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IL SOGNO DEGLI STATI UNITI DI IMPADRONIRSI DELL’APPETIBILE GROENLANDIA RESTA UNO SPECCHIO PER LE ALLODOLE

Risultati immagini per Trump vuole comprare la groenlandia groenlandia(Foto tratta da tpi.it)

Come non reputare la proposta politica di un Presidente statunitense idiosincratica vale a dire il desiderio di acquistare la Groenlandia, lembo territoriale appartenente attualmente al Regno di Danimarca, Stato sovrano e indipendente. Trump si è rivolto ai suoi consiglieri giuridici affinché esaminassero la procedura giuridica della questione, non rendendosi conto che comprare e vendere un pezzo di territorio è davvero impensabile e impraticabile sia sul piano giuridico che politico.

 Tuttavia, non bisogna farne una colpa sebbene la bramosia dello stesso Trump per avere un ampio accesso e controllo sulla Groenlandia non è del tutto inconcepibile

Il desiderio di Trump di un maggiore accesso e controllo sulla Groenlandia non è del tutto assurdo per la mera ragione che l’isola, che fa parte dell’America del nord geograficamente, sia ricca di risorse minerali e naturali. Non solo, ma l’accostamento di questa importante isola sia alla Federazione russa, sia alla regione artica, la rende una fonte strategica per la messa in opera di strutture militari e di intelligence. Per tale ragione, gli statunitensi hanno mantenuto una presenza costante militare nella base aerea di Thule già dalla seconda Guerra Mondiale, in concerto con l’Alleanza atlantica e l’assenso del governo danese e, successivamente, della stessa Groenlandia. Altro aspetto della posizione di Trump è l’intenzione di aprire una sede diplomatica in loco.

 La storia ci narra che gli Stati Uniti hanno sempre cercato di concretizzare il sogno di avere il pieno controllo su questo lembo territoriale. Intorno alla metà del XIX secolo, il Segretario di Stato William H. Seward incaricò alcuni esperti di redigere un rapporto sulla Groenlandia in base al quale si volle focalizzare sul fatto che tale lembo territoriale sarebbe stato un ottimo investimento. Ci furono dei negoziati tra gli Stati Uniti e la Danimarca che non portarono alcun risultato. Nel secolo scorso, al termine del secondo conflitto mondiale, l’amministrazione statunitense, guidata dal capo della Casa Bianca Harry Truman, avviò nuovi negoziati con il Regno di Danimarca affinché quest’ultima accettasse per l’acquisto dell’isola una lauta somma in lingotti d’oro; proposta segreta che è venuta alla luce solo nell’ultima decade del XX secolo. Le autorità statunitense hanno sempre considerato il territorio della Groenlandia completamente privo di valore per la Danimarca, ma indispensabile per la sicurezza degli Stati Uniti, in particolar modo nel periodo della Guerra fredda.

 Anche se i negoziati non abbiano portato a un esito positivo, da allora sono mutate molte cose come, ad esempio, il riconoscimento di popoli ad autodeterminarsi ai sensi del diritto internazionale, espressamente sancito dalla Carta delle Nazioni Unite, che enuncia lo sviluppo fra le nazioni di relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza e dell’auto-decisione dei popoli, ma anche enucleato da una serie di risoluzioni adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dagli anni sessanta in poi del secolo scorso e, aggiungerei, che tale principio è stato riconosciuto dalla stessa Corte Internazionale di Giustizia come fondamento del diritto internazionale cogente. Tale principio, quindi, ha avuto luogo nell’ambito dell’azione per la decolonizzazione che venne promossa dall’Organizzazione delle Nazioni Unite con l’obiettivo di dare agli abitanti di vari territori una concreta voce nello stato sovrano e nella governance in quei territori. Questo principio, ormai contornato dal diritto, è divenuto uno scudo contro lo scambio di territori popolati fra gli Stati – una volta considerato nella prassi lecito – in quanto considerato diritto di ciascun popolo di determinare la propria condizione politica e di perseguire liberamente il proprio sviluppo economico, sociale e culturale.

