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Come (tra)balla l’asse franco-tedesco sulla Difesa, tra export e inefficienze

Emmanuel Macron arriva da Giuseppe Conte a pochi giorni dalla scelta dell’Italia di aderire al Tempest, il progetto britannico alternativo (almeno per ora) a quello franco-tedesco per il caccia del futuro. La Difesa non è nell’agenda dell’incontro, ma l’attualità potrebbe portare i due a spendere qualche parola sul tema. Nel frattempo però, si insinuano nuove crepe nell’asse tra Parigi e Berlino, sia per le divergenze sull’export, sia per le inefficienze operative delle Forze armate tedesche. Per risolverle, il governo di Angela Merkel ha messo in piedi un cospicuo piano di investimenti. La sua artefice ora siede sullo scranno più alto della Commissione europea. È Ursula von der Leyen, ministro della Difesa per sei anni, oggi alla guida di un’Unione europea che procede spedita verso la Difesa comune. Al suo fianco c’è la francese Sylvie Goulard, commissaria al Mercato unico con responsabilità sui 13 miliardi di euro per il settore.

TUTTO RISOLTO?

Le ultime indicazioni sul complicato rapporto franco-tedesco arrivano da La Tribune, che rilancia e conferma le indiscrezioni di qualche giorno fa di Le Monde sull’accordo raggiunto in tema di esportazione di armamenti. In sintesi, ci sarebbe la disponibilità di Berlino a non opporsi all’export di prodotti realizzati congiuntamente a condizione che la partecipazione tedesca (in apparecchiature e componenti) non superi il 20% del sistema in questione. Tutto risolto? Per nulla, spiega il quotidiano francese, visto che a giugno la Germania ha presentato il nuovo documento di orientamento sui principi per l’esportazione.

LE NOVITÀ DA BERLINO

Per le armi, si prevede il coinvolgimenti di tre ministeri (Difesa, Esteri ed Economia) con la supervisione della Cancelleria. C’è poi una lista di Paesi per cui si prevedono autorizzazioni aggravate, mentre per i progetti collaborativi si specifica che “il governo si riserva il diritto di opporsi a determinati progetti di esportazione del partner cooperante mediante consultazioni”. Un approccio restrittivo che ha messo di nuovo in allarme i francesi, da sempre scettici sulla cautela e sulla rigidità delle pratiche tedesche. Il dossier è sul tavolo da tempo e coinvolge una molteplicità di programmi, compresi il “caccia del futuro” che Berlino e Parigi hanno deciso di sviluppare insieme, l’Fcas, e il progetto per il carro armato europeo.

UNA QUESTIONE CULTURALE

E così, nei giorni dell’adesione italiana al progetto britannico Tempest, prosegue il dibattito strisciante che rischia di incrinare l’asse franco-tedesco nel campo della Difesa. Il problema è già stato affrontato dai massimi livelli istituzionali, tacciato soprattutto come “questione culturale”. Lo scorso febbraio, dal palco dell’autorevole Conferenza sulla sicurezza di Monaco, Angela Merkel chiariva il punto: “Se non abbiamo una cultura comune sull’export di armamenti in Europa, lo sviluppo di sistemi d’arma comuni è a rischio”. Poco dopo, l’allarme veniva rilanciata dal ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire in un’intervista a Die Welt a margine del recente incontro a Berlino con l’omologo tedesco Peter Altmaier: “È inutile produrre armamenti per migliorare la cooperazione tra Francia e Germania se non li potete esportare”.

