Il cambio generazionale che caratterizza il governo italiano appena formato è un fatto certamente positivo. Ciò che val bene sottolineare, però, è che non basta. Oggi più che mai, infatti, è necessario ascoltare l’esperienza.
Le analisi si consumano e ci danno elementi importanti sui quali riflettere ma il tema decisivo riguarda la visione storica dell’Italia in Europa e nel mondo. La situazione internazionale, in tutte le sue dimensioni, ci appare a una vera e propria svolta, immersi come siamo in un cambio di era.
Guardiamo ai conflitti irrisolti, in particolare nel Mediterraneo, ma, soprattutto, alle grandi partite strategiche aperte. Si pensi all’asse cinese verso l’Europa e a tutte le conseguenze che, nei prossimi anni, stravolgeranno il senso stesso del nostro dirci “occidentali”. Si pensi al futuro, non troppo lontano, dell’Africa e a tutto ciò che quel continente rappresenta, e rappresenterà, soprattutto in termini demografici.
L’Italia e l’Europa appaiono come zattere nel grande mare globale, deboli e senza una bussola di direzione strategica. Un elemento certamente determinante, che è poi la ragione profonda del rapporto competitivo tra Cina e USA, è la partita tecnologica e gli investimenti a essa connessi.
Tornando all’Italia, il governo ha la responsabilità di visioni lunghe (e innovative in ogni suo atto) e di non confondere il piano del governare con quello della politica. Al nostro interno (come in molti altri sistemi democratici), infatti, vi è l’urgenza di ricucire un rapporto virtuoso tra cittadini, politica e istituzioni. Non lo diciamo retoricamente ma concretamente, quotidianamente. Se le visioni lunghe di governo non si accompagnano a una politica di lungo respiro, che ritorni nella realtà, potremo anche scongiurare l’aumento dell’IVA ma non risolveremo il vero problema che attanaglia le nostre società, quello delle crescenti diseguaglianze che generano disagio e intolleranza, che alimentano la paura, che fanno sentire le persone sempre più irrilevanti.
Una ultima notazione. Se l’alleanza tra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle appare innaturale (per gli attacchi reciproci degli ultimi anni), non è che quella precedente fosse del tutto lineare. Ma, a ben guardare, non è condannando le contraddizioni che possiamo disegnare vie nuove. Una politica senza contraddizioni, infatti, è il vero pericolo: qualcuno ricorda il dopo Weimar ?