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Luigi Di Maio e la leadership che non ti aspetti

Lo hanno apostrofato in ogni modo. Dipinto come l’uomo che stava facendo naufragare l’eventuale governo Conte bis per il solo attaccamento alla poltrona: frase molto in voga negli ultimi tempi. In realtà, ancora una volta Luigi Di Maio ha smentito la narrazione che era partita su di lui. In automatico, come da tradizione. Come se il leader politico del M5S fosse ancora, e sempre, un novizio della politica. E non il frontman di un movimento che ha stravinto le ultime elezioni politiche e che ha retto un compito per nulla agevole: guidare la prima esperienza di governo di un partito – definiamolo così con una forzatura – che si era formato ed era cresciuto quasi esclusivamente facendo opposizione.

Come già emerso, nello scontro dialettico-politico con Di Battista, Di Maio ha in quest’anno e mezzo mostrato una solidità e una tenacia che non sono affatto di un dilettante della politica. Ha ovviamente scontato l’impatto con una realtà politico-mediatica che gli era estranea, ma ha dimostrato non solo tenuta ma anche una sorprendente capacità di apprendere e di tenere la scena. È rimasto sempre al suo posto, ha saputo quasi sempre utilizzare un linguaggio sobrio, ha saputo diventare aggressivo quando le situazioni lo richiedevano. Ha partecipato da protagonista alla trasformazione del M5S in forza di governo in grado di assumersi responsabilità.

Ha incassato e superato il tonfo elettorale dei M5S alle Europee. E dopo essere stato all’angolo, con Salvini che sembrava destinato a condizionare e dirigere la politica italiana chissà per quanto tempo, ha continuato a tenere la barra dritta e adesso sta traghettando il Movimento verso la seconda esperienza di governo. Per mesi, i media non hanno certo guardato con favore quelli che un tempo venivano definiti grillini. Il creatore, il leader storico, appunto l’ex comico genovese, è a lungo sparito dalla scena. E rientrato solamente nei giorni convulsi di questa crisi di governo. Chi ha retto la baracca è stato lui.

La retorica sulle poltrone – peraltro alimentata anche da lui, va detto – impedisce di analizzare e comprendere appieno l’azione politica. Rinunciando alla conferma come vicepresidente del Consiglio, Di Maio ha ancora una volta smentito la retorica e lo storytelling su di lui. In più, senza clamori, ha compiuto probabilmente l’operazione più complessa all’interno del Movimento: riuscire a renderla una forza politica e non più politicamente antagonista. I Cinque Stelle sono ago della bilancia della situazione italiana. Se oggi non si parla più di loro come dei marziani calati chissà da dove, ma di una forza in grado di reggere a una crisi di governo e di ripartire, è perché un lavoro è stato compiuto. Controvento. E, piaccia o meno, guidato da Di Maio. Che ha capito anche quando è il momento di compiere un passo indietro. E di chiudere un’operazione politica impensabile fino a qualche settimana fa.

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