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“ Canna di fiume, colla di farina e pezzi di giornale”. La Poesia di Girolamo La Marca

Si è conclusa l’8 settembre scorso la Premiazione del XXII Concorso di Poesia Nazionale Alessio di Giovanni, tenutosi presso la Sala Consiliare della Città di Raffadali (Ag). Il Premio Alessio Di Giovanni è dedicato alla figura dell’omonimo poeta e drammaturgo siciliano (Cianciana, 11ottobre 1872 – Palermo, 6 dicembre 1946), poeta e scrittore che sosteneva il Siciliano come una lingua viva attraverso cui scrisse un intero romanzo, pensando che se anche Giovanni Verga, massimo autore Siciliano suo contemporaneo, avesse attinto alla “madre lingua” per scrivere i suoi romanzi avrebbe raggiunto la “perfezione suprema” nel narrare con la forza verista il mondo degli umili che animava la propria terra e patria; egli affermava appunto “ Bisognava far pane siciliano con farina siciliana”.
Scrivendo di Lui a margine della poesia “A lu passu di Giurgenti” Giovanni Verga dice : “

« Il bravo poeta Di Giovanni scrivendo ccu la parrata girgintana non si fa capire da nessuno comu si avissi scrittu turcu; precisamente voi, io, è tutti quanti scriviamo non facciamo che tradurre mentalmente il pensiero in siciliano, se vogliamo scrivere in dialetto; perché il nostro pensiero nasce in italiano nella nostra mente malata di letteratura». Giovanni Verga a Luigi Capuana – 1902

Nell’ambito di questo Premio che perpetua il ricordo del grande, conosciuto e apprezzato dagli esperti di Letteratura Italiana, poeta ed intellettuale, vissuto a cavallo dell’ Ottocento e del Novecento, si celebra ogni anno la Poesia e la Prosa in Lingua Italiana e in Lingua Siciliana, di poeti e scrittori emergenti, ma anche di personaggi di spicco della cultura dei nostri giorni dal grande Andrea Camilleri che fu ospite e premiato speciale dell’ Accademia di Sicilia Alessio Di Giovanni, così come in questa edizione del 2019, la scrittrice Stefania Auci, per la Sezione Narrativa storica, autrice del recente romanzo I Leoni di Sicilia – La Saga dei Florio Editrice Nord.
Per la Sezione “Poesia” in lingua siciliana il primo classificato è stato Gaetano Lia di Monterosso Almo , mentre il secondo classificato è stato Girolamo La Marca di Ravanusa e proprio su quest’ultimo si sofferma l’attenzione, avendo letto le pubblicazioni delle sue raccolte poetiche e narrative, in particolare “ Nel vento un aquilone (novembre 2018_ Tipografia Gallo Ravanusa) e i romanzi brevi Elen, la brina negli occhi e Blu cobalto editi da T.S. Consulting Soc. Coop.

Girolamo La Marca, laureato in giurisprudenza, poeta, scrittore, giornalista, pittore, nasce a Ravanusa il 3 febbraio del 1955, vive e scrive a Ravanusa , un bel comune della Sicilia meridionale, l’antica Raphanousa che porta nel suo nome la “radice” greca delle sue antiche origini e il significato stesso della parola “radice” che non a caso emerge dai versi del suo cantore ed è ben radicata nella sua storia personale e letteraria.
A nove anni Girolamo vince una borsa di studio, siamo nei primi anni del Sessanta , anni in cui l’Italia muove i primi passi del suo faticoso dopoguerra , della sua miracolosa rinascita, anni in cui la Scuola statale si risollevava con i Programmi Scolastici dell’ Attivismo pedagogico compartecipato dallo sguardo alleato, anni in cui spesso i figli erano mandati nei collegi per assicurargli un’istruzione adeguata e una maggiore cura nell’educazione spesso affidata ad istituti religiosi .
Girolamo così, si ritrova ad Alatri, la bella Città d’arte del Lazio, sulle pendici dei Monti Ernici, conosciuta come la “ Città dei Ciclopi” che con le sue mura enormi ben si addiceva forse, alla storia personale di molti bambini e ragazzi che in quegli anni subirono l’allontanamento dalle proprie terre e dalle proprie famiglie per trascorrere la loro fanciullezza negli ordinati ma freddi collegi di tutt’Italia.
In anni in cui le distanze geografiche non erano accorciate e surrogate da mezzi informatici e di comunicazione, così veloci e virtualmente immediati come siamo abituati ad usare quotidianamente, Girolamo si ritrova distante dalla sua Ravanusa e dalla sua Sicilia, catapultato in un’altra realtà, che presto impara ad amare ed è congeniale alla sua spiccata sensibilità.
Nella sua Poesia ritornano i ricordi del collegio, la nostalgia e il sogno di un fanciullo che ripensa ai propri affetti e al proprio paese e che anzi ripercorre con la mente le vie, i luoghi cari, con l’angoscia degli “esuli” che temono di dimenticare le proprie origini. Si ravvisa questa volontà lirica del ricordo che ama rammentare e su cui soffermarsi, legandosi strettamente ad un aquilone che è una figura ricorrente, bella e struggente come la metafora di una lontananza che viene tenuta stretta nella mano e si segue in volo con gli occhi.

