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Il ponte sotto una coltre di oblio

Ci sono storie che si assomigliano e che hanno la capacità di unire persone e luoghi. C’è una sorta di alchimia che incanta coloro che vorrebbero vedere oltre, immaginare, sognare o semplicemente recuperare. Recuperare è un verbo bellissimo, restituisce un senso alla memoria per ritrovare le cose perdute o sommerse.

A volte da un semplice recupero della memoria può nascere un’opera. È, ad esempio, il caso di “Resto qui”, di Marco Balzano. La suggestione si avverte già dalla copertina del romanzo: si tratta del campanile mezzo affondato della chiesa di Curon, un villaggio della Val Venosta sommerso nel 1950 a seguito della costruzione di una diga.

La medesima suggestione è possibile avvertirla osservando il luccichio del lago Rosamarina di Caccamo borgo incantevole nei pressi di Palermo. Quel lago artificiale ha però sommerso un ponte bellissimo denominato “Chiaramontano”: trecentesco e pittorico. Qualcuno ha potuto ammirarlo fino all’alba degli anni 90. Quando le fotografie erano contate e assoggettate alla procedura di sviluppo con costi non sempre esigui, le immagini venivano date per scontate. Quasi che quel ponte da sempre esistito poteva essere per sempre visibile. E invece no. L’acqua in poco tempo lo ha occultato in un rifugio poco sicuro con il rischio di trasformarlo in rudere sgretolato lentamente.
E’ il triste destino che capita quando non si ha la capacità di conservare, di tutelare di recuperare appunto. Il sognatore immagina e ricostruisce mondi possibili, l’esperto invece potrebbe constatare situazioni reali per capire le attuali condizioni del ponte e le varie casistiche per riportarlo alla luce.
Paradossalmente ma non troppo questo Ponte anche per il significato del termine e della struttura potrebbe rilanciare una comunità e una civiltà. Insomma dal passato si possono trovare energie per il futuro. Per chiamarlo luogo del cuore bisogna amare il territorio, rispettarlo e agire in modo tale che quella struttura sommersa potrebbe divenire la principale attrazione di un ritrovato pensiero culturale ancor prima che turistico. La città di Caccamo ha tanto da raccontare: ha una storia e un Castello pieno di fascino e di misteri, materiale per appassionati e per professionisti.
C’è una Sicilia nascosta, recondita che merita di essere scoperta. Un affresco visto frettolosamente non racconta nulla e invece è il segno di un passaggio anche importante e che rende centrale un borgo troppo preso ad inseguire una modernità che disconosce le origini.
Ci sono elogi recenti allo stesso lago che con la sua diga rientra nel sistema di impianti rivolto a soddisfare la domanda di consumi idrici per gli usi civili, agricoli ed industriali del palermitano. Colpisce in questo senso la riflessione di un osservatore che lo definisce l’oro di Sicilia, affermando che l’occhio clinico del pescatore, quasi metafisicamente, percepisce il magma bollente di pesci che brulicano in quelle acque.
La conformazione delle sponde, il colore delle stesse acque e la natura generosa del territorio (in un’aspra vallata disegnata da olivi selvatici, mandorli fioriti, gialle ginestre e cardi spinosi) trasmettono quella stessa sensazione di forza che ti lascia addosso la terra di Sicilia.

Dal blog sicilyexplorers.com davvero ricco e completo si apprende che nel 1300 Manfredi I Chiaramonte divenne signore di Caccamo, ampliò e fortificò il Castello e fu sua opera lo stesso ponte chiaramontano sul fiume San Leonardo senza dubbio uno degli angoli più suggestivi del territorio di Caccamo. Si inseriva perfettamente nel paesaggio e ripeteva la classica sagoma a ‘schiena d’asino’ ad un unica arcata, con una nicchia a sesto tondo, sul lato prossimo alla sponda destra del fiume. Una lapide, andata perduta, recava delle informazioni precise circa la nascita del manufatto. Il ponte fu finito di costruire nell’anno 1307, con lo scopo di creare un collegamento stradale con la città di Palermo, e restaurato nel XVII secolo durante la signoria degli Amato.

Da queste poche righe sono evidenti le enormi potenzialità di questo Ponte. C’è la storia li sotto. C’è un collegamento con il futuro. Adesso è urgente capire lo “stato dell’arte”, occorre verificare tutte le azioni possibili per il completo recupero. A noi il compito semplice di portare la questione alla pubblica attenzione Agli esperti il compito difficile di studiare modalità, tempi e sostenibilità di azioni concrete per la realizzazione di un sogno che potrebbe ispirare poeti, scrittori e pittori a raccontare il passato, immaginando un futuro nuovo, nascosto sotto una coltre di oblio.

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