. Il costo standard è, dunque, orientato a far sì che la “libera scelta delle scuole” non sia più un terreno di scontro ideologico tra partiti, ma la procedura trasparente ed efficace per allineare l’Italia con i Paesi civili più avanzati, dove tutte le famiglie, ricche o povere che siano, sono trattate alla pari.


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