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No alla nuova corsa agli armamenti (sì alla deterrenza). Il punto di Jens Stoltenberg

Il Trattato Inf ha ufficialmente terminato la sua efficacia. Stati Uniti e Russia possono ora dispiegare (anche formalmente) missili nucleari a medio raggio sul suolo del Vecchio continente. Una fine annunciata, che però non lascerà necessariamente il posto a una nuova corsa agli armamenti. Lo ha spiegato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, intervenuto oggi a Bruxelles con una specifica conferenza stampa dedicata al tema.

SEGNALI DI NORMALIZZAZIONE

Sebbene il comunicato ufficiale del Consiglio del Nord Atlantico confermi tutte le accuse alla Russia per il nuovo missile SSC-8, il numero uno dell’Alleanza ha cercato di rassicurare: “La Nato non ha intenzione di dispiegare nuovi missili nucleari in Europa”. Parole che fanno il paio con quelle pronunciate qualche giorno fa dal vice ministro degli Esteri russo Sergej Rjabkov, che ha notato come Mosca sia disposta a dispiegare i vettori vietati dal trattato solo nel caso in cui lo facciano gli Stati Uniti. Si tratta, ha inoltre specificato, “di uno scenario che rimane per il momento astratto e speculativo”.

GLI INTERESSI IN GIOCO

Sono segnali di normalizzazione? Se lo stanno chiedendo in molti, considerando che una vera e propria corsa al riarmo in Europa non converrebbe né ai russi, né agli americani. Ai primi preme soprattutto che gli Stati Uniti non aumentino ulteriormente la postura di deterrenza. Ai secondi interessa invece poter procedere sullo sviluppo di nuovi missili (non necessariamente sul loro dispiegamento), per un segmento su cui oltre oceano si moltiplicano gli avvertimenti circa il gap tecnologico accumulato rispetto ai competitor, tra cui preoccupa non tanto la Russia, quanto la Cina.

LA POSTURA NATO…

Certo, restano le distanze, certificate anche dalla riunione di inizio luglio del Consiglio Nato-Russia, comunque considerata positiva per il mantenimento di un canale di dialogo. Per la Nato tuttavia la responsabilità è da attribuire totalmente a Mosca. “Oggi – ha spiegato Stoltenberg – il Trattato Inf cessa di esistere perché la Russia ha schierato il sistema missilistico SSC-8″. Si tratta di “missili nucleari, mobili e difficili da rilevare, che possono raggiungere le città europee con solo pochi minuti di preavviso”, ha aggiunto. Su questo, l’Alleanza è compatta: “Tutti gli alleati della Nato concordano sul fatto che questi missili violano il Trattato Inf; la Russia ha la sola responsabilità della fine del Trattato; non ci sono nuovi missili statunitensi in Europa, ma ci sono nuovi missili russi”.

…E IL POTENZIAMENTO DELLA DETERRENZA

Da qui, il duro statement del Consiglio del Nord Atlantico, in totale sintonia con la decisione americana di abbandonare il trattato. “La Nato – si legge nel comunicato – risponderà in modo misurato e responsabile ai significativi rischi posti dai missili russi alla sicurezza degli alleati”. L’intesa interna all’Alleanza, prosegue la nota, mira a “un pacchetto di misure bilanciato, coordinato e difensivo per assicurare che la postura di deterrenza della Nato rimanga credibile ed efficace”. Per ora, non è chiaro di quali misure si tratti, tra l’altro in un periodo in cui gli sforzi per il potenziamento della deterrenza sono già in campo. Ai battlegroup multinazionali nelle Penisole baltiche e in Polonia si aggiungeranno i “quattro trenta”, mentre proseguono i lavori sulla mobilità militare e sulla cooperazione con la Difesa europea.

LA SPONDA CINESE

In tutto questo, a favorire la normalizzazione tra Russia e Stati Uniti potrebbe essere la comune preoccupazione per la Cina. La prospettiva di vincolare anche Pechino, da tempo attiva sulle tecnologie missilistiche e forse più avanti di entrambi, potrebbe essere il giusto punto di convergenza. Non a caso, a metà luglio, i rappresentanti di Washington e Mosca si sono ritrovati a Ginevra per discutere sulla possibilità di giungere a un nuovo accordo con l’obiettivo di coprire anche le ambizioni cinesi. Difficile che Pechino accetta, ma per ora sembra rilevante la sovrapposizione degli interessi russi e americani, tra l’altro nei giorni della telefonata di Donald Trump a Vladimir Putin per offrire supporto al contrasto degli incendi in Siberia.

ADDIO AL TRATTATO INF

Intanto, il mondo saluta il l’Intermediate-range nuclear forces treaty, siglato trentadue anni fa da Stati Uniti e Unione sovietica per evitare il dispiegamento a terra di armi nucleari a medio raggio, ossia quelle con una gittata tra i 500 e i 5.500 chilometri. A erodere l’accordo è stato soprattutto il venir meno dalla mutua fiducia. Negli ultimi anni, le accuse di reciproche violazioni sono arrivate a più riprese da entrambe le parti. Per l’Occidente il problema riguarda il dispiegamento dei missili SSC-8 che invece, secondo i russi, sarebbero oltre i limiti previsti dall’accordo. Da parte sua, Mosca se l’è presa spesso con il sistema di difesa missilistica Aegis Ashore dispiegato dagli Usa in Romania e in futuro anche in Polonia. Secondo i russi, oltre ai tradizionali intercettori, il sistema sarebbe in grado di lanciare anche i Tomahawk, armamenti della stessa categoria di quelli proibiti nel trattato del 1987.

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