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Votare o non votare? Il faro sia il futuro del Paese, e Mattarella. Parola di Mor (Pd)

Di Mattia Mor

Votare o non votare? Lasciare che la palla scivoli verso un voto raccontato come inevitabile porta con sé una certezza: consentire a Salvini di presentarsi alle elezioni a ottobre nel suo momento di massimo consenso e come da lui deciso ed imposto. Invece dobbiamo ricordare a ognuno di noi che la sovranità della nostra Repubblica si basa sul Parlamento.

Lì ove vanno prese le decisioni democraticamente, non con un tweet o una diretta Facebook da Milano Marittima, e migliaia di sudditi adoranti e ritwittanti. Il voto subito è un azzardo, un enorme azzardo per il Paese intero.

Per i danni inevitabili sulla tenuta finanziaria, che vedrebbe il rischio concreto di un aumento dell’Iva, per l’ipotesi, continuamente ventilata da Salvini, di una uscita dall’Euro e per l’affermarsi di una deriva razzista e illiberale per la nostra democrazia. Queste cose, che sembrano lontane, sono molto più nelle corde dell’autoproclamato Capitano di quanto si immagini.

Un governo istituzionale, come emerso nel dibattito di questi giorni, che possa trovare regolarmente i voti in parlamento, potrebbe consentire una gestione più sicura dei conti pubblici. Se capace di negoziare in Europa con maggiori margini di flessibilità sventerebbe l’aumento dell’Iva e potrebbe limitare la temuta austerità. Europa che allevierebbe così la sua preoccupazione che il presidente del Consiglio Italiano sia un uomo, de facto, di Putin.

Nel dibattito pubblico sono diverse le posizioni.

C’è chi taccia un’operazione del genere di ipocrisia e incoerenza e chi vede nel possibile accordo tra Pd e M5S un abbraccio mortale per il centro-sinistra futuro. La politica è fatta, però, anche di pragmatismo e gestione razionale delle situazioni in essere.

Andare al voto oggi, come già affermato, vorrebbe probabilmente dire consegnare il Paese ad un partito che in un anno al governo ha saputo solo aumentare la tensione sociale, distillare odio per il diverso, rinnegare il dovere di salvare vite in mare. Ad un leader che ha sfruttato a fini elettorali i simboli più sacri della nostra religione, che non ha avuto remore nello sfasciare i conti pubblici e votare misure assistenziali che hanno bloccato un economia che era ripartita. Un partito che vorrebbe avvicinare sempre di più i regimi illiberali di Russia e Ungheria.

Si vuole rinnegare lo storico liberalismo occidentale? Vogliamo chiuderci in un nazionalismo vetusto ed economicamente dannoso? Vogliamo abbandonare l’Europa e i suoi benefici? Vogliamo veder realizzate promesse non sostenibili e diseguali come la flat tax, che porterebbero probabilmente ad nuovo aumento del debito, di conseguenza dello spread e quindi a nuove tasse per rimettere in sesto i conti pubblici? Un partito, infine, che non parla mai dei temi principali del Secolo, come l’innovazione tecnologica e il suo impatto sul mondo del lavoro e la sostenibilità ambientale e la crisi climatica che solo un’Europa unita può affrontare.

A questo disegno io dico no con forza, e con la stessa forza ritengo che si debba fare tutto il possibile per evitare questa deriva. E, ancora, se fare tutto il possibile significa aprirsi ad un confronto parlamentare, democratico e trasparente, con partiti diversi, è giusto considerare questa opzione senza essere troppo schizzinosi anche se negli ultimi mesi siamo stati fieramente opposti.

Pertanto ritengo che la posizione assunta da Renzi a tal proposito sia corretta e necessaria per aprire un dialogo franco e trasparente all’interno del Partito democratico, che guidi le decisioni politiche dei prossimi giorni e per portare avanti il Paese. Si tratta di una novità strategica e di una grande opportunità, sfidante e rischiosa.

Si tratta di salvare il Paese dalla più pericolosa e subdola deriva degli ultimi settant’anni, con razionalità, lungimiranza e senso di responsabilità.

Ci penserà la saggezza del Presidente Mattarella a guidarci nelle prossime settimane, ma è nostro dovere ragionare e discutere di tutto ciò apertamente, tra noi politici e con le nostre comunità.

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