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Scuola/ Se la famiglia c’è, c’è sempre.

L’articolo 7 del DDL 1264 del 4 agosto, approvato dal Senato, stabilisce che la scuola rafforzi la collaborazione con le famiglie al fine di valorizzare l’insegnamento trasversale dell’educazione civica e di sensibilizzare gli studenti alla cittadinanza responsabile: “Al fine di valorizzare l’insegnamento trasversale dell’educazione civica e di sensibilizzare gli studenti alla cittadinanza responsabile, la scuola rafforza la collaborazione con le famiglie, anche integrando il Patto educativo di corresponsabilità di cui all’articolo 5-bis del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, estendendolo alla scuola primaria”.

E’ l’ulteriore riconoscimento del principio di diritto che sembra uno sprazzo di luce, eppure ha il sapore dell’ennesima occasione persa. Sono le briciole che cadono dal tavolo per tenere buoni i figliastri, perché cosi ogni tanto si quietano. D’altronde, avendo essi ricevuto per anni solo le briciole, si accontentano e non sanno che potrebbero sedere a tavola e mangiare la torta… una bella fetta tagliata anche per loro.

Si arriva, però, ad un punto in cui non si ha più nulla da perdere e allora si è disposti a rinunciare anche a quelle briciole perché se si muore di fame si muore ancor più di mancanza di libertà. La coerenza si fa strada sulla base del principio di non contraddizione: se la famiglia c’è, c’è sempre.

Il 2 agosto u.s. il Senato ha approvato definitivamente la legge che istituisce l’insegnamento trasversale dell’Educazione Civica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione e che prevede l’avvio di iniziative di sensibilizzazione alla cittadinanza responsabile nella scuola dell’infanzia.  Questo risponde certamente ad un’esigenza largamente sentita nella società civile, confermando, nel contempo, il cambiamento radicale in atto nella scuola italiana, che vede un’attenzione sempre più marcata agli aspetti educativi e ai comportamentali dei ragazzi, che comunque hanno radici nel contesto familiare…

Ora, le medesime circostanze socio-culturali che suggeriscono di porre l’accento sull’educazione degli allievi impongono anche di rinsaldare l’alleanza tra istituzione scolastica e famiglia. Infatti, come sancito dalla nostra Costituzione (art. 30) e dalle più importanti Carte internazionali, il primato in ambito educativo spetta ai genitori. Sta qui la base dell’educazione “civica”: il “cives”, il cittadino, è prima di tutto il membro di una famiglia umana, che è la cellula della “societas”. Tanto è vero che chi resta orfano viene “affidato” o “adottato” (si spera con le giuste modalità…) ad un’altra famiglia, oppure ad una “casa famiglia”.

Coerenza per coerenza, se chi ha votato a favore ha davvero a cuore i cittadini, lo faccia con lo spirito dei costituenti.

Il passaggio fondamentale è ora fornire alle famiglie lo strumento per scegliere dove educare i propri figli, nell’alveo della buona scuola pubblica, paritaria e statale. È evidente che la libertà di educare non è “acquistabile” a nessun prezzo e che quindi, per il suo esercizio, deve essere garantita la libertà economica. Per far questo è necessario riconoscere a ciascuno studente una dote, pari ad un costo standard di sostenibilità, ossia all’ammontare minimo di risorse da riconoscere ad ogni scuola pubblica – statale e paritaria – sulla base di parametri certi. Chi si sente legittimato ad insabbiare il problema altro non fa che discriminare. E se chi discrimina è lo Stato, è proprio finita. Il popolo direbbe: «Alla faccia dell’Educazione Civica!».

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