 Nel caso della Groenlandia, il pilastro dell’autodeterminazione è stato uno strumento che ha dato all’isola molta autonomia. Le autorità danesi, con l’approvazione del Greenland Home Rule Act (n.577 del 29 novembre 1978), hanno acconsentito step-by-step ai cittadini groenlandesi di esercitare l’autogoverno. Tale tendenza, proprio dieci anni fa, ha portato le autorità governative di Copenaghen ad approvare un decreto legge sull’autogoverno dei groenlandesi (n.473 del 12 giugno 2009), in cui viene riconosciuto in maniera netta che i cittadini groenlandesi costituiscono un vero e proprio popolo ai sensi del diritto internazionale in concerto con il diritto di autodeterminarsi, dando ancora maggiori poteri in campo legislativo ed esecutivo in settori di responsabilità che gli competono. Ciò comprende anche la politica estera del popolo groenlandese; difatti, il decreto autorizza le autorità groenlandesi a stipulare trattati internazionali autonomamente che, però, concernono esclusivamente gli interessi dell’isola. Infine, il decreto statuisce un iter procedurale mercé cui i groenlandesi possono reclamare la propria indipendenza, attraverso l’indizione di un referendum popolare dei cittadini dell’isola e l’assenso del parlamento danese e di quello groenlandese.

 Ci si trova dinanzi a un quadro giuridico che complica la possibilità per gli statunitensi di comprare la Groenlandia. Per gli Stati Uniti, l’autodeterminazione dei groenlandesi non viene considerata un ostacolo, forse più per la Danimarca, che pare improbabile, in base all’ultimo decreto, che il governo danese abbia l’autorità giuridica per stipulare un accordo inerente la vendita senza il consenso del parlamento groenlandese, dato che ha riconosciuto i residenti della Groenlandia come un vero popolo, che sono investiti del diritto di darsi un assetto politico, economico e sociale e  di attenersi ai vincoli giuridici internazionali che ne derivano. Contrariamente, se il governo statunitense aspiri ad ottenere tutte le garanzie per un ampio accesso e controllo sull’isola, sarà costretto a seguire il negoziato per formare un trattato o accordo internazionale, quale atto giuridico in cui vi deve essere l’incontro della dichiarazione di volontà, sia col Regno danese sia con il governo groenlandese al fine di porre inter sé norme giuridiche. Potrebbe anche accadere che l’attuale amministrazione statunitense, guidata dal Presidente Donald Trump, possa intraprendere la via del convincimento, cioè a dire quello di convincere la Groenlandia a perseguire l’indipendenza dal Regno danese per poter agire direttamente. Sul piano giuridico, quanto scritto è teoricamente fattibile.

 Questo bellissimo territorio pullula di molte risorse come minerali, acqua e ghiaccio puri, i frutti di mare, le energie rinnovabili sino a raggiungere la sua attrazione turistica ricchezze che fanno gola agli Stati Uniti. Reputo, in ogni modo, che Donald Trump sia il presidente meno adatto alle esigenze e alle sfide che i cittadini groenlandesi stanno affrontando. Ritengo, pertanto, che le autorità della Groenlandia necessitino di un ampio supporto da parte dei danesi per tenere in equilibrio la qualità di vita dei residenti. Non va non menzionato anche il fatto che l’attuale minaccia allo stile di vita di quest’isola è il mutamento climatico, di cui Trump stesso ha negato il cambiamento del fenomeno climatico.

 Alla luce di tutto ciò, i cittadini groenlandesi hanno espresso forti dubbi e scetticismo all’idea di entrare a far parte degli Stati Uniti. A meno che l’amministrazione Trump non riesca a raggiungere il loro supporto, qualsiasi sia il progetto che ha come scopo quello di mutare radicalmente il rapporto tra Groenlandia e Stati Uniti sino a rimanere lettera morta o a divenire specchietto per le allodole.

 

Giuseppe Paccione


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