IL DIBATTITO PARLAMENTARE

In Germania il dibattito è acceso, e non solo sulla questione dell’export. Secondo diversi osservatori, le difficoltà palesate dai tedeschi potrebbero nascondere la volontà di non cedere completamente alla Francia, che da parte sua non ha mai nascosto l’ambizione di guidare la Difesa europea. Qualche giorno fa, un altro quotidiano transalpino, Les Echos, riportava le perplessità del Bundestag tedesco, riscontrando l’asse tra i socialdemocratici dell’Spd e i cristiano-democratici della Cdu in termini di preoccupazioni sull’Fcas. Le preoccupazioni riguarderebbero il concetto di “autonomia strategica europea” promosso da Parigi (che ne dà una lettura radicale, come autonomia dagli Usa) nonché la sua intenzione di avere il ruolo maggiore nel progetto industriale. Tutto questo si intreccia tuttavia al dibattito sull’export di armamenti, sul cui fronte invece Cdu e Spd si sono invece divisi, con i primi a favore della rimozione dell’embargo verso l’Arabia Saudita, e i secondi contrari. Proprio lo stop della vendita di armi a Riad per il conflitto in Yemen, deciso da Berlino dopo l’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi, aveva inserito le prime crepe nell’asse franco-tedesco, facendo emergere parecchie perplessità da parte delle grandi industrie francesi (e non solo).

IL PIANO TEDESCO…

L’ormai nota cautela tedesca si scontra tuttavia con un livello di efficienza dello strumento militare giudicato insoddisfacente rispetto alle ambizioni. Proprio l’esigenza di modernizzare le Forze armate ha spinto il governo Merkel a predisporre un potenziamento degli investimenti nel settore, guidato fino a poche settimane fa dalla nuova presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. E così, per il 2020 il governo prevede di stanziare 44,92 miliardi di euro per la Difesa, pari a un incremento del 3,9 per cento rispetto alla spesa del 2019 e rispetto ai circa 21 miliardi italiani. Eppure, per ora, le inefficienze restano irrisolte. L’ultimo allarme è stato lanciato dal presidente della Csu Markus Soeder, primo ministro della Baviera: “La Bundeswher (le Forze armate tedesche, ndr) dispongono di munizioni per un solo giorno”.

…E LE INEFFICIENZE

L’intervista di Soeder al quotidiano Bild è stata accompagnata dalle parole del generale Jochen Both, già al comando della Luftwaffe. La Germania, ha detto il militare, “è priva di capacità di difesa perché il governo federale spende troppo poco”. Lo scorso febbraio, la doccia fredda era arrivata dal Bundestag. Il report annuale della commissione relativa alle Forze armate aveva esplicitato i numeri delle difficoltà operativa della Bundeswher. Per il 2018, si notava che oltre metà della flotta di Eurofighter e Tornado non era pronta a un eventuale impiego. Lo stesso vale per i nove sottomarini della Marina tedesca, nessuno dei quali in grado di combattere nel corso dell’interno anno. Negli ultimi anni, si sono susseguiti casi emblematici, compreso l’utilizzo di manici di scopa al posto di mitragliatrici pesanti durante un’esercitazione Nato, nonché i problemi riguardanti il funzionamento di carri armati ed elicotteri.

IL COMMENTO DI TRICARICO

Tutto questo confluisce nel dibattito relativo al caccia di sesta generazione, in cui le ambizioni francesi e le inefficienze tedesche sono due fattori di conferma per la correttezza della decisione italiana al programma Tempest. La pensa così il generale Leonardo Tricarico, che pure conserva perplessità sul pensiero dottrinale alla base della progetto (qui i suoi dubbi): “I francesi, storicamente, hanno sempre fatto emergere problemi nelle iniziative internazionali, in particolare europee, concernenti armamenti e sistemi aerei. In più, la Germania è ormai da anni appesantita da una politica di difesa che ha trascurato l’efficienza delle Forze armate, tanto da costringere i militari tedeschi a uscire allo scoperto e denunciare l’incuria della politica nei loro confronti. I pur obbedienti e rispettosi militari tedeschi hanno denunciato in più di un’occasione una serie di inefficienza. Siamo di fronte al cieco e allo zoppo: un Paese che non è mai riuscito a condividere, volendo sempre guidare, e un altro che deve recuperare la volontà di una politica di difesa seria”. L’asse franco-tedesco potrebbe traballare. E Macron oggi è a Roma.


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