Certo, stare sulla spiaggia a prendere il sole e a sorseggiare mojito può essere un diletto più convenzionale. Ma vuoi mettere lo spettacolo della diretta dal Senato, con le code in studio dei commentatori prêt-à-porter dal colore paonazzo di sole? Imperdibile. Come spettacolo. Se non fosse che non è un film della premiata ditta Vanzina, ma un melodrammone scritto e recitato dai più rinomati attori della politica italiana. Come set un luogo sacro della sovranità popolare: il Parlamento. Un po’ sfregiato da queste bizzarrie.
Con un coup de théâtre, praticamente a freddo, allora, Salvini scarica il governo puntando alle elezioni in ottobre. Ma fa una mossa azzardata,tardiva e politicamente ingiustificata, perché avrebbe avuto senso il 27 di maggio, dopo il successo delle europee, non oggi, dopo solo otto giorni da una fiducia personale ricevuta (voto sul decreto sicurezza). Qualcuno, evidentemente, gli ricorda che i golpe si fanno di agosto, ma omette di precisare che – fortunatamente – in Italia falliscono sempre.
Accade, infatti che andare subito al voto può diventare più difficile di quanto non appaia, tra procedure da rispettare, istinto di sopravvivenza dei deputati e senatori spaventati dall’horror vacui della disoccupazione, e, diciamolo, anche se l’espressione può sembrare desueta, lo sguardo necessario all’interesse superiore del Paese, che avrebbe bisogno di una legge di stabilità per evitare l’aumento dell’Iva, che ha la necessità di consentire una tenuta dignitosa dei conti evitando precipizi con l’Europa e, per stare in argomento, che deve riuscire a guadagnarci una rappresentanza utile nel governo dell’Ue. Senza contare lo spauracchio del l’esercizio provvisorio, il montare dello spread eccetera.
L’horror vacui, però, sta avanti a tutto: è così precario il senso della esperienza parlamentare soprattutto per i seicentosessanta nuovi deputati e senatori, che sono persino disposti a tagliare capoticamente la rappresentanza di 345 seggi, vale a dire ridurre matematicamente di più di un terzo la possibilità di ritornare in Parlamento, piuttosto che tornare a casa subito. Insomma: “Di quello che ho adesso son sicuro. Di domani non c’è certezza” eccetera. È stato questo il primo errore di Salvini e di chi lo ha seguito dichiarando di voler andare al voto ad ottobre, dimostrando di non capire il sentiment delle aule parlamentari.
Poi c’è l’altro Matteo. Lo spettacolo di queste ore ha messo in scena il confronto di due portatori di testosterone all’opera. Solo che Matteo R. aveva più di una chance da giocarsi (dentro e fuori il suo partito) e un fortissimo sentimento di revanche da agitare. Matteo S. ha puntato – sbagliando i tempi- su una sola carta: quella delle elezioni. Ha vinto il primo round Matteo R. Cosa accadrà adesso? Se esiste in tutto questo la sopravvivenza di un barlume di logica c’è da aspettarsi un governo che salvi i conti e ci metta al riparo dal default. Poi potrà avere lo slancio di traguardare gli orizzonti del nuovo anno oppure no, potrà fare da ponte verso un nuovo e più solido governo o portarci alle elezioni, si vedrà.
Sarà interessante, se davvero dovesse andare così, anche vedere quanto durerà il consenso plebiscitario di Salvini all’opposizione: senza felpe dell’arma, senza tiggì a palla, senza squadra di compulsatori di social network h24 è un po’ più tosta. Ma di questo e di altro si tornerà a parlare dopo. Per adesso ha vinto Ferragosto: si può tornare sulla sdraio a sorseggiare mojito. Con molto ghiaccio, please.