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Donald Trump lancia il Comando spaziale. Gli Stati Uniti si preparano alle guerre stellari

“Questo è un giorno storico, uno di quelli in cui riconosciamo che lo Spazio è centrale per la sicurezza e la difesa dell’America”. Così, senza giri di parole, Donald Trump ha confermato l’estensione della competizione globale (anche militare) ben oltre i limiti atmosferici. Lo ha detto nel corso dell’istituzione formale, in grande stile, del nuovo US Space Command, presentato ieri nel Rose Garden della Casa Bianca. Nasce l’undicesimo comando unificato degli Stati Uniti, combatant e operativo, specificatamente dedicato alle attività militari nello Spazio.

IL LANCIO DI SPACECOM

Con il presidente, c’erano il suo vice Mike Pence (che guida il National Space Council) e il nuovo segretario alla Difesa Mark Esper. Presenti anche i vertici di SpaceCom: il comandante Jay Raymond e il vice James Dickinson, entrambi confermati da tempo dal Senato. Presente pure Nancy Pelosi, la speaker della Camera, leader democratica, a dimostrazione di un tema che negli States gode di un supporto piuttosto bipartisan. D’altronde, il dibattito al Congresso sulla Space Force è stato negli ultimi due anni trasversale, contraddistinto da diverse frizioni sugli aspetti tecnici, ma basato sul comune sentire dell’urgenza di dotare il Paese di nuovi strumenti per affrontare la competizione militare nello Spazio.

LE PAROLE DI TRUMP

Il primo risultato di tale dibattito è proprio lo SpaceCom, difatti già attivo dal 1985 al 2002, quando il presidente George W. Bush optò per il suo assorbimento nello US Strategic Command. Il nuovo comando spaziale sarà però diverso da quelle del passato, ha già chiarito il comandante Raymond. Le esigenze sono cambiate, le minacce accresciute e i competitor aumentati. Lo ha ammesso lo stesso Trump: “Lo SpaceCom affronterà coraggiosamente le aggressioni e rivali dell’America nello Spazio”. Difatti, “i nostri avversari stanno militarizzando le orbite terrestre con nuove tecnologie dirette a satelliti americani critici sia per le operazioni sul campo di battaglia, sia per il nostro modo di vivere”. Poi, una specifica ulteriore: “La nostra libertà di operare nello Spazio è essenziale per evitare e distruggere ogni missile lanciato nello Spazio”.

I TIMORI MISSILISTICI

La prima preoccupazione riguarda infatti gli aspetti missilistici, tanto per i vettori intercontinentali con obiettivi a terra (che hanno parte della traiettoria oltre l’atmosfera), sia per i missili diretti propriamente contro satelliti in orbita. Tale capacità, denominata Asat (anti-satellite), è tutt’altro che futuristica. Lo scorso marzo, l’India si è aggiunta al novero delle poche potenze che hanno dimostrato di possederla, colpendo con un nuovo missile balistico un satellite in orbita. L’impressione è però che a preoccupare gli Stati Uniti siano soprattutto Russia e Cina, con un occhio di particolare attenzione all’attivismo crescente della seconda.

LA TABELLA DI MARCIA

E infatti proprio Raymond aveva identificato tra i primi punti in agenda dello SpaceCom “l’allerta satellitare”, seguita da “operazioni satellitari, controllo e supporto spaziale”. Per tutto questo, esprimeva un’esigenza di 642 unità direttamente dallo US Strategic Command. Per ora, UsSpaceCom parte con molto meno: 87 persone che dovranno prima di tutto “assicurare una transizione senza soluzione di continuità della catena di comando e controllo della capacità spaziali critiche da cui ogni giorno dipendono la nazione e le Forze armate”, notata Raymond. Dopo di che, aggiungeva il generale, “ci assicureremo di intraprendere i passi per rafforzare la prontezza e la letalità mentre completiamo il passaggio da un ambiente permissivo a una postura di combattimento”.

VERSO LA SPACE FORCE

L’obiettivo è un corposo potenziamento di tutte le attività militari oltre l’atmosfera, dagli aspetti dottrinali a quelli operativi. Si tratta tra l’altro del primo passo verso la Space Force sostenuta da tempo da Donald Trump, che con insistenza è riuscito nel giro di un paio d’anni a superare le reticenze di diversi vertici militari, anche dello stesso Pentagono (e soprattutto Air Force). Rispetto a un comando unificato, la creazione di un nuovo braccio armato è apparsa tuttavia da subito più complicata, anche perché coinvolgerebbe numeri ben più ampi rispetto allo SpaceCom. Il dibattito parlamentare e oltre è stato dunque tortuoso, per ora attestatosi all’introduzione, entro il 2020, di una Space Force alle dipendenze dell’Usaf, alla stregua del Corpo dei Marines all’interno della Marina. Oltre tali aspetti, comunque rilevanti, la strada appare comunque segnata: le guerre del futuro (non troppo lontano) saranno anche spaziali.

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