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La Difesa (da Trenta a Guerini) con Tempest. Oltre l’asse franco-tedesco

L’Italia ha fatto la sua scelta nelle manovre che stanno ridisegnando il comparto della Difesa del Vecchio continente. È l’ultima eredità (in ordine di tempo), lasciata da Elisabetta Trenta a Lorenzo Guerini, chiamato ora a confermare una decisione, nella partita per il caccia di sesta generazione, che ha fatto seguito all’appello di urgenza e necessità manifestato da tempo dall’industria e dal mondo militare. Lo scoop della Stampa, che cita fonti britanniche, riporta alla scorsa settimana la conferma delle intenzioni italiane sull’adesione al Tempest, manifestate dal ministro della Difesa uscente all’omologo del Regno Unito Ben Wallace a margine del vertice informale di Helsinki con gli altri colleghi dell’Unione europea. La firma dell’intesa è attesa per mercoledì prossimo, quando a Londra andrà in scena la conferenza dedicata alla difesa Dse.

IL PROGETTO BRITANNICO…

Una scelta che il settore attendeva da tempo. Il progetto britannico era stato presentato a luglio dello scorso anno al salone di Farnborough, alle porte di Londra, e da subito era apparso la risposta britannica alle mosse di Parigi e Berlino, che già nel luglio del 2017 si concretizzavano in una prima intesa tra Emmanuel Macron e Angela Merkel per il caccia di sesta generazione. Ma quello del Regno Unito si era dimostrato anche un progetto più che concreto, con tanto di un primo stanziamento da ben 2 miliardi di sterline fino al 2025, destinato al team industriale composto da Bae Systems, Leonardo Uk, Mbda e Rolls Royce. Poi, lo scorso luglio, come previsto, al progetto Tempest ha aderito la Svezia, desiderosa di far salire a bordo il proprio colosso Saab, forte dell’esperienza pluridecennale nella produzione di velivoli caccia, a partire dal più noto Gripen.

…E QUELLO FRANCO-TEDESCO

D’altra parte quella industriale è la partita più ghiotta, anche guardando il fronte franco-tedesco. Già ad aprile 2018, è arrivata l’unione di intenti tra la francese Dassault e il colosso franco-tedesco Airbus, fino all’assegnazione da parte della Difesa di Parigi del primo contratto a febbraio: 65 milioni di euro alle due aziende per la definizione dell’architettura generale e dell’organizzazione industriale del velivolo di nuova generazione, destinato a sostituire i Rafale ed Eurofighter. Poi a luglio, al salone parigino di Le Bourget, le ultime novità sono state presentate in pompa magna nella giornata di apertura con la presenza di Macron. Oltre all’adesione ufficiale della Spagna (già nota da dicembre 2018), Dassault e Airbus hanno reso nota la proposta congiunta per la prima fase di sviluppo tecnologico dei dei dimostratori, sia per il caccia, sia per i velivoli remoti che da esso dipenderanno. In più, la proposta comprende anche un Air combat cloud (Acc) per gestione di tutto il “sistema di sistemi”, con l’obiettivo di eseguire i primi voli dimostrativi entro il 2026.

LA SCELTA ITALIANA

L’Italia, almeno fino alla scorsa settimana, restava al palo. Ciò aveva generato le perplessità del mondo industriale e militare, per una partita da cui dipenderà il futuro assetto del settore difesa e aerospazio del Vecchio continente. Da diversi mesi le preoccupazioni si erano fatte più insistenti, tutte a indicare l’urgenza di fare una scelta rapida, e quasi tutte a propendere per il Tempest britannico. A far preferire la proposta di Londra emergevano diverse ragioni, la convergenza delle linee di volo, i legami industriali (forte la presenza di Leonardo in Uk), ma soprattutto la disponibilità dei proponenti. Da Parigi e Berlino non sarebbe mai arrivato alcun invito, mentre il Tempest era dichiarato sin dall’inizio disponibile ad adesioni che, secondo gli esperti, rivolgevano lo sguardo proprio a Svezia e Italia.

LE ESIGENZE

Tra gli obiettivi del trio non è da sottovalutare il contesto europeo. L’adesione dell’Italia al Tempest permetterebbe infatti al progetto di essere suscettibile di assegnazione dei co-finanziamenti previsti nel nuovo Fondo europeo di Difesa (Edf), lo strumento da cui si attendono 13 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Nel frattempo però ci sono tanti passi ancora da compire. Dopo la firma dell’intesa prevista per la prossima settimana, inizieranno i negoziati tecnici, importanti per capire possibili ritorni industriali e inserire i requisiti delle proprie forze armate. Alla base ci sono infatti le esigenze operative, con la necessità rimpiazzare gradualmente, a partire all’incirca dal 2040, i 96 Eurofighter che termineranno in quel periodo la loro vita operativa. Si deve individuare in definitiva il velivolo che volerà insieme agli F-35, e su questo gli obiettivi Uk sono pressoché identici vista la comunalità degli assetti di volo.

DA TRENTA A GUERINI

Ora la palla passa a Lorenzo Guerini, ministro della Difesa del governo giallorosso, chiamato a confermare una scelta auspicata da tempo dal settore. D’altra parte, i dossier che dovrà affrontare sono molteplici. Restando ai programmi, oltre al Tempest, l’altra urgenza riguarda gli F-35, con la necessità di confermare al più presto gli impegni italiani per i prossimi lotti produttivi. Se ciò non avverrà entro fine settembre, infatti, lo stabilimento di Cameri, in provincia di Novara, si troverà privo di lavoro dal 2024, senza contare gli effetti sul rapporto strategico con gli Stati Uniti.

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