“Avevo un aquilone bellissimo, / fatto di canna di fiume, / colla di farina / e pezzi di giornale, /con lui volavo in alto e lontano./ lo tenevo ben stretto/ e saldo, / nella mia piccola mano…”.

Un aquilone costruito a mano con elementi semplici, ma capace di sfruttare le Leggi dell’aerodinamica, la forza del vento e la propria volontà di pensiero.
Un aquilone capace di superare le “maestose mura” di Alatri , accorciare le distanze e ritrovarsi dalle pendici dei monti Ernici alla bella Valle solcata dal fiume Salso dove sorge la mitica Ravanusa che racchiude la leggenda e il dramma d’amore del giovane normanno e della dama orientale.
I versi di Girolamo La Marca attingono al fiume della leggenda e della storia, raccontano i sassi e gli utensili, le mura, le vie, le sacrestie, i bar, la sezione del partito, luoghi fisici che si stagliano contro il ricordo , nel rincorrersi del presente e del passato che il poeta coltiva in una “ calda serra” insieme all’oblio, il quale non è dimenticanza bensì anestesia di ciò che non è più, ma solo per effetto del tempo che passa e tutto trasforma.
E’ come l’immagine che rievoca la lirica “ Compagno di strada” un antico venditore di ghiaccio. Sembra la scena di un teatro prestata al Cinema, un’immagine che difficilmente passa inosservata, specie ai nostri occhi troppo avvezzi alla modernità, incapaci di vedere l’assurdo istante di una contraddizione :
“ Lui vendeva ghiaccio/ sulla carriola/ sbilenca/ di legno ormai marcio/ che avanzava a fatica…/ poi quel blocco/ lucente/ sotto i raggi / del sole…”. E’ un’immagine che si sgretola come la carriola e si scioglie come il blocco di ghiaccio al sole, una splendida metafora della vita, degli anni, dei ricordi che ci appartengono finché quel blocco lucente di ghiaccio che rappresenta il tempo che ci viene concesso per vivere resiste alla luce del Sole , il quale ci sostenta e poi ci annienta.
Così come appare ne “ La Nàca” ( il dondolo, l’altalena) , una costruzione di elementi semplici due corde e una coperta rossa per cullare un bimbo, per cullare un ricordo, un affetto, una sensazione lontana :
“ C’era na nàca, / cu du cordi / e na cupérta /di lana russa…” in questi brevi versi vi è tutto un mondo d’affetti, un dipinto elementare di grande efficacia narrativa, di rievocazione.
“ C’era na vota/ ma a mia mi pari / aje’ eri” la poetica e la metrica di questi versi somigliano ad un suono antico, ripetuto e che ritorna come in “ Ti vuoghiu cuntari”
“… Ti vuoghiu cuntari un cunto/ di quannu ma nonna faciva/ cu la machina di cusiri/ lu retipuntu…” c’è tutto un universo in queste immagini tracciate in versi e parole, un suono che riecheggia riattivando nell’orecchio profondo il suono ripetitivo, tante volte udito di una macchina da cucire a pedale, un suono che ha il potere di riaccendere la memoria e di colmare lo spazio fisico.
Girolamo La Marca ha ricevuto diversi riconoscimenti e premi ufficiali , segno che la sua Poesia è stata ed è meritevole di attenzione per la bellezza del suo “canto libero” che si sofferma sui luoghi della memoria, che vibra di sensazioni ed emozioni incarnando immagini e figure a tutto tondo , splendide visioni e sogni di un uomo.
Cantore di Ravanusa e della Sicilia , cantore di una nostalgia viva che accarezza il tempo e lo annoda come un tessitore, che raccoglie e riflette ed è inesorabilmente attento al vento che si alza, per tornare a dispiegare il filo del suo aquilone che è anima, ricordo, libertà, pensiero, lirica, sogno di fanciullo e speranza, virtù di una speranza che non demorde e di una malinconia che non si trasforma mai in dolore ma in rinascita